Dopo aver retto con grande dignità per 75 settimane, Iga Swiatek lascerà lo scettro di regina del tennis WTA ad Aryna Sabalenka. La bielorussa l’11 settembre coronerà la lunga rincorsa partita a gennaio e divenuta un testa a testa piuttosto teso già dal mese di aprile, quando si era materializzato il sentore che quel cambio al vertice fosse imminente. La polacca ha saputo resistere, alcune volte per meriti suoi e altri raccogliendo qualcosa dagli scivoloni dell’avversaria, ma con Aryna che beneficiava quest anno di un enorme spazio di miglioramenti nel proprio ranking diveniva sempre più difficile mettere da parte pressioni e stress.
Finirà dunque la terza serie più lunga di settimane al vertice della classifica per una neo-numero 1, il primo “stint” da leader contraddistinto da tre trionfi Slam su sette e in mezzo tantissime vittorie che hanno quasi mascherato il duro lavoro che c’è nel rimanere sempre brillante anche quando le cose non girano per il verso giusto. Il 2023 di Iga, 22 anni (sempre giusto rimarcare il dato), si presentava come un anno brutale: oltre 11.000 punti da difendere, otto tornei da approcciare come campionessa in carica, due Slam da difendere. In mezzo, due infortuni che ne hanno segnato parte della preparazione: quello nato tra Doha e Dubai, peggiorato a Indian Wells, e quello a Roma che l’ha costretta a una corsa contro il tempo per Parigi scombinando i piani di preparazione portandola a giocare un torneo non impeccabile dal punto di vista del gioco.
C’era il serio rischio, per lei, di crollare. Una partita storta e perdeva tanti punti nel ranking soprattutto nei confronti di un’avversaria come Sabalenka che correva spedita e la forzava sempre a dover rispondere. È stato un duello a distanza (le due non si parlano, non si sono mai piaciute, al di là poi delle questioni sociali attuali): si sono incrociate solo in due occasioni consecutive sulla terra, spartendosi una vittoria a testa in partite di grande intensità e valore. Swiatek e Sabalenka: due dinamiche opposte. È sempre più facile essere nei panni di Aryna, in questi casi. Non aveva grandi pressioni a gennaio, ha trovato il mese che ha cambiato la carriera e le ha dato enorme fiducia per tutta la stagione. Ha lavorato duro lei per cercare quello scatto in avanti pur interpretando un tennis “furioso” e asfissiante, rischioso da mantenere quando va sotto pressione ma da sempre il suo tratto distintivo.
Quest anno a Iga è mancato forse qualcosa in termini di continuità ed efficacia, complice anche i problemi fisici che hanno rovinato fasi importanti del 2023, ma di fatto arrivava allo US Open come leader del circuito femminile nel rapporto vittorie/sconfitte, i suoi sempre citati 6-0 e 6-1, e il richiamo della preparazione fatto nelle ultime due settimane di luglio stava funzionando, col rendimento che stava progredendo in maniera costante. Non era il 2022, ma rispetto al rush per il Roland Garros questa volta si era fatto tutto il possibile. La variabile impazzita è arrivata poi dal sorteggio: Aljona Ostapenko possibile, poi realizzatasi, avversaria agli ottavi. C’è poco da fare: la lettone già può esaltarsi in questi scenari, poi sa benissimo che ha tutto il vantaggio possibile perché Swiatek non sta dietro al suo ritmo (non è l’unica, ma quella differenza sul timing col dritto fa una differenza enorme).
Il day after è particolare. Di colpo si è spezzato tutto. Iga ha perso, male, col crollo verticale subito nel terzo set dove non ha più retto il gioco dell’avversaria e si è fatta travolgere. Era molto delusa, come logico, e adesso per lei sarà importante trovare la ripartenza giusta. Non scenderà dal podio a fine stagione perché con grande probabilità nel peggiore dei casi finirà da numero 2 del mondo, che per le pressioni di inizio stagione è già qualcosa di ottimo. Ha parlato di quanto il pensiero di dover difendere il numero 1 abbia finito per pesare in questa fase, un po’ come stava avvenendo per la sua diretta rivale che tra Parigi, Wimbledon, Montreal e Cincinnati ha perso quattro partite non banali.
Eravamo al rush finale, con due tenniste che si sono pressoché eguagliate in termini di rendimento, vittorie, titoli e impatto sulla stagione. Sabalenka ha avuto la meglio, sebbene stavolta il destino non sia passato dalle sue mani (non che sia un male, ecco) e tra sette giorni sarà la nuova leader della classifica di singolare dopo aver guidato due anni fa quella di doppio, diventando così l’ottava tennista nella storia a raggiungere il doppio traguardo dopo Martina Navratilova, Arantxa Sanchez Vicario, Martina Hingis, Lindsay Davenport, Kim Clijsters e le sorelle Serena e Venus Williams. Con qualche vittoria in più, oltretutto, Aryna ipotecherebbe anche il numero 1 del mondo di fine anno visto che già ora ha 245 punti di vantaggio nella Race. Ben sapendo che il prossimo anno sarà la sua prospettiva a cambiare e dovrà essere altrettanto brava a resistere. Magari ripeterà un 2022 di Swiatek e otterrà a sua volta 75 settimane (almeno) da leader, certo è che è sempre più facile essere nelle sue scarpe in stagioni così: pochissimi punti da difendere fino a settembre, tantissimo margine per ricucire il distacco. Poi ci ha messo tanto del suo, perché una delle migliori qualità della bielorussa è la enorme dedizione al lavoro maturata negli anni. Sregolata sì, ma ha fatto di tutto per arrivare. E ce l’ha fatta.
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