Swiatek, alle origini di un’annata maledetta

Come è possibile affrontare il tema Iga Swiatek? Il rischio di un vicolo cieco è alto ma saltano all’occhio le differenze tra la giocatrice attuale e quella di dodici mesi fa. Non è una questione solo di sconfitte, sebbene un 1-6 1-6 sulla sua terra battuta faccia ancor più effetto, ma qui nasce il primo paradosso: possiamo considerare ‘crisi’ una giocatrice di vertice che malgrado tutto è riuscita fin qui a raggiungere sempre almeno i quarti di finale da dopo Wimbledon confezionando anche partite di alto valore? Iga è stata, ed è tutt’ora, una delle migliori giocatrici al mondo. È una ragazza, però, che al di là del campo da tennis ha avuto sempre bisogno di lavorare tanto dal punto di vista personale, con una storia dietro non facilissima e alcuni contorni ancora oscuri al pubblico (ma di cui si rispetta fin qui l’assoluta privacy) come le vicende relative alla rottura del rapporto con la madre Dorota in età pre-adolescenziale. Zero aiuti, zero fondi, il padre Tomasz che portava lei e la sorella Agata a giocare nel parcheggio sul retro di un certo commerciale con una rete da tennis improvvisata, formata da degli scatoloni, perché voleva che le figlie trovassero nello sport gli stessi valori che aveva avuto lui, canoista olimpionico a Seoul nel 1988.

L’OLIMPIADE MALEDETTA

La digressione familiare è doverosa per trovare almeno il punto d’inizio di una fase nuova che Swiatek sta sperimentando ora in campo, perché Parigi 2024 sembra essere il momento in cui tutto questo vortice ha avuto inizio. Iga sentiva dentro di sé un peso mai avuto prima, che nemmeno il possibile tris al Roland Garros le aveva portato: giocava per sé e per la Polonia, era la favorita assoluta per una medaglia d’oro storica, ma con la responsabilità ulteriore di volerlo per il padre. Ormai era quasi un’opportunità unica nella vita, con un valore emotivo che forse facciamo fatica a percepire nella sua espressione. In quel torneo si isolava, si concedeva pochissimo ai media, viveva un’esperienza speciale nel modo forse non propriamente indicato. Tanti possono pensare siano circostanze comuni per gli atleti, però a livello umano reagiamo tutti in maniera diversa e lei soprattutto tra il quarto di finale contro Danielle Collins e la semifinale contro Zheng Qinwen ha trascorso le 24 ore più difficili della sua carriera da sportiva fin lì.

Contro la cinese crollò a livello nervoso come mai da quando era divenuta la Swiatek che tutti conosciamo: ricordate Serena Williams considerata unica favorita allo US Open 2015 e come in semifinale sembrava ormai prossima al Grande Slam? Lei è una leggenda, ha avuto una marea di soddisfazioni e il paragone è azzardato, ma probabilmente ancora oggi non vorrebbe si aprisse bocca su quella semifinale. Lei fece la conferenza stampa impaziente di andarsene e prendersi una lunga pausa, Iga no. Andò in mixed zone e si concesse a Eurosport Polonia, ma alla seconda domanda già non si tratteneva più e il collegamento si concluse col giornalista che ridava la linea allo studio con sguardo affranto mentre sul retro Iga piangeva disperata contro il tabellone pubblicitario. Passarono i minuti prima che venisse portata via, raccontò di aver continuato fino a sera, riuscì un minimo a ricomporsi perché il giorno dopo aveva la finale terzo/quarto posto da giocare. La vinse, venne confortata dal pubblico e salì sul podio mostrandosi sorridente con al collo la medaglia di bronzo, ma da quel momento qualcosa non gira più come prima in un insieme di equilibri da sempre delicato dentro al team di un top player.

