Sabalenka bis 11 anni dopo Azarenka: finale dominata

[2] A. Sabalenka b. [12] Q. Zheng 6-3 6-2

Undici anni dopo la doppietta di Victoria Azarenka, è bielorussa anche la prima tennista a riuscire di nuovo in una coppia di titoli consecutivi all’Australian Open. Aryna Sabalenka conferma il titolo del 2023 al termine di un torneo dove ha avuto una marcia, almeno, in più di tutte le altre e senza mai perdere set lungo sette partite in cui, alla fine, ha subito qualcosa soltanto nella semifinale contro Coco Gauff. Nel match che valeva il titolo, il netto 6-3 6-2 a Zheng Qinwen ha forse messo ulteriormente in risalto la grande differenza che può esserci ora nel tennis femminile tra le prime della classifica e le giocatrici fuori dalla top-5, tornando a livelli che non si vedevano da tanti anni.

È stata la finale Slam, per Aryna, più semplice. Scesa in campo come grande favorita, ha subito impostato la propria aggressività e non c’era nulla, o quasi, che Zheng potesse fare. Il ritmo era superiore, la voglia di cancellare i brutti ricordi dello US Open era tanta, ma anche la differenza nella gestione di alcuni momenti nella partita è stata tutta ad appannaggio della numero 2 del seeding che faceva il bello e il cattivo, senza tentennamenti perché non era sottoposta a grandi pensieri. Questo potrebbe diventare per lei quello che per Iga Swiatek rappresenta Parigi, il Roland Garros, perché forse meglio di tutti si sposa con le sue caratteristiche di un gioco già straripante di per sé, ma che poi se trova terreno così fertile tra velocità e condizioni, con la freschezza atletica di inizio stagione, ecco che diventa ancor più difficile contrastarla.

È sembrato tutto apparecchiato in suo favore, con un tabellone senza alcuna insidia prima della seconda settimana, ma che rivelava anche l’enorme superiorità che può mostrare. Nel gioco della bilancia in questo caso vale tutto, ma pesa soprattutto che realisticamente non c’erano veri nomi che potessero impensierirla, e si faceva fatica a trovarne puredai quarti di finale in su. Zheng oggi ha vissuto il suo battesimo di fuoco, dopo un cammino coraggioso e importante ma in cui ha veleggiato contro avversarie tutte fuori dalla top-50 complice un quarto di tabellone già fragile in partenza e che dopo l’uscita di scena di Elena Rybakina è divenuto terra di conquista per tante alla prima volta. È una giocatrice diversa rispetto a un anno fa, la crescita degli ultimi mesi rimane e una partita per lei negativa a questo livello non cancella nulla, ma lo scontro contro una che può ambire e meritare il numero 1 del mondo ha messo a nudo quanta strada abbia ancora davanti a sé. Cinque game raccolti a inizio gennaio contro Swiatek, cinque game raccolti oggi.

Un match mai nato, vissuto su quell’onda lunga del “magari Zheng può starle in scia” ma mai della reale possibilità di equilibrio. Il break immediato per il 2-0, seguito dall’allungo sul 3-0 con tanto di recupero da 0-40, ha già spento tutto. Qinwen ha patito lo scotto di inizio partita, faceva molta fatica a tenere lo scambio col dritto dove invece doveva fare l’impossibile per trarre più profondità e tenere vivo lo scambio, ma praticamente non si superavano i quattro colpi. Dopo 72 punti giocati, c’erano solo due di questi che avevano superato i cinque scambi. Si giocava sul terreno preferito di Aryna, che con una tattica chiara e abbastanza facile sapeva arrivare fino al 5-2 e 0-40. La cinese si riprendeva, traeva qualcosa di più dal servizio, ma in risposta era quasi nulla. E non necessariamente per colpa sua, anche se la delusione e il momento così negativo si tramutavano poi in un pessimo inizio di secondo set. Un break immediato, da 30-0, con due doppi falli dava a Sabalenka quella spinta in più di cui forse nemmeno aveva bisogno.

Zheng a fine partita era distrutta nell’anima. Il suo discorso al microfono raccoglieva una delusione enorme per essere stata così povera di opzioni da mettere in campo, aspettandosi molto di più da se stessa e spegnendo tutto l’entusiasmo che le diverse migliaia di cinesi avevano portato sugli spalti. Ogni punto veniva accompagnato con un’esultanza enorme, il primo game una celebrazione quasi come avesse vinto un set. La voglia di emulare Na Li era tantissima, ma le armi non erano abbastanza.

Sabalenka ha così messo in bacheca il secondo Slam della carriera, il titolo numero 14, e forse quello più pesante perché ha approcciato questa difesa del titolo con grande consapevolezza delle proprie qualità e l’intero cammino al di là di qualche sbandamento in semifinale è stato di chi stava gestendo benissimo la situazione. La tranquillità con cui ha parlato ai microfoni, l’armonia nel team che lo scorso anno invece era travolto dalle emozioni, danno forse l’idea migliore di una dimensione dove sanno di appartenere. Era destino, e adesso starà alle altre rincorrerla di nuovo.

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