Petra Kvitova campionessa a Miami.
Fa ancora effetto scriverlo, ormai due giorni dopo, perché il cammino della ceca nel WTA 1000 della Florida era sempre stato segnato dai problemi di asma, anche se da quando era stato spostato da Crandon Park, Key Biscane, all’Hard Rock Stadium aveva ottenuto due quarti di finale e un ottavo nelle tre edizioni disputate.
Adesso, a 33 anni compiuti meno di un mese fa, la ceca è riuscita a tagliare il traguardo dei 30 titoli nel circuito maggiore. Da qualche settimana, però, ci sono anche rumors di un possibile addio a fine stagione, forse ora un po’ mitigati, ma nati dopo una conferenza stampa sibillina in Repubblica Ceca nel dicembre 2020. Lei non ha detto, confermato, nulla: “Quando sarà il momento, ve lo dirò. Non ora”. Eppure le idee e le risposte date fanno vedere come la sua mente sia a poco a poco sempre più lontana dalla routine di una tennista professionista.
Grande cammino, nel complesso, anche per Elena Rybakina che non ha mai fatto mistero di come quest anno il passaggio da Indian Wells a Miami sia stato molto complicato da gestire ed è arrivata con pochissime energie alla finale. Possiamo bocciarla per aver mancato lo storico Sunshine Double e l’amarezza è realisticamente presente nella kazaka, ma il mese di marzo l’ha lanciata verso una classifica che ancora non le sorride a pieno (è solo settima) ma che sarà molto interessante capire quando arriveremo a Wimbledon, dove non avrà nemmeno i 2000 punti in scadenza.
Lei e Aryna Sabalenka hanno completamente spaccato il resto del gruppo, per rendimento, in questo inizio di stagione. Sulla bielorussa però ci sono almeno un paio di considerazioni. Quante volte si son sentite le discussioni sul suo servizio migliorato? Le prime voci sono circolate già durante l’ultimo US Open. Sembra poter tirare più forte e magari ricavare qualcosa in più, ma a livello di sicurezza non sembrano esserci stati questi importanti passi in avanti. O meglio, sembra ancora la giocatrice che si basa molto sulle proprie sensazioni e, adesso come in passato, per impostare un gioco così intenso e a un ritmo così elevato il tempo per pensare è praticamente nulla. Così la quantità di errori, o vincenti, dipende dalla facilità che ha di imporsi. In questo momento, al di là di un miglioramento suo nelle condizioni fisiche, sembra poter vincere le partite spesso già all’ingresso in campo. Però il servizio in sé si è visto in alcuni momenti tornare ballerino come un anno fa. Nella semifinale dello US Open, il secondo set contro Iga Swiatek quando continuò a servire forte ma sul rovescio (e di fatto perse quel parziale 6-1, e poi la partita). Quest anno sia nei quarti che in finale all’Australian Open fu molto altalenante, poi nel match perso contro Barbora Krejcikova e in quello ripreso per i capelli contro la ceca a Indian Wells, i 10 doppi falli nel primo set della finale californiana e la partita di Miami contro Sorana Cirstea dove comunque c’è stato anche un contributo (negativo) fisico. Di fatto, la bielorussa sembra ancora sentire la pressione di chi entra in risposta, o alle volte è la prima che può causarsi problemi se non sente che il proprio gioco possa comandare come vuole.
Un passaggio su Iga Swiatek, un po’ discussa in questo periodo perché contrapposto a un anno fa ha “solo” un titolo, due finali e quattro semifinali all’attivo, perdendo praticamente sempre contro giocatrici di altissimo valore. Eppure la realtà sembra essere diversa, nel suo approccio, e ora comincia la parte di stagione che più attende. Le prime quote sul Roland Garros la danno strafavorita su tutto il resto del gruppo, forse non ci sarà quella sensazione di “lei o nessun altra” che c’era nel 2022, ma è lecito aspettarsi una polacca rinvigorita dal cambio di superficie anche se il primo torneo sarà il WTA 500 di Stoccarda che è di medio livello nel valore, ma al momento ha 17 delle prime 20 del mondo al via.
