L’erba di Musetti è sempre più verde

Va bene sfoltiamo subito il campo e paghiamo dazio a questa cosa che chiamano “professionalità” e che fa ridere già di suo figuriamoci applicata allo sport, al tennis poi: il tabellone di Musetti è stato di una semplicità estrema. Però poi aggiungiamolo: come quello di Sinner dello scorso anno. Come ormai sappiamo entrambi hanno avuto in sorte Djokovic, ma le similitudini dovrebbero finire qui. A partire dallo stesso Djokovic che in teoria è lontano parente di quello che dovette affrontare Sinner. Reduce da un’operazione chirurgica e dal peggior semestre della sua carriera, Djokovic ha avuto anche lui come ricompensa un tabellone persino più semplice di quello di Musetti, con la ciliegina del forfait di de Minaur, che si è infortunato sul match point conto Fils. A sua volta Fils aveva tolto dal tabellone Hubert Hurkacz, che da quella parte sembrava il più serio candidato alla semifinale che invece giocherà Musetti.

Se il tennis di questi ultimi anni avesse avuto una certa logica sarebbe sin troppo naturale dare per favorito Musetti. 22 anni, contro Fritz ha giocato probabilmente una delle migliori partite della sua carriera, su un’erba che non è – a sentire i giocatori – particolarmente rapida, Lorenzo si trova di fronte un giocatore che di anni ne ha 37, 20 giorni fa era sotto i ferri, che quest’anno ha avuto come miglior risultato, prima di Wimbledon ovviamente, le semi di Melbourne e Monte Carlo. Un giocatore che ha perso contro Machach e Tabilo sulla terra e contro Nardi sul cemento, e che a Wimbledon, prima del match contro Rune, sembrava facesse enorme fatica ad appoggiarsi sul ginocchio, col risultato di vincere a fatica contro Fearnley e Popyrin. Ma appunto il tennis, e Djokovic, in questi anni ci hanno fatto assistere a resurrezioni miracolose, non ultima proprio quella contro Musetti – e poi Cerundolo – al Roland Garros. Partite che sembravano saldamente in mano all’avversario sono state rovesciate dal serbo grazie a misteriosi ritorni di energie e forze, proprio quando sembrava tutto pronto per la sconfitta. E qui, quando sembrava che Ruud potesse impensierirlo ben più degli avversari precedenti, ecco un Djokovic rinato, che pareva quello del 2016 se non proprio quello del 2011 o semplicemente dell’anno scorso. Si comprende quindi come si sia molto cauti nell’ottimismo, che però dev’esserci perché davvero se non ora quando? Musetti contro Fritz è sembrato finalmente consapevole e soprattutto con le idee chiare, riuscendo a fare in modo che Fritz fosse quasi sempre in zone del campo in cui non doveva essere. Anche il carattere è sembrato cambiato, non tanto per le bestemmie, che evidentemente il campo numero 1 con contorno di inutili nobili (vabbè) non agevola; quanto per la capacità in apertura di match di rimanere tranquilli in una situazione di punteggio che era prossima alla catastrofe, con set e break da recuperare. Carattere che è tornato, insieme ad un’enorme capacità di tocco nel quinto, quando ci si aspettava il solito crollo ed invece è arrivato il momento migliore del suo tennis. Insomma se Musetti riesce a comprendere che quello dall’altra parte della rete è un essere umano parte persino favorito; se vede il mostro, il Kaiser Soze del tennis contemporaneo, il serbo troverà la sua prima finale dell’anno.

Contro chi? L’altra semifinale è la replica di quella del 2023, quando Carlitos si sbarazzò di Medvedev con una facilità che solo il Sinner di Miami è riuscito a replicare. Ma la sensazione, anche in questo caso, è che un anno non sia passato invano e che non sarà la stessa partita dello scorso anno. Medvedev sembra aver fatto pace con l’erba e contro Sinner avrebbe anche potuto vincere più agevolmente, anche se lui giustamente ricorda che se Jannik non sbaglia quel passante sul set point del terzo set magari finisce per perderla. Il suo cammino non è stato semplice, anche se pure lui ha beneficiato di un ritiro, quello di Dimitrov, visto che si è trovato di fronte Struff, liquidato con autorità, e anche un ottimo Muller, che ha giocato un gran match contro di lui. Eppure Medvedev, che sembra essersi deciso a giocare più vicino alla linea di fondo, li ha superati senza nemmeno spendere le solite grandi quantità di energie. Non arriva a questa semi come alla finale di Melbourne per capirci, quando davvero era del tutto senza energie. Il problema, per lui come per tutti, è che dall’altra parte trova Carlitos Alcaraz. Abbiamo già avuto modo di esprimerci sul talento infinito di questo ragazzo di appena 21 anni che ha già vinto tre slam e che sarebbe sorprendente non vincesse il quarto domenica prossima. Il margine che sembra avere dal resto della truppa è enorme, ed è reso meno evidente dal fatto che, a differenza dei big three, Carlitos sembra avere maggiori distrazioni. Ricordiamo tutti come Nadal il giorno dopo aver vinto il suo quarantesimo o centesimo Roland Garros fosse già sull’erba per prepararsi a Wimbledon. Alcaraz il giorno dopo era a smaltire le nottate al night. In questo torneo la gestione delle partite avrebbe fatto inorridire persino Federer, visto che lo spagnolo ha giocato praticamente a singhiozzo nelle parti iniziali del match (break e controbreak dei primi set non si contano) per poi semplicemente stare sul pezzo per un’oretta, il tempo di demolire il malcapitato. Che sia una caratteristica giovanile o una modalità che l’accompagnerà per l’intera carriera è ovviamente impossibile da capire, ma sta di fatto che per il momento questo sembra più che sufficiente per tenere lontani gli avversari. Lo spagnolo non sembra avere punti deboli, a parte appunto questa difficoltà di restare con la testa dentro la partita, ed è difficile anche il solo individuare come si potrebbe metterlo in difficoltà. Difficile ci riesca Medvedev, che ci riesca qualcun altro, a Wimbledon, francamente non si vede come.

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