Nel nuovo appuntamento con la versione da off season della rubrica ‘Barbiani WTA files’ abbiamo contattato Simon Tordrup, giornalista e telecronista danese per TV2 Sport, per parlare a fondo della questione su Caroline Wozniacki. Con quanto successo nelle ultime settimane di tennis femminile, la storia del suo rientro è parsa finire un po’ fuori dai radar eppure si tratta pur sempre di una giocatrice numero 1 del mondo per 71 settimane e che ha deciso di tornare con importanti ambizioni.
Caroline aveva trascorso gli ultimi 12 mesi da tennista professionista con un calvario continuo, soprattutto dopo la scoperta dell’artrite reumatoide e il ritiro all’Australian Open 2020 sembrava il punto finale di una carriera comunque memorabile. E invece, tre anni e mezzo dopo, eccola raggiungere gli ottavi di finale allo US Open con un carattere e una determinazione notevoli.
Ora il là alla chiacchierata con Simon, che ringraziamo ancora una volta per la disponibilità.
COME NASCE IL RIENTRO
“È vero che lei si era ritirata”, ha iniziato Simon, “ma non le è mai passata la voglia di giocare. Ha continuato ad allenarsi, soprattutto quando la prima figlia Olivia non era più una neonata. Ha potuto prendersi più tempo e ne ha passato sempre più in campo. Quello che ho saputo è che ha giocato qualche match di allenamento con alcune sue amiche del circuito a Monte Carlo un anno fa ed è qui che magari ha cominciato a realizzare di avere con sé un altro tentativo. Ci sono state molte discussioni con suo marito, David, e se ho capito la situazione lei ha avvertito ancora quel fuoco dentro di sé. Si era come riaccesa la scintilla, e ha parlato con papà Piotr. Credo sia stata una decisione per cui c’è voluto del tempo, ma allo stesso modo da quando ha cominciato a pensarci non è più riuscita a staccarsi. Credo lei vorrà farlo per l’amore e la passione che ha per lo sport, ma anche come test per capire se ha ancora chance di competere contro le migliori del mondo al massimo livello, negli Slam, e vedere se c’è modo di vincere ancora tornei importanti. Non c’è dubbio che adesso lei non sia interessata ai tornei ‘500’ o ‘250’, e credo anche che nella sua testa ci sia la voglia di provare a essere alle Olimpiadi un’altra volta”.
La parte sulle Olimpiadi è un altro punto importante: nel 2012 si sono giocate a Londra, su una superfice a lei poco congeniale, mentre nel 2016 il cammino per arrivare a Rio de Janeiro è stato funestato da problemi fisici continui tanto che non aveva nemmeno raggiunto le presenze necessarie in nazionale, ma era stata nominata portabandiera della delegazione danese e l’intoppo venne superato con la federtennis locale che garantiva nell’ambito dei buoni rapporti e sulle disponibilità date per partecipare alla competizione a squadre. Inutile rimarcare quanto possa valere per lei una medaglia nei giochi e, come accenna anche Simon, ora ha anche un’opportunità in doppio misto perché la coppia composta da lei e Holger Rune sarebbe una mina vagante importante: “Lei ha detto più volte come, sì a parte la vittoria Slam in Australia come risultato sportivo, ma portare la bandiera danese nella cerimonia di apertura a Rio è il momento più forte che ha vissuto in carriera”.
UNO US OPEN PER LANCIARSI
Si parla di ‘Wozniacki 2024’ dimenticandoci quasi dello scorcio di tornei fatto nell’agosto di quest’anno. Un periodo significativo, molto atteso fin dall’annuncio del rientro e che ha dato un primo assaggio di una giocatrice ‘in missione’. Ha avuto un po’ di ruggine da togliere tra Montreal e Cincinnati, ma la crescita è stata graduale fino allo US Open.
Diego: “Ho pensato che se una come lei, che sembrava aver chiuso quel capitolo, decida di rientrare è perché creda davvero poter essere ancora protagonista. E non poteva essere qualcosa nato dalla sera alla mattina. E a New York mi ha impressionato”.
Simon: “Contro Kvitova, quella era una ‘vintage Caroline’. Forse è qualcosa che manca nel circuito femminile ora. Qualcuna che rimanga nel match fino alla fine e che non sia mai influenzata dal livello dell’avversaria. Wozniacki è una di quelle che è sempre lì, nel punteggio, e non forza mai a colpire grandi vincenti per tornare nel match. Chiaro che ha un grande rovescio, la sua arma migliore, ma penso sia ancora un tipo di giocatrice unica nel panorama del circuito femminile”.
Diego: “Assolutamente, tra l’altro in quel match contro Kvitova ha avuto un rendimento al servizio che mi ha ricordato l’Australian Open 2018… ma forse mi ha impressionato ancor più contro Gauff”.
