Medvedev: «Vittoria speciale, non pensavo di giocare così sul rosso»

Il primo titolo in carriera sulla terra battuta, direttamente in un Master 1000, e il ritorno al secondo posto del ranking mondiale. È un Daniil Medvedev raggiante quello che si presenta in conferenza stampa con in bella vista il trofeo degli Internazionali.

«Dove posizionerei questo in una classifica dei miei successi? In un certo senso, al numero uno, perché è il primo sulla terra ed è incredibile. Non avrei mai pensato di essere in grado di farcela. Poi devo essere onesto, gli Slam sono sempre più importanti, e gli US Open sono sempre al numero uno. Questo, però, è speciale perché non pensavo che sarei stato capace di riuscirci, e invece ce l’ho fatta. Un po’ ancora non ci credo, non è tanto il fatto di aver vinto, ma di quanto ho giocato bene questa settimana. Non posso crederci, sono davvero felice».

«Sì, in teoria il mio gioco si adattava al rosso», ha proseguito il moscovita, «ma, prima di tutto, non mi muovevo abbastanza bene, e i miei colpi non avevano sufficiente profondità. Le nuove corde che ho provato quest’anno mi aiutano, sono più morbide e la palla corre più facilmente. Già in Australia, dove ho perso presto, ne parlavo con il mio coach, ci dicevamo “Wow, mi viene facile mandare la palla in profondità, è incredibile”. Lì, però, non ha funzionato e ho dubitato al 100 per cento di me stesso. Dovevo tornare alle vecchie corde, in fondo stavo giocandoci bene? Mi sono detto “no, proviamoci ancora”. Ora è incredibile».

Medvedev ha poi rivolto i propri pensieri all’imminente Roland Garros. «Ora sono numero 2, se da n. 3 fossi arrivato in semifinale avrei incontrato uno tra Alcaraz e Djokovic. Essere n. 2 è meglio, non troverò di sicuro Carlos prima della finale e ho il 50 per cento di possibilità che Novak non sia nella mia parte di tabellone. Allo stesso tempo, non sono mai andato oltre i quarti lì. È sempre buono avere un tabellone favorevole, ma è meglio semplicemente giocare bene e provare a vincere. Sarò onesto, quando ho visto il mio tabellone qui, ho pensato che fosse il più duro possibile. Subito Ruusuvuori, poi Zapata Miralles, che gioca bene sulla terra, Zverev, Hurkacz. Avere un buon tabellone favorevole è utile, ma è sempre meglio giocare bene».

«Ogni volta che giochi una grande finale è un’esperienza, utile per la successiva», ha concluso l’ex numero uno. «Per esempio, sia a Miami (contro Sinner, ndr) sia qui, ho sentito che l’inizio era così così, poi sono entrato sempre più nel match, giocando sempre meglio. Quando ho giocato la mia prima finale “1000”, contro Rafa (a Montreal 2019, ndr), sono stato distrutto. Ho cominciato male, e sono andato sempre peggio. La seguente, con Goffin (a Cincinnati, la settimana dopo, ndr), è stata equilibrata, sapevamo che per uno di noi sarebbe stato il primo titolo. Con l’esperienza gestisci meglio questi momenti, e aiuta. Ma, in generale, dopo Miami, mi sentivo bene, fiducioso. Quando sono arrivato ad allenarmi sulla terra, nei primi giorni odiavo la mia vita. Ero di cattivo umore. Non volevo tornarci un’altra volta. Non so se i miei successi nei primi mesi dell’anno mi siano serviti per vincere a Roma. Ma ho vinto, e ne sono felice».

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