IL CASO DOPING TRA RABBIA E PAURA

È solo una questione olimpica? No. Da allora, però, Iga non sta riuscendo a mostrare la sua tipica continuità. Non è un caso sia arrivata così in alto, ma la giocatrice che abbiamo visto per anni pur tra momenti difficili era completamente diversa rispetto alla ragazzina che da junior perdeva spesso la calma. Ha fatto un enorme lavoro dal punto di vista mentale e non ha mai nascosto l’importanza di concentrarsi su quell’aspetto, ma se l’Olimpiade l’ha segnata con un primo pesante gancio poi è giunta la vicenda doping tra le più incredibili di questi anni. Un controllo poche ore dopo aver assunto una fiala di melatonina verso metà agosto e la notizia della positività ricevuta circa un mese dopo. In mezzo si intravedeva già una Swiatek segnata: prima l’ammissione di errori nella preparazione, poi la rabbia mostrata nel quarto di finale dello US Open perso contro Jessica Pegula e infine la conclusione della collaborazione con Tomasz Wiktorowski, probabilmente nell’aria da qualche settimana. Si era rotto qualcosa di importante, ben prima dello scoppio del caso doping. Lei non voleva fermarsi per provare a difendere il numero 1 malgrado mentalmente ne avesse forse bisogno ma durante un allenamento ricevette la mail della ITIA che l’avvisava di aver rilevato 50 picogrammi/millilitro di una sostanza proibita nelle urine, la quantità più bassa tra quelle rilevate negli ultimi anni (Jannik Sinner fallì il controllo per 80 picogrammi/millilitro).

Da fine luglio a fine agosto Iga fu controllata sei volte e solo in quel caso fu trovata quantità pur comunque apparentemente insignificante dal punto di vista delle prestazioni sportive. Non si prende sotto gamba il trimetazidina, causa di scandali doping pesanti come quello della pattinatrice Kamilla Valieva alle Olimpiadi di Pechino 2022, ma la natura del caso. Chi ha voluto pensare che si sia scoperto qualcosa di oscuro perché si tratta di doping lo ha fatto, chi ha cercato un po’ di più ha scoperto quanto sia stata tra le più controllate negli ultimi anni. Il tribunale ha emesso una documentazione breve perché l’episodio era molto semplice nella sua ricostruzione e con le informazioni avute non c’era la base per dimostrare che quanto fosse successo conducesse a qualcosa più che una contaminazione, accettata anche dalla casa farmaceutica polacca che avrebbe avuto tutto l’interesse a tutelare la propria immagine in caso di accuse false, e dal test del capello usato per rintracciare eventuali sostanze assunte anche eventualmente mesi prima, risultato negativo.

Smaltita la parte tecnica, rimane quella personale. Il rientro in campo non fu inizialmente male. Buona parte delle colleghe l’ha riaccolta bene o comunque, in apparenza, come se nulla di significativo fosse avvenuto. Come rivelava Emma Raducanu: a seguito del suo caso, e di quello di Sinner, c’è forse più paura di cosa fare per non finire in una circostanza simile. Swiatek, in off season, raccontò di quanto fosse stata fortunata ad avere la disponibilità economica per poter pagare cliniche ed esperti di alto livello, ammettendo che in una posizione diversa avrebbe fatto molta più fatica a difendersi. In quel periodo, oltretutto, una collega (Nikola Bartunkova) venne sospesa per sei mesi per un altro caso di contaminazione sempre a causa della trimetazidina e vide verificata la sua teoria solo a fine ottobre prima da un’analisi del laboratorio nello Utah affiliato alla WADA e poi da un consiglio di esperti indipendenti. Cosa portò tutto ciò per Swiatek? Paura, fastidio, rabbia, senso di ingiustizia. Da questi mesi così difficili Iga ne è uscita cercando qualcosa di nuovo: un cambio di allenatore, buoni propositi di approcciare la routine del circuito, volontà di crescere come giocatrice. E il boost positivo si è avuto in Australia, dove priva di buoni risultati negli anni precedenti si è sentita anche più libera da vere aspettative. Da febbraio in avanti qualcosa non ha però più funzionato lasciando spazio a una giocatrice molto più vulnerabile e altalenante.

