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Da qualche tempo a questa parte l’espressione “metterci la faccia” è diventata di gran moda. Se tralasciamo la retorica che talvolta la avvolge, l’idea del metterci la faccia rappresenta una evoluzione significativa della nostra epoca.
Metterci la faccia significa assumersi una responsabilità personale, significa essere disposti a pagare il prezzo delle proprie scelte, vuol dire affrontare con coraggio le critiche e non temere di mostrarsi per come si è, di presentarsi con il proprio volto senza maschere. E la naturalezza di questa azione risiede ultimamente proprio nei social media, primo fra tutti Facebook che, come dice il nome stesso, ci ha spinti a mostrare il nostro viso e a voler vedere quello degli altri, in una sorta di metamorfosi radicale. Questa la teoria, ma nella pratica della attuale società dell’apparire, ormai sempre più frequentemente l’azione di mettere la propria faccia sembra camuffare un’operazione di auto promozione e di marketing. E così succede che il “metterci la faccia” non sempre riesce a convincere del valore autentico del gesto, in particolar modo se riparatore. Durante il primo dei due concerti al Forum di Assago, Fedez ha scelto di chiedere scusa pubblicamente per le parole dedicate a Jannik Sinner nella controversa strofa del suo nuovo brano, in cui aveva accostato il nome del tennista a quello di Adolf Hitler, entrambi a suo dire accomunati dall’accento tedesco. Sopraffatto dall’inevitabile clamore suscitato dalle nuove rime, il rapper ha voluto metterci la faccia, scusandosi pubblicamente e provando a smarcarsi per non restare intrappolato nel gioco delle provocazioni in cui da sempre si destreggia con sapienza. L’intenzione, ha sottolineato Fedez, era quella di denunciare il paradosso che vivono molti atleti italiani nati e cresciuti nel Paese ma non sempre considerati tali per il colore della pelle: “Ho provato ad applicare questo concetto al più grande sportivo che abbiamo in Italia. Non ci sono riuscito e tutto quel che posso fare è chiedere scusa” ha concluso. Un paradosso decisamente non riuscito dal momento che è stato presentato un esposto in Procura per istigazione all’odio razziale da un consigliere comunale di Bolzano. Per Fedez si tratterebbe di un difetto di comunicazione che ha generato un grosso malinteso, insomma, solo un maldestro equivoco. Eppure, era difficile non immaginare che il riferimento a Sinner, come anche le altre citazioni nel testo, a Elly Schlein, all’omicidio di Charlie Kirk e alla canonizzazione di Carlo Acutis, non avrebbe scatenatouna bufera sul rapper milanese. In particolare, la rima su Hitler è stata percepita come offensiva e fuori luogo, dando l’impressione di un attacco personale al campione azzurro. E Sinner? Non commenta. Come sua abitudine preferisce “metterci la testa”. Giovedì ha inaugurato a Milano la sua fondazione, la Jannik Sinner Foundation. Ancora una volta l’altoatesino ha dimostrato di voler investire tempo, energia e risorse in un progetto benefico con la consueta compostezza e maturità. La fondazione, infatti, si propone di sostenere l’istruzione dei bambini e ampliare l’accesso allo sport, finanziando organizzazioni sportive, progetti scolastici e iniziative comunitarie. “È un modo per restituire qualcosa agli altri, in particolare ai ragazzi e alle ragazze.” E dopo aver illustrato il progetto benefico, Jannik è volato a Pechino dove lo aspettano i nuovi impegni tennistici per la rimonta su Alcaraz. Che nel mondo di Jannik non ci sia tempo per la cultura pop, lo si era già capito dall’intervista a Wimbledon nel 2024 quando il nostro azzurro aveva ammesso candidamente di non conoscere Taylor Swift, la più famosa pop star del mondo. Con buona probabilità Jannik conosce a malapena anche il rapper di Milano, centrato com’è sul tennis e sul suo impegno nel mondo dello sport. Se Fedez ha cercato di stroncare le polemiche provando a usare il suo volto come filtro nel tentativo di non perdere la faccia, Jannik continua a comportarsi usando la testa. Due espressioni simili per assonanza, con le stesse sillabe ma profondamente diverse nel contenuto. Con il volto si comunica, esattamente come ha dimostrato di saper fare il cantante, rimediando alle parole sbagliate delle sue rime trasgressive, mentre la testa si traduce per Jannik in impegno, tempo e pensieri dedicati a qualcosa, a ottenere un risultato migliore. Testa, a dire il vero, non è una parola facile da mettere in versi per una strofa musicale. Eppure, talvolta nella vita una buona testa riesce a far rima con un buon cuore e allora insieme diventano una strofa formidabile, autentica e chiara, senza possibilità di equivoci.