Draper all’esame Wimbledon con la difficile eredità di Murray

“Sono sempre stato motivato da me stesso. Dal momento in cui ho lasciato la scuola e ho iniziato a giocare a livello professionistico fino al momento in cui sono andato in pensione, la pressione è stata tutta autoinflitta. E penso che la psicologia dietro a tutto ciò sia interessante. Per ogni sportivo professionista, ci sono sempre molte persone che vogliono darti il ​​beneficio dei loro consigli. Che si tratti dei media, della televisione, di ciò che viene detto alla radio, si sente la pressione esterna. Ma la stragrande maggioranza delle opinioni che sentirai sono irrilevanti. Non sono mai stato influenzato da quello che stava succedendo. Ho sempre giocato per me stesso”. Parola di Tim Henman, issatosi per quattro volte fino alle semifinali dei Championships ed in altrettante occasioni respinto nel tentativo di raggiungere la finale del torneo che sognava di vincere da bambino dal futuro campione (Pete Sampras nel 1998 e nel 1999, Goran Ivanisevic nel 2001 e Lleyton Hewitt nel 2002). Chissà se Jack Draper (attuale numero 4 del circuito ATP) avrà letto l’intervista rilasciata al Telegraph un annetto fa dall’ex numero quattro del mondo. Lui, che con le alte aspettative ha sempre dovuto fare i conti, fin da quando (se non anche prima) nel 2018 raggiungeva la finale juniores a Wimbledon. E non poteva essere diversamente, per un ragazzo nato dall’unione tra Roger (presidente della Lawn Tennis Association dal 2006 al 2013) e Nicki (allenatrice ed ex promessa del tennis britannico).

A poche ore dalla sua quarta partecipazione nello slam londinese (scenderà in campo martedì per affrontare al primo turno l’argentino Sebastian Baez), però, il numero uno di Gran Bretagna non sembra avvertire la pressione. “Non ci penso affatto”, ha infatti dichiarato. “Penso a come giocare il mio tennis là fuori. Sono consapevole che il pubblico mi sosterrà davvero, mi sosterrà e vorrà che io vada avanti nel torneo. Questo mi dà un’enorme motivazione per continuare a cercare di trovare il mio livello e provare a battere questi ragazzi. Quindi mi sento bene. È l’unica cosa che posso dire”. Eppure di una certa ansia, oltreché di qualche infortunio di troppo che ne ha frenato la crescita soprattutto all’alba della sua giovane carriera, il classe 2001 originario di Sutton ha sofferto, tanto da far ricorso ad inizio anno all’aiuto di una professionista. “Ho iniziato a lavorare con Ann Coxhead, che ha una lunga carriera nel campo della respirazione in diversi sport. Il lavoro che ho fatto con lei è stato inestimabile. È stata una vera risorsa per il mio tennis. Sicuramente la mia fisicità e il mio benessere generale in campo sono migliorati”.

Difficile sostenere il contrario, risultati alla mano. Dopo aver ottenuto nella passata stagione i primi trionfi a livello di circuito maggiore (sull’erba di Stoccarda contro Berrettini e sul veloce indoor di Vienna ai danni di Khachanov) nonché la semifinale agli US Open (stoppato solo dal numero uno del mondo nonché futuro vincitore Jannik Sinner), quest’anno la carriera di Draper ha avuto una decisa accelerazione, culminata con il primo 1000 messo in bacheca ad Indian Wells (dopo aver travolto in finale Rune ed eliminato Alcaraz in semi) ed un best ranking che gli ha permesso di approdare ai Championships con la quarta testa di serie del seeding. Una condizione però non sufficiente ad evitare un sorteggio tutt’atro che favorevole in cui, al secondo turno, Draper potrebbe ritrovarsi di fronte il già finalista (2017) Marin Cilic, prima di entrare in rotta di collisione con il giocatore che tutti i big volevano evitare di incontrare, ovvero quell’Alexander Bublik (vittorioso la scorsa settimana ad Halle) da cui proprio Jack era stato sconfitto in quattro set agli ottavi di finale del Roland Garros.

Una parte alta del tabellone in cui nella seconda settimana potrebbe attenderlo Mensik (anche se il giovane vincitore di Miami non sembra essere nel momento migliore della sua stagione) prima di un eventuale quarto di finale con il sette volte campione Novak Djokovic e la successiva semi con il numero uno Sinner. Un percorso tutt’altro che banale, anche considerando il fatto che, nelle tre precedenti apparizioni sui campi dell’All England Lawn Tennis Club, Draper ha raccolto appena due successi a fronte di tre sconfitte, senza mai riuscire a superare quel secondo turno che, dodici mesi fa, lo vide cedere in tre set all’esperienza del veterano e connazionale Cameron Norrie (ultimo rappresentante di Sua Maestà a raggiungere – nel 2022 – la semifinale). Precedenti irrilevanti secondo un altro grande ex alfiere del tennis britannico, Greg Rusedski, che, anche alla luce della recente maturazione, vede il ventitreenne inglese come quarto favorito ai Championships alle spalle di Sinner, Alcaraz e Djokovic.

Nel 2013, quando Andy Murray pose fine alla maledizione riportando un britannico a trionfare nello slam di casa settantasette anni dopo il terzo trionfo consecutivo di Fred Perry (vittorioso in finale sul barone Gottfried von Cramm), il giovanissimo Draper, come ha raccontato qualche anno dopo, era sugli spalti del Centre Court “a seguire un evento storico e un giocatore magnifico. Quel match è stato ed è ancora una grande fonte di ispirazione”. Non sarà facile uscire dall’ombra del due volte campione olimpico, a cui quest’anno il Queen’s ha intitolato il campo principale ed a cui l’All England Club ha intenzione di dedicare una statua che, per stessa ammissione degli organizzatori, si vorrebbe pronta nel 2027 (anno in cui si celebrerà il centocinquantesimo anniversario del torneo più prestigioso del mondo). Ma partendo dal suo esempio, dalla dedizione e dal sacrificio che hanno permesso allo scozzese di riuscire a contrastare il dominio assoluto dei big three, con il suo servizio mancino, la facilità di generare potenza ed una buona capacità di variare Jack sembra proprio avere tutte le carte in regola per provare a regalare nuove emozioni ai suoi connazionali e non solo.

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