COSA SI NOTA ORA

Swiatek riusciva a essere Swiatek perché dava la sensazione di essere tutt’uno tra mente, braccio, gambe e cuore. Tra le sue doti più apprezzate c’era il correggere anche le giornate dove il gioco veniva a meno, o come riemergesse da situazioni compromesse e spalle al muro anziché tremare si mostrava sempre più propositiva delle avversarie. C’era lei e lei soltanto, concentrata sulla partita, chiusa in una bolla ermetica da cui riemergeva quando salutava il pubblico che quasi sembrava riconoscerlo per la prima volta dal riscaldamento. I modi per batterla secondo tanti erano “semplici” da individuare perché il circuito WTA conosce quasi solo giocatrici votate all’aggressività, ma così fosse non avrebbe toccato 22 titoli nel circuito maggiore allo scoccare dei 23 anni né sarebbe stata la prima grande antagonista di chi ora sta facendo il vuoto, Aryna Sabalenka, guarda caso proprio nel momento in cui la polacca è costretta a ricostruire il proprio puzzle. Per quanto potesse sembrare ad alcuni monotona e noiosa, il circuito femminile sta risentendo di questa sua fase.

L’altalena attuale è probabilmente ancor più enfatizzata da quanto si sta vedendo in campo, con lei che rispetto al passato esterna molto di più le proprie sensazioni quasi rievocando un po’ l’atteggiamento dei tempi juniores. E ogni sconfitta è accompagnata ormai da una costante mole di negatività. A Stoccarda ha fatto intuire che sappia quanto stia venendo giudicata. Già dopo Indian Wells, dove una sua pallata a finiva vicino a un raccattapalle, volle far luce sul momento ammettendo per la prima volta le difficoltà recenti e sfogandosi per il fastidio nel vedersi continuamente sotto la lente di ingrandimento: “Quando sono concentrata e non mostro emozioni mi chiamate ‘robot’, il mio comportamento viene giudicato come non umano. Ora che sono mostro emozioni o difficoltà, sono considerata isterica”. Parlò del caso di doping perché, diceva, non averle permesso di giocare in Asia fu vissuta da parte sua come un’ingiustizia e fuori da ogni suo controllo: “Sto ancora cercando di superare e accettare quanto accaduto. So bene che avere nella mente le frustrazioni del passato non mi aiuta. Col mio team ho riconosciuto quasi subito il problema, ma cambiare la prospettiva è qualcosa che richiede tempo e fatica”.

LA GUARDIA DEL CORPO E LA MORTE DEL NONNO

Iga probabilmente non sarebbe mai diventata una giocatrice di poker perché non ha la faccia o l’atteggiamento di chi riesce a bluffare. È una ragazza molto ben considerata nello spogliatoio, fin da quando agli inizi della sua avventura nel tour maggiore si faceva notare per i gusti musicali sul rock. Col passare del tempo le abitudini sono evolute e tutt’ora continuano a mutare. Come lei, che sta cercando una via per sbloccarsi e finora non ha quasi avuto settimane tranquille. Appena un paio di giorni dopo quel lungo messaggio affidato ai social venne bersagliata da insulti e sfottò provenienti da una persona a bordo campo a Miami e, una volta scoperto che il responsabile corrispondeva a un individuo che da anni pubblicava su internet sui social messaggi anche inquietanti nei suoi confronti, ha dovuto chiedere una guardia del corpo. Non ha voluto fare clamore dietro alla notizia, confermata con un comunicato dal team solo dopo il pressing della stampa, ma sono come pezzi di roccia che continuano a staccarsi dopo una frana. E arriviamo al recente periodo, con i tornei di Stoccarda e Madrid. Ci sono stati allenamenti in Germania dove a volte Wim Fissette la fermava per parlare e mostrarsi vicino se vedeva qualcosa che non andava o, al termine di un allenamento più convincente, andava vicino per incoraggiarla e far cenni di continuare. Caratterialmente è sempre la stessa: la si è vista scherzare in maniera autoironica con Coco Gauff, chiacchierare con Aryna Sabalenka, impegnarsi sulla diagonale di dritto con Mirra Andreeva e provare alcuni esercizi diversi su come reggere meglio col proprio dritto quando viene pressato. Però si notava anche qualcosa di diverso dal solito: nel warm up prima del match contro Aljona Ostapenko, per esempio, dopo un dritto ha esclamato con fastidio “nie!” (“no” in polacco) continuando comunque l’esercizio per non perdere la concentrazione, come in una lotta interiore che emerge. E pure a Madrid ha avvertito di aver spesso vinto partite più con la forza che con la qualità del gioco. La rivelazione successiva, partita da un giornalista, sulla morte del nonno appena prima del WTA 1000 spagnolo ha messo in una luce un po’ più cupa tutti questi momenti.

