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E se il fine ultimo del tennis fosse la serenità?

La furia di un tempo, ubriacante qualche volta, stordente quasi sempre, non sarà la parte di sé che Lorenzo Sonego rimpiangerà per prima, al termine del cambiamento che è ormai in atto e sembra condurlo verso una dimensione più compiuta del suo essere tennista di molte e buonissime speranze. C’è una misura diversa nel suo gioco, nel suo stesso disporsi in campo, nel prendere atto delle problematiche sempre diverse. La veste dell’eroe impavido e sfortunato, del guerriero che ce la mette tutta, ma per quanto si dia da fare non sempre basta a porre rimedio agli errori commessi, sembra pronta per riposare nell’armadio dei ricordi. Era un’immagine cara a Sonego, ma non più attuale, un caldo grembo nel quale riparare al sorgere di impreviste difficoltà, di cui non ha più bisogno. Ora è il tempo della consapevolezza, è questa la via, imboccata dopo una stagione di ansie prepotenti, di domande senza risposta, a fronteggiare le troppe sconfitte, gli alti e bassi fulminanti e all’apparenza privi di logica. Il reset ha funzionato, ha proiettato nuove visioni, esortando più attente valutazioni di sé. Erano da salvare gli istinti battaglieri, non la foga fine a se stessa. Era da accogliere una visione multidimensionale dei match, sostituendolo all’osservazione per compartimenti stagni. Non era facile, mi metto nei suoi panni e mi chiedo come avrà fatto a uscirne così bene e in così breve tempo. Ma sono convinto che il Sonny di oggi, sia un passo avanti e non soltanto diverso da quello di prima.

Il match di secondo turno con Ugo Humbert era un test interessante, sia per il discreto livello del francese, che i “cugini” si ostinano a considerare tra i sicuri campioni del futuro, sia per l’insieme di insidie che rappresentava. Un giocatore avanti in classifica, seppure non di molto (40 a 48), battuto da Sonny due mesi fa a Montecarlo, quando il nuovo Sonego stava prendendo forma, da affrontare in un campo piccoletto ma molto ben attrezzato per la cagnara, che un gruppetto di ragazzini ha organizzato trovando sponda nel resto del pubblico. Attorniato da siffatte trappole, Sonego ha reagito con la calma dei molto forti, prendendo possesso del match con le sue armi più consolidate. In tre set ha ceduto un solo break, subito ripreso peraltro, e sui turni di servizio dell’italiano Humbert non è andato oltre il magro bottino di un “quindici”. «Amo giocare con il pubblico tutto dalla mia parte», annota Sonego, «a Roma mi capita spesso. Sapevo bene però che stavolta tutto il tifo sarebbe stato contro di me, così prima di scendere in campo mi sono imposto di accettare il trattamento che mi avrebbero riservato. Com’è giusto e corretto, in fondo. Ma devo dire che mi sono trovato a mio agio, nel tifo contrario, e di aver tratto da esso la voglia di far bene. E soprattutto di fare presto…».

Ne sono sortiti tre set limpidi e molto incoraggianti, nei quali Sonny ha avuto quasi sempre la prima e anche l’ultima parola, strappando applausi per un punto concesso a Humbert, su una palla giocata mentre un raccattapalle disattento si era avventurato sul campo. «Sarebbe stato comunque punto suo. Giusto darglielo». Sonny è rimasto calmo in ogni occasione, ha guidato gli scambi, ha contenuto gli errori, non ha commesso sciocchezze come quella di incaponirsi su soluzioni promettenti ma poco realistiche. È andato al sodo. Non si è trattato di una prova di maturità, ma di lieta e composta serenità.

Humbert, piuttosto, lui sì che è precipitato nel vortice degli errori gratuiti e delle letture senza senso. Sui colpi vincenti il match è finito dalla parte del torinese, ma in misura ragionevole, 32 a 25. È sui “fautes directes” che la forbice si è allargata a dismisura: 21 per Sonego, addirittura 45 per il francese. Venti (108-88) i punti in più per Sonny nella conta finale.

«Serenità è la parola giusta», dice Lorenzo. «Ho saputo trasformare in modo positivo ogni momento del match. Ho dato sostanza al mio gioco, sono molto soddisfatto della mia prova, non posso davvero negarlo». Il seguito ha il volto ossuto e il sorriso stralunato di Andrey Rublev. Match aperto, malgrado i molti meriti stagionali del russo, vincitore a Montecarlo. Due precedenti, uno per parte. Al russo quello di Vienna, nella finale del 2020, sul sintetico indoor. Al torinese, la replica romana nel 2021, il match che condusse Sonny alla semifinale contro Djokovic. Era, quello, un Sonny in grande forma fisica. Ma questo potrebbe essere migliore.

Se il tema è la consapevolezza, credo sia giusto annotare i passi avanti compiuti da Matteo Arnaldi, opposto a un avversario che più volte in passato ha creato problemi agli italiani, Denis Shapovalov. Nella sconfitta, scandita dalle spericolate iniziative del canadese, è da annotare la composta replica del giovane italiano. Non è cosa da poco, con un’esperienza ancora così ridotta alle spalle, strappare un set a Shapovalov, ma Arnaldi vi è riuscito e l’ha fatto sembrare persino normale. Matteo ha 22 anni, Sonego cinque di più, ma il tempo non cambia le cose, la consapevolezza è un bene prezioso e va inseguito con tutto l’impegno necessario. Matteo è sulla buona strada, la sconfitta con Shapo resterà tra quelle da ricordare.

Daniele Azzolini

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