Da colpevole per non aver commesso il fatto a innocente squalificato per non aver impedito ad altri di sbagliare. Se la vicenda Clostebol ha un merito (ma davvero ce l’ha?) esso viene dalla plastica raffigurazione che ha assunto ai nostri occhi la giustizia sportiva quando non si attiene ai fatti ma deve rispondere a esigenze politiche. Tortuosa, ondivaga, ricattatoria, incomprensibile. In una parola, ingiusta!
Bene ha fatto Jannik Sinner a liberarsi con un colpo di spugna di tutto il ciarpame che è affiorato sul mare nel quale l’hanno costretto a bagnarsi, dalle sciocche invettive alle ipotesi fantasiose a uso personale, magari solo per avere un “like” in più, dalle esasperanti finzioni di chi preferiva non capire ai vaneggiamenti dei soliti difensori dei diritti sbagliati. E pazienza se operando nella direzione del patteggiamento che ha risolto la vertenza prima del processo fissato per il 16-17 aprile, ha finito per fare un regalo grande alla Wada, il carrozzone antidoping che si è sentito in dovere di entrare lancia in resta su una vicenda già passata in giudicato (con l’assoluzione completa del nostro giocatore da parte dell’Itia) pur di riattizzarla solo per ribadire la propria centralità nelle decisioni relative al doping. Scornacchiata dalla poderosa onda anomala di polemiche sollevate da chi si è sentito in dovere di schierarsi dalla parte di Sinner, la Wada è stata costretta ad accettare la non colpevolezza di Sinner, per rifugiarsi in una linea accusatoria, furba quanto pericolosa, che tirava in ballo la responsabilità del tennista nei confronti del proprio team.
Che cosa avrebbe dovuto fare Jannik? Disporre un sistema di rilevazione a raggi x nella stanza del proprio albergo, nel quale far transitare i membri del Team con i loro rispettivi borsoni? Affidarsi a un manipolo d’investigatori privati che ne seguisse ogni mossa? Interrogarli uno a uno da dietro una lampada puntata sui loro occhi? Il team vive (e prospera) sul lavoro e sulla fiducia reciproca. E Jannik nei panni del detective Marlowe davvero non lo vedo.
Ha fatto bene Sinner, tre mesi di sospensione rappresentano un dazio pesante da pagare ma superabile. A fronte della cancellazione di un processo che chissà quali altre vergognose strade avrebbe potuto imboccare. Tornerà per gli Internazionali, poi ci sarà il Roland Garros. E con un pizzico di fortuna (se la merita) potrebbe tornare da numero uno.
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