Dopo aver perso contro Ostapenko aveva accennato a Canal+ Polonia di tornare a casa per qualche giorno prima di Madrid salvo poi essere alla Caja Magica la sera dopo. C’era la voce che lunedì fosse dovuta andare via, verso sera, per tornare in Spagna nel tardo pomeriggio di martedì ma le scarse informazioni avevano sempre lasciato tutto in sospeso. C’erano però le dichiarazioni che alimentavano i pensieri. Alla domanda su come attendesse la nuova sfida contro Alexandra Eala aveva risposto con un evasivo ma non troppo: “Ho avuto cose più importanti a cui pensare”. Seguito poi da un commento sul suo recente periodo: “Non sono state settimane per nulla facili, in generale”. L’uso di ‘in general’ in inglese potrebbe anche servire come riempitivo di una frase, ma il contesto era abbastanza chiaro fin tanto che ci si atteneva al tennis che aggiungerlo apriva ulteriori ambiti. Non si sa molto sulle vicende del nonno se non quando Iga si aprì durante l’Australian Open dedicandogli la vittoria del terzo turno con un lungo messaggio sulla telecamera in occasione della giornata del nonno in Polonia, commentando poi a Eurosport: “Non ho mai dedicato un torneo a lui, ma lo meriterebbe perché ha creduto sempre tantissimo in me, mi ha spinto perché raggiungessi grandi cose in campo. Non sono una molto creativa e non uso tanta immaginazione, ma farlo ora mi sembrava il momento giusto: un quarto turno Slam è comunque un buon risultato, soprattutto nella maniera in cui sto giocando, e vorrei poter rimanere in campo a Melbourne il più a lungo possibile”.

L’ODIO RIVERSATO SUI SOCIAL

L’elemento davvero fuori dal suo controllo, ora, potrebbe essere l’odio che si è scatenato nei suoi confronti negli ultimi mesi. Malgrado un carattere molto chiuso, senza mai apertamente parlar male di una collega o di qualcuno in particolare, è divenuta divisiva, per qualche ragione, venendo giudicata (male) anche per il suo portare il cappellino. E non da persone qualsiasi, ma anche da ex tennisti come Jimmy Arias, numero 5 del mondo negli anni ’80, che nel luglio 2023 ha definito il suo essere “non positivo per il tennis femminile. Portare il cappello così basso non mostra nemmeno gli occhi fa in modo che non ci sia alcuna connessione. Non mi dispiacerebbe vederla arrabbiata, ma vorrei vedere la personalità”. Quando Swiatek tirò fuori la personalità e prese posizione su alcune tematiche, come l’invasione russa in Ucraina, ha subito l’esatto opposto: il suo supporto con la spilla dai colori ucraini sul cappello era divenuta col tempo un motivo di fastidio per tanti. In Polonia ci furono critiche pesanti anche da alcuni esponenti politici alla sua assenza alle Finals della Billie Jean King Cup quando il problema generale era invece di un calendario organizzato in maniera pessima. Iga tolse la spilla nel settembre 2023, nel frattempo aveva espresso critiche verso la WTA per il nuovo regolamento sui tornei obbligatori da disputare e un calendario che, a detta di molti, è ormai pieno e ingolfato. Tante voci si sono sollevate contro di lei, tra cui Yevgeny Kafelnikov, ex numero 1 ATP, che nell’agosto 2024 ha scritto su Twitter: “Qualcuno ti obbliga a giocare???? Sei solo capace di lamentarti! Te lo dico io cosa meriti! Meriti di essere pagata molto meno di quello che ricevi ora!! Cosa dici??” e ha continuato con “sapete solo piangere e lamentarti! Questa gente vuole fare i milioni senza fare nulla in cambio!”.

