di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
Partiamo con una premessa: quest’articolo vuole spiegare il perché Sinner, in prospettiva, vincerà più di Alcaraz.
Sappiamo tutti che naturalmente il conto adesso è favorevole allo spagnolo (4 slam a 2, 5 mille a 3) ma, da un anno a questa parte, Sinner ha alzato il suo livello in maniera esponenziale e si è avvicinato tantissimo allo spagnolo (infatti lo precede e non di poco nella classifica mondiale).
Alcaraz, che ha dalla sua la carta d’identità (2 anni in meno), è salito alla ribalta di prepotenza nel 2022 vincendo a New York, a 19 anni, il suo primo torneo del grande slam (chiudendo poi l’anno da numero 1): Sinner invece è arrivato alla ribalta mondiale, step by step, salendo un gradino alla volta fino a fare il salto più grande nello swing asiatico di 12 mesi fa.
Con questo cosa vogliamo dire? Alcaraz ha raggiunto la vetta prima, si è completato 3 anni prima di Sinner (che ha raggiunto questo step a 22 anni): con ciò non vogliamo insinuare che lo spagnolo sia un giocatore finito, ma probabilmente i suoi margini di miglioramento, sia fisici che tecnici, sono ristretti.
Il buon Carlos può migliorare tanto sotto due aspetti, uno propedeutico all’altro: l’aspetto mentale e quello tattico, che probabilmente, in assenza di un upgrade del primo, mai avverrà.
L’aspetto mentale oggi è quello che conta quasi più dei colpi e Sinner è un mostro in questo: la dimostrazione è data dal fatto che Alcaraz sembra calato dall’alto su questo pianeta per giocare a tennis e deliziare il palato degli appassionati, mentre Jannik si è costruito sempre di più e i suoi risultati ad oggi sono frutto del duro lavoro messo in campo.
La dimostrazione di quanto appena detto si è avuta in questo 2024: Alcaraz ha avuto picchi di gioco irraggiungibili per gli umani (Indian Wells e Wimbledon, più di Parigi) ma scarseggia in quanto a continuità.
I numeri dicono che Alcaraz ha giocato 57 match e ne ha vinti 48 (84% di vittorie): alcune sconfitte davvero dolorose (Van De Zandschulp a New York) e alcune alquanto inspiegabili (Monfils a Cincinnati e Dimitrov a Miami per citarne alcune).
Sinner dal canto suo invece ha giocato 10 match in più, vincendone 61 e perdendone solo 6 (88% di vittorie): le sconfitte sono arrivate o da Alcaraz, o da gente comunque in top ten (Medvedev,Rublev,Tsitsipas).
In una carriera come quella dei tennisti, una continuità del genere pagherà tanto alla lunga: Sinner, salvo clamorose sorprese, chiuderà l’anno da numero 1 (eguagliando Carlitos in questa statistica).
Questi dati, che potrebbero anche sembrare fini a sè stessi, ci dimostrano anche un altro aspetto, spesso sottovalutato dai critici: lo spagnolo, per quanto visto finora in carriera, ha bisogno di essere al 100% per vincere e di giocare ai limiti del suo livello.
Jannik invece dimostra che può vincere anche mettendo il “cruise control” e portare fieno in cascina senza ingranare le marce alte: questa caratteristica è stata ben visibile negli ultimi due tornei vinti, Cincinnati e Us Open, con Sinner sembrava gestire match e avversari senza nemmeno tirare fuori tutto il repertorio posseduto, alzando il livello nei momenti clou dei set.
Dopo tutte queste analisi numeriche, una cosa non può che trovarci d’accordo: se Alcaraz e Sinner si sfidassero al 100% della loro condizione psicofisica, lo spagnolo partirebbe leggermente favorito ad oggi.
Il rovescio della medaglia per lui è che in una stagione logorante dal punto di vista fisico e mentale come quella tennistica, questi presupposti si raggiungerebbero pochissime volte nell’arco della carriera: e qui subentrano tutti i fattori sopra citati.
In conclusione ci sentiamo di dire che, fra 15 anni, probabilmente Sinner avrà vinto più di Alcaraz e per un lasso di tempo più lungo: gli head to head saranno in equilibrio con nessuno dei due a dominare l’altro.
Ora non ci resta che ringraziare gli dei del tennis per averci dato questi due fenomeni, contemporaneamente, e goderceli finchè ne hanno voglia: nel nostro sport, soprattutto dopo l’ultimo ventennio in cui abbiamo vissuto un’era tennistica irripetibile, c’era davvero bisogno di due super atleti di questo calibro.