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01 Mar 2024 10:56 - Extra
Il teutonico/ I giocatori di oggi fatti tutti con lo stampino
di Davide Bencini
Recentemente molto è stato detto sul fatto che per la prima volta nella storia del tennis, con l’uscita dai primi dieci di Tsitsipas, non sia presente nella top10 nessun tennista che giochi il rovescio ad una mano. Cambio epocale? Fase di transizione? Solo il tempo lo dirà. Certo è che di fronte a un tennis sempre più atletico e legato a movimenti sempre più raccolti e veloci, il rovescio ad una mano è diventato via via un panda rosso in via di estinzione.
Andando oltre la questione rovesci, è questo un ulteriore segno di un tennis che predilige ormai la forza bruta allo stile? O forse semplicemente simbolo di un “nuovo stile” di gioco che ha preso il sopravvento?
Ebbene, se deve essere una questione di “stil novo”, una domanda viene spontanea: questo modo di giocare ha anche portato i giocatori di oggi a giocare TUTTI nella stessa identica maniera?
Prendendo spunto dalle dichiarazioni fatte da Omar Camporese, ospite nella recente puntata di Pallettari, viene da chiedersi se davvero oggi giorno esista ormai un solo stile di gioco e se il tennis sia destinato nei prossimi anni a continuare a produrre giocatori che fanno tutti le medesime cose. “Se guardiamo al tennis di ora si vedono scambi lunghissimi ovunque come se si giocasse sempre sulla terra battuta. […] Sono giocatori tutti uguali.” Sono state alcune delle parole usate da Camporese. Parole con un tocco di nostalgia di chi ha vissuto un tennis diverso, fatto di serve & volley sull’erba, grandi battitori e ri-battirori sul cemento e arrotate sulla terra.
Ora, al di là delle mere opinioni (che piaccia o meno un modo di giocare o un altro sarà sempre arbitrario, ci mancherebbe), è indubbio il fatto, senza cominciare a tirare fuori la solita tiritera delle differenze tra le superfici e degli specialisti che si sono estinti come i dinosauri, che prendendo un video di una partita di inizio anni 90 a Wimbledon e anche solo la recente finale in Australia tanto giustamente cara a noi italiani, pare di guardare due sport diversi.
Detto ciò, per quanto un romantico purista che ha visto per la prima volta una pallina da tennis colpita da Edberg e cresciuto poi con Sampras fino ad arrivare al sorgere di Federer possa storcere il naso di fronte al tennis di oggi fatto prevalentemente di grandi colpi da fondo, si può dire veramente che tutti i top player di oggi siano fatti davvero con lo stampino?
- Giocano tutti prevalentemente da fondo, andando a rete giusto per chiudere il punto (o per farsi infilare dal puntuale passante proiettile a mo’ di spiedino).
- Se non hai un dritto e un rovescio solidi e capaci di reggere scambi ad alto ritmo di strada ne fai poca.
- Per fare un punto a volte ci voglio a volte 3 o 4 colpi “vincenti” con tweener e carpiato annessi, perché fisico e materiali permettono di rimettere in gioco l’impossibile.
- E se il servizio non ha una parte preponderante come trent’anni fa, dove alcune partite tipo Ivanisevic-Stich venivano definite “tiri al piccione”, è pur vero che il giocatore di oggi deve assolutamente avere un servizio incisivo quando serve.
La vera differenza è la scomparsa del gioco di volo, del controtempo e delle variazioni di velocità. Chip & Charge suona solo come il nome di una trasmissione tv e alcuni giocano un rovescio tagliato talmente sgraziato e accartocciato che servono quasi le istruzioni del Meccano poi per rimetterli insieme.
La Bibbia del tennis odierno è: colpire forte, ritmo forsennato e atletismo estremo, poco da fare.
Certo, si può parlare della ricerca di un minimo di varietà di Alcaraz, del miglioramento del back di Sinner o delle palle corte di Medvedev, ma sono solo appunto “varianti” di un unico tema.
Quelli che una volta erano “stili” diversi (il “terraiolo”, il grande battitore, il “volleatore”, il giocatore di rimbalzo, il “virus” – perché no, Santoro ci ha costruito una carriera) sono diventati semplici variazioni di un unico modo di giocare. Che poi, ci mancherebbe, è quello che oggi ti permette di vincere, poco da fare. Il tutto probabilmente in una realtà dove davvero tutti fanno le stesse cose e dove a prevalere non è chi ne inventa una nuova o fa qualcosa di diverso, ma chi fa quelle cose semplicemente (come se poi fosse “semplice”…) meglio degli altri.
Che piaccia o meno, sono anni che ormai nascono solo giocatori di questo tipo, perché giocare come una volta non “rende” più. Alla fine, gira che ti rigira, si torna sempre lì (mannaggia…): la quasi totale omologazione delle superfici, le palline più lente, l’erba più alta, hanno creato intere generazioni che ormai hanno messo da parte una parte del gioco del tennis che ad oggi giorno viene ritenuta una mera variazione sul tema, un di più, o un puro stratagemma saltuario per prendere di sorpresa l’avversario. E se da un lato il purista nostalgico continuerà a rimpiangere la varietà di stili di una volta, dall’altro intere generazioni di bambini che cominciano a prendere in mano una racchetta, penseranno, vedendo i campioni di oggi, che lo stile di ideale sia quello di ora, semplicemente perché in fondo è così che gira il mondo.
“Stile”. Al singolare.