I casi sono diventati sempre più frequenti da quando Collins le ha puntato il dito contro nello scambio avuto a rete al termine del loro quarto di finale alle Olimpiadi. Swiatek voleva complimentarsi per la carriera, Danielle ha preso quell’intenzione come falsa e le ha detto qualcosa di abbastanza serio da lasciarla senza parole. Iga non ha voluto commentare alla stampa, la statunitense si è limitata a un insieme di parole troppo vaghe per avere senso compiuto accennando alla sua volontà di essere perfetta, alle cose che si vedono e non si vedono, alle difficoltà di chi compete. Quel messaggio ha dato il là a un’ondata di odio nei confronti della polacca che continua tutt’ora. È tutto nella cosiddetta “bolla” dei social, ma sembra ingrandirsi e aumentare la forza tra chi incitava Collins a colpirla più forte (a un certo punto Danielle la centrò nel costato nei pressi della rete) e chi l’ha apostrofata con termini dove il commento più gentile era darle dell’autistica. La vicenda doping, inevitabilmente, ha fatto da benzina sul fuoco e la scena della stessa Collins alla United Cup quando ha alzato gli occhi dal fastidio dopo averle stretto la mano ha ulteriormente acceso i riflettori: c’erano post su Twitter che raggiungevano anche il milione di visualizzazioni, sempre più persone a darle della scorretta, maleducata, arrogante, dopata, vergogna per lo sport. Sono cominciati a girare video di episodi risalenti ad almeno tre anni fa dove si vorrebbe metterla in cattiva luce, alcuni dei quali riprendevano momenti completamente fuori contesto. La scena dell’Australian Open di lei che si scaldava prima del terzo set contro Madison Keys e la statunitense in attesa che il pubblico dietro di lei si sedesse, la musica si fermasse e l’arbitro desse il via, è divenuto virale col messaggio fatto passare di Swiatek che fa di tutto per disturbare Keys e non permetterle di cominciare. Ed è un ciclo continuo ormai, che si alimenta perché ogni frammento delle sue partite ora è sotto analisi di chi aspetta solo l’attimo giusto per darle contro.

LO SCENARIO POSSIBILE?

Ci potrebbe volere molto tempo ancora per rimettere tutto insieme. Non è un momento banale: forse è eccessivo usare il termine ‘crisi’ perché 25 vittorie in stagione ci sono già, risultati netti pure, bei piazzamenti… Ma non possono bastare per una come lei, e le sconfitte sono il tasto più doloroso perché c’è chi ormai sta contando i giorni passati dall’ultima finale aumentando pressione, quasi preparandosi al nuovo inciampo per aggiornare i dati. Non passa giorno che le sue vicende non siano sotto i riflettori. Fissette continua anche di recente a ripetere di vedere buone cose in allenamento, la stessa Swiatek ne parla, ma fin qui in campo quando è sotto pressione si è affidata quasi solo a un gioco che non le sembra addire particolarmente. Dopo la prestazione recente contro Gauff dirà che non c’era nulla che funzionasse, nemmeno coi piedi. Colpiva palle con troppa aggressività quasi sembrando volersi liberare del punto quando invece è solita manovrare lo scambio fino ad aprirsi lo spazio giusto. In tre giorni, caso molto singolare per lei, ha vissuto altrettante vicende diverse: contro Diana Shnaider è parsa con una punta di ottimismo tra un 6-0 e un bel terzo set, cercando di non guardare più di tanto ai 35 errori non forzati del secondo parziale; contro Madison Keys è tornata a subire un 6-0 dopo quattro anni e comunque aveva ribaltato la situazione dando credito anche al cambio di racchetta sul finire del primo set, con un’incordatura diversa, poi il crollo della semifinale.

Questo sport è tremendo perché ormai non concede tempo, soprattutto se sei ai vertici. Iga, in questo momento, deve raccogliere tutto quello che può e fare uno step facile a dirsi, ma molto più complesso nel da farsi.

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