Nuova campionessa Slam e nuova numero 1 del mondo nel circuito WTA. Coco Gauff a 19 anni e cinque mesi si è imposta nella finale dello US Open cogliendo il primo alloro in un Major ai danni di Aryna Sabalenka, che da oggi lunedì 11 settembre è la nuova regina del ranking mondiale detronizzando dopo 75 settimane Iga Swiatek, culminando una rincorsa nata a gennaio di questa stagione.
Sembra tutto piuttosto positivo, un segnale che vuole andare oltre con quanto visto nella partita di sabato che ha assegnato l’ultimo Slam della stagione. Nessuna delle due ha giocato davvero bene, ma alla fine è stata premiata la generosità della statunitense per quanto possa aver faticato e sofferto molti scambi giocati sul suo lato più debole, il destro, ma ha avuto la forza di resistere e poi imporsi in un terzo set dove si è parlato ben poco di tennis quanto più di errori, gravi, della sua avversaria ormai arresasi mentalmente.
Se per Gauff si parla già di consacrazione, il motivo migliore sono le ultime cinque settimane dove ha perso solo contro l’amica e compagna di doppio Jessica Pegula per 7-5 al terzo set, nei quarti di finale del WTA 1000 di Montreal. Difficile usare toni poco trionfalistici per quanto fatto dalla classe 2004 nelle ultime settimane: un titolo WTA 500 (Washington), un primo WTA 1000 a Cincinnati e ora il primo Slam della carriera. Esserci riuscita poi di fronte al proprio pubblico accresce il valore, perché è tutto tranne che semplice gestire gli scalmanati che occupano l’Arthur Ashe Stadium di New York e il loro baccano che si sente chiaro anche nelle giornate più tranquille. Da quelle tribune, l’energia sprigionata durante la finale in cui erano tutti per lei è qualcosa che non si dimenticano nemmeno a provarci. Pubblico particolare, che si sposta costantemente durante i punti, prende tre minuti circa per sedersi, si vuol mostrare come nelle partite di NBA. E Gauff ha fatto sua la situazione regalando loro una giornata di grandi emozioni.
Non è stato, invece, un buon biglietto da visita per Sabalenka come nuova leader del tennis WTA. Non mettiamo assolutamente che in stagione abbia ottenuto un po’ più della sua diretta rivale Swiatek (spartiacque importante la finale di Madrid, oltre al problema fisico precedente della polacca), ma è anche vero che per quanto una sconfitta possa sempre essere accettata sabato ha dato segnali piuttosto negativi. Non fare di tutta l’erba un fascio è il passaggio chiave, ma per una giocatrice come lei che ha trascorso buona parte del 2023 elogiata per i miglioramenti fatti nel gioco e nella gestione delle emozioni, questo è parso un vero schiaffo subito. Di quelli che svegliano e fanno male.
Lo facevamo notare durante le varie occasioni di questo 2023: Sabalenka è cresciuta tanto ma rimane vulnerabile, semmai serve (per le avversarie) avere la forza di contrastarla. Fosse facile, non staremmo parlando di una nuova numero 1 da circa 8000 punti raccolti fin qui nel 2023. Il problema è che spesso i giudizi si mescolano e si crea confusione. Aryna ha alzato il livello? Sì, tanto. Dove, allora, nascono le crepe? Nella tenuta quando le cose si fanno complicate. È stata tesa come una corda di violino dai primi punti e quel 6-2 iniziale era dato anche dalla pochezza di un’avversaria che non stava riuscendo a darle fastidio. Discorso che è cominciato a cambiare quando la lunga azione di rimessa di Gauff ha portato i primi errori in serie col dritto della bielorussa. Nel passaggio da 1-1 a 4-1 nel secondo set è girato quasi tutto il peso dell’incontro. La maggior gestione, le gambe più rapide e il solito buon atletismo della statunitense hanno portato lo scambio ad allungarsi e Sabalenka a dover colpire anche tre volte in più per chiudere il punto.
Aryna qui è crollata, incapace di gestire mentalmente il primo momento di difficoltà reale. In una partita qualitativamente non memorabile, con troppi errori, Sabalenka ha tradito le aspettative della vigilia. Dopo un percorso Slam fatto di 23 vittorie su 25 partite, con l’obiettivo del numero 1 finalmente ottenuto, aveva la chance di presentarsi con un messaggio chiaro al resto della compagnia. Cambierà magari poco e da qui in avanti si dimostrerà solida e capace di reggere il peso del nuovo ruolo, ma per quanto sia lodevole la sua stagione nel complesso, questo è quanto si chiede a una numero 1 del mondo: vincere, o perlomeno rendere durissima la vita alle sue avversarie. Cosa che per tanto tempo ha fatto Swiatek, mai forse vistasi attribuire tutti i meriti del suo periodo da leader ma con questa grande qualità “nascosta” di una forza mentale invidiabile. Ci sono le situazioni storte, ma da quando è cominciata la sua ascesa le avversarie han dovuto rischiare di andare oltre il loro limite per batterla. E si è guadagnata il rispetto enorme di tutte, tanto che la stessa Gauff ha rivelato che parlando con Pegula nello spogliatoio entrambe erano molto sorprese di vederla perdere il numero 1 in una stagione con quattro titoli e tantissime vittorie. Fa forse specie dirlo al termine di un torneo in cui ha perso agli ottavi, va ricordato di fronte alla sua grande “bestia nera” Aljona Ostapenko, eppure le sconfitte degli ultimi due anni sono spesso giudicate troppo per i suoi errori anziché per il livello delle avversarie. La stessa Sabalenka a Madrid pur partendo molto forte arrivò col fiatone al traguardo a causa del grande rientro di Iga tra fine secondo set e tutto il terzo. Dovette, Aryna, colpire a tutta ogni palla con alto rischio di errore anche nell’ultimo game in cui Swiatek le annullava match point su match point. Così come Barbora Krejcikova a Ostrava in una partita dove Iga era sulle gambe e molto stanca, debilitata anche da un problema di salute, eppure lottò tre ore e 16 minuti superandosi nel game decisivo quando ha annullato cinque match point alcuni con scambi davvero spettacolari. E che dire di quest anno a Parigi? La finale contro Karolina Muchova da routine si è trasformata in una lotta durissima e nel terzo ha rischiato in più momenti di perderla, riuscendo però a trovare un livello altissimo con la risposta dal 4-3 e servizio per la ceca nel set decisivo.
A Sabalenka servirà questo, perché ora la sua posizione cambia completamente. Lo riconoscono tutti: è sempre più facile inseguire che difendere. Iga di fatto non ha mai “inseguito” la vetta perché la sua storia per come arrivò al numero 1 è altamente singolare: aveva appena vinto a Indian Wells, atterrata a Miami, e quella sera le andarono a bussare in camera i membri del team per parlarle e dirle che Ashleigh Barty aveva appena annunciato il ritiro. Non aveva fatto in tempo a realizzare di essere salita al numero 2 del mondo che era di colpo a una partita dal diventare la nuova numero 1. Malgrado ciò, ha tirato avanti la serie di vittorie consecutive realizzando la striscia più lunga dal 1997 e rimanendo imbattuta nelle prime 20 partite da numero 1. Pur finito il momento magico, ha comunque continuato a fare risultati, reggendo anche all’arrivo di Sabalenka. Ora la polacca diventa la prima inseguitrice, perderà forse un po’ di terreno da qui a fine anno ma dal 2024 tornerà alla carica. E non solo lei.
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