In una celebre intervista del 1997 David Bowie ha dispensato ai giovani artisti un consiglio destinato poi a restare un caposaldo del suo ethos: “Never play for the gallery” vale a dire ogni artista non deve mai suonare per il pubblico che sta ascoltando ma solo per se stesso e la propria passione.
La filosofia del poliedrico Bowie era dettata da una continua metamorfosi musicale che non badava alla necessità di assecondare le aspettative del pubblico, riuscendo forse proprio grazie a questa profonda libertà intellettuale, a conquistarne sempre il plauso. In effetti il momento in cui si inizia a preoccuparsi di ciò che pensano gli altri, è il momento in cui smettiamo di essere noi stessi, snaturando quelle motivazioni primordiali da cui tutto ha avuto inizio.
Difficile però non entrare in crisi quando i risultati non arrivano, quando si finisce sopraffatti dalle critiche di chi ci circonda. Berrettini e Musetti stanno vivendo un periodo buio a causa di reiterati insuccessi, amare sconfitte sottolineate dai giudizi severi da parte del pubblico che non riesce a perdonare ai due azzurri il timore di vedere infranta l’illusione di una ritrovata età dell’oro dell’Italtennis.
Ecco quindi che l’analisi della crisi oltre al gioco investe anche gli aspetti della vita privata dei campioni che finiscono per essere passati al setaccio con intransigente durezza: l’estro magistrale si trasforma in odiosa fragilità e una genuina solarità diventa mondana frivolezza. In tempo di crisi niente infatti viene tollerato, nessuna giustificazione viene concessa anche a chi fino a poco tempo prima brillava di un fulgido consenso trasversale. Matteo e Lorenzo sono forse troppo distratti, probabilmente troppo innamorati, magari troppo ricchi, di sicuro c’è che sono troppo criticati. I due azzurri non hanno scordato come si gioca a tennis, le difficoltà che stanno attraversando sono decisamente a livello mentale e non tecnico.
Non va dimenticato che Berrettini a Miami ha lottato contro McDonald, mostrando segnali incoraggianti e cedendo in due tie-break dopo aver sprecato un set-point nel primo parziale e due nel secondo set. Questo risultato è la riprova che il romano sta vivendo un periodo di sfiducia e smarrimento, è innegabile. Berrettini sembra infatti aver perduto la sicurezza che lo aveva visto uscire vincitore proprio nei complicati momenti di tensione. Deluso e amareggiato, “inguardabile” si è addirittura definito il romano in preda alla rabbia durante il Challenger a Phoenix. In una lunga intervista prima del Miami Open il tennista ha confessato: “L’amore non è una colpa. Gli insulti fanno male.” Si sente sotto accusa Matteo con una sentenza già scritta da chi sparge odio facilmente. Perché non vince più? “Ma non è così per tutti i lavori, le carriere? Ci sono momenti in cui si lavora di meno. Inseguo solo i miei sogni e la mia carriera.” Medesimo discorso per il carrarino Musetti decisamente poco fortunato nel sorteggio in Florida che gli ha fatto incrociare un tennista in grande ascesa come Lehečka. Nella sfida al Master 1000 di Miami però Lorenzo ha mostrato un atteggiamento remissivo, con scarsi risultati in risposta e l’incapacità di superare i momenti negativi. Ai due atleti azzurri adesso occorre riuscire a mutare l’approccio mentale per ritrovare le giuste sensazioni e l’entusiasmo smarrito, quel gusto nel giocare a tennis a prescindere dal giudizio di chi osserva in tribuna o dietro uno schermo. Sta a loro due ricominciare perché solo una ritrovata consapevolezza interiore potrà far riemergere i nostri tennisti dal buio che li ha avvolti. Ostinazione, coraggio e umiltà sono gli ingredienti che Matteo e Lorenzo dovranno dosare per risalire la china. E dovranno provarci non tanto per replicare a implacabili attacchi social o per mettere a tacere le aspre critiche dei tifosi così da riconquistarne il cuore, ma perché lo devono al loro tennis. Perché lo devono soprattutto a loro stessi.
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