Simon: “Vero”.
Diego: “Ha giocato contro una 14 anni più giovane, in quel momento in totale fiducia e con un ‘1000’ appena vinto, eppure non dico sia andata vicina a vincere ma è stata vicina a prendere definitivamente l’inerzia. Quello mi ha davvero colpito: è rimasta composta per gran parte del match gestendo le sfuriate dell’avversaria, e alla lunga l’aveva mandata fuori giri. Forse è vero, oggi non c’è una che faccia così bene quello stile di gioco, con una difesa ben costruita, molto solida, e un’altrettanto buona costruzione del punto rimanendo capace di contrattaccare controllando ogni zona del campo. In quel match contro Coco ho pensato: ‘Se questo è il livello che può avere al terzo torneo dal rientro dopo tre anni, allora non c’è motivo per pensare non possa farcela’. La testa è lì, il livello di gioco può arrivare strada facendo. Ci vorrà un po’, ma ha dimostrato con quell’atteggiamento che è una di quelle atlete con qualcosa di speciale”.
Il dubbio più grande rimane sulla condizione fisica vista nel lungo periodo, e non sulla singola partita.
Diego: “Se questo stile potrà darle una mano con questa nuova generazione di giocatrici, c’è da capire come possa gestire il proprio corpo soprattutto sapendo che purtroppo ha scoperto a fine 2018 di avere l’artrite reumatoide”
Simon: “Credo che per quello lei stia riuscendo a gestire meglio di quattro anni fa. Forse anche aver imparato a conoscere di più il problema può averla aiutata, non so se sia cambiato qualcosa nei due anni che è rimasta fuori, ma credo lei da adesso in poi giocherà solo i tornei dove sa di essere al 100% pronta e vede se stessa con chance di poter andare avanti… però sì, sincero: sono molto curioso di vedere come saranno i suoi primi match anche da un punto di vista tattico: come vorrà approcciare, se sarà a macinare il campo o se avrà lavorato tanto col servizio per cercare di accorciare un po’ i punti. So che lei dice che vuole essere la più grande lavoratrice del tour, potrebbe anche correre una maratona ancor’oggi… ho ancora in mente il match contro Vondrousova, a Montreal. Lei ha perso, ma il secondo set è stato davvero davvero di alto livello. È quasi incredibile, ma ho davvero speranze abbastanza alte”.
Diego: “Infatti il mio unico dubbio forse è lì. Lei penso dovrà accorciare i punti, e mi chiedo se in generale quel tipo di gioco possa durare di fatto per almeno sette partite che è la durata di uno Slam. Perlopiù ora che va per i 34 anni e non è l’età dove si è sempre freschi e pieni di energie”.
QUALCHE RETROSCENA
A Miami ci ricordiamo anche di un momento in un match WTA dove le telecamere avevano pizzicato in tribuna papà Wozniacki, Piotr. Era una questione di ‘scouting’ per capire la situazione attuale del tour o era giusto per godersi un po’ di tennis?
Simon: “Eh, questa è la versione ufficiale. Ho parlato con lui qualche settimana dopo a Monte Carlo, durante il torneo ATP, e mi diceva che era nel box di Hubert Hurkacz, era un po’ nel ruolo di ‘coaching advisor’ o ‘consultent’ per il polacco. E sì era lì per Hubert e anche un po’ per vedere del tennis, di fatto i Wozniacki abitano non lontani dall’Hard Rock Stadium. Credo anche che Caroline facesse da commentatrice per Tennis Channel. Patrick Wozniacki, suo fratello, lavora con noi come esperto e lui non aveva idea volesse davvero rientrare”
Diego: “Davvero?”
Simon: “Aveva sentito di una volontà ma… sì, almeno è quello che ci ha detto (ride, nda). Però sì pare che non avesse idea che stesse davvero per succedere”.
Una cosa su cui il collega danese è sembrato avere un appunto è il fatto che non Wozniacki non abbia più giocato dallo US Open: “Sono stato abbastanza sorpreso che non abbiano deciso di fare altre partite (prima della off season, nda). Credo questo sia quanto di cui ha più bisogno: più partite, più consapevolezza di dove si trova come livello. Perché la sua condizione sarà buona in ogni caso, sappiamo bene che potrà colpire anche un milione di palle a scambio, ma partite a questi livelli con un circuito che è un po’ cambiato da quando giocava, con più potenza nel gioco e dove forse la fisicità è diventata ancor più un fattore rispetto a prima… credo quindi che debba ancora aggiustare qualcosa, cosa che potrebbe venire con più match giocati, per questo allora ero sorpreso non abbia deciso di fare uno o due tornei in più quest anno, anche solo per capire a che punto sono le rivali. Però sì, di nuovo, sono davvero ansioso di vederla giocare ad Auckland”.
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