Fin qui è stata una Swiatek piuttosto buona, che ha pagato un po’ su superfici veloci contro ottime giocatrici. Parliamo solo di Jessica Pegula (che poi… pure lei ha ammesso che quella vittoria a Sydney era molto condizionata dalle condizioni a cui Iga non era abituata), Barbora Krejcikova ed Elena Rybakina, tutte avversarie che come rendimento possono finire l’anno in top-5. Perde qualcosa col servizio rispetto ad alcune di loro? Certo, ma sul cemento in generale la differenza con la concorrenza è minore e non lo scopriamo ora. Il fatto, però, è che fin qui al di là di quattro sconfitte siano arrivate tante vittorie e molte di queste con punteggi altrettanto netti. Esiste un “problema Swiatek” con le altre che hanno capito come affrontarla? Non necessariamente, è facile pensare che dopo un anno ci sia qualche idea in più proposta, ma è la vita dei numeri 1. Che tra l’altro, proprio oggi, spegne la candelina sull’anniversario: dal 4 aprile 2022 al 4 aprile 2023, 365 giorni da leader dove è emersa non solo per le qualità in campo ma anche (e soprattutto) per quelle fuori con l’enorme e incondizionato appoggio all’Ucraina, vicenda che sente particolarmente vicina per come la Polonia abbia aperto i propri confini ai profughi malgrado non avesse strutture pronte e attrezzature per reggere quell’ondata.
Un anno da leader, per Swiatek, dove sono arrivati due titoli Slam, un ‘1000’ con la conferma a Roma e tre titoli WTA 500: Stoccarda, San Diego e Doha. Più le finali perse a Ostrava (WTA 500) e nel ‘1000’ di Dubai, sempre contro Krejcikova. Tra l’altro, Barbora sembra davvero la più vicina fin qui nel rendimento alle prime tre. Non soltanto per la vittoria a Dubai, ma perché ormai è dal 2021 che ha un rendimento spesso tra le prime della classe. Quel successo al Roland Garros, in singolare, è stato forse casuale? Lo ha pressoché ammesso pure lei, ma da lì in poi aveva dimostrato di poter stare lassù e quando nel gennaio 2022 perdeva ai quarti di finale dell’Australian Open diventava numero 2 del mondo. Poteva essere la nuova numero 1, col ritiro di Ashleigh Barty, ma un brutto infortunio al gomito ha rovinato completamente la prima metà dell’anno. Ha gestito male, per sua ammissione, il rientro, forzando anche per essere al Roland Garros da campionessa in carica e non ha più ripreso fino a settembre/ottobre. Quando lo ha fatto, però, è stata straripante perché ci voleva la miglior Krejcikova della carriera per battere Swiatek a Ostrava, quel giorno. Un brutto infortunio al polso ha poi rovinato tutta la off season, ma rientrata aveva già un livello di molto superiore al suo ranking e la settimana di Dubai le ha permesso, intanto, di riaffacciarsi nei pressi della top-10. Con nessun punto da difendere (o quasi) fino a settembre, e la sua continuità su tutte le superfici, ha grandi chance di risalire ancora.
Infine, un passaggio dovuto anche per Martina Trevisan, che vede ufficializzarsi il nuovo best ranking di numero 20 del mondo. Torniamo ad avere un’italiana in top-20 per la prima volta da Roberta Vinci nel 2017. Un toccasana enorme per la toscana, che artiglia questo risultato appena prima della stagione sul “rosso” e gonfia il petto in vista della parte di stagione che sì predilige ma che quest anno sarà segnata dai 1060 punti che scadranno tra Rabat (vittoria, 280) e Roland Garros (semifinale, 780). Ci voleva ritrovare fiducia e battagliare come piace a lei, e questi quarti di finale a Miami sono perfetti, su una superficie che non è proprio il suo pane quotidiano.
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