“E lo sventurato rispose.” Cerca disperatamente di isolarsi per ritrovare se stesso Jannik Sinner avvolto dagli asciugamani bianchi, tanto che osservandolo di getto così agghindato non può che tornarci alla memoria la più iconica Monaca d’Italia. Ben inteso, è solo un mero gioco di somiglianze innescato dalla biancheria, nessuna tragedia o peccato da imputare al giovane e cristallino Sinner, ci mancherebbe. Eppure come l’infelice Gertrude prigioniera di una vita non sua, anche l’altoatesino è sembrato nel quarto turno degli Australian Open ingabbiato nel gioco micidiale dell’avversario. Jannik ha lottato per quattro ore, cedendo nel fatale quinto set davanti a uno Stefanos Tsitsipas che ha saputo ritrovare scioltezza e concentrazione, ma soprattutto un servizio formidabile. Nei primi due set il greco sembrava imbattibile, poi Jannik ha iniziato a ingranare e la rimonta è parsa, gioco dopo gioco, sempre più fattibile. Ma l’esperienza di Tsitsipas alla fine ha costretto alla resa il nostro azzurro a cui resta l’amaro in bocca per non essere riuscito a percorrere quell’ultimo passo per arrivare dritto alla meta. Anche se i top 5 restano ancora un ostacolo da battere, impossibile non cogliere i segnali positivi. Invece le aspettative deluse hanno generato in fretta una cortina di giudizi severi e negativi nei confronti del giovane azzurro. Forse il tormentone canoro di Shakira ha finito per farci vedere ovunque macroscopici errori di valutazione, ma con i nostri tennisti non si tratta di confondere una lussuosa auto sportiva con una utilitaria. L’Italtennis sta vivendo un innegabile periodo d’oro ma nel diffondersi con entusiasmo su larga scala rimane spesso preda di facili slanci e vittima di eccessive delusioni. Prestazioni meno soddisfacenti possono capitare, bastano lo stop per un infortunio e una programmazione particolarmente serrata dei tornei per rendere opachi e fiacchi i risultati. Ma questo non può giustificare l’eccessivo rigore nei giudizi indirizzati agli atleti azzurri. Paragoni anacronistici possono solo generare impietose quanto ingiuste critiche perché ogni atleta ha il suo personale percorso di crescita e maturazione. Gli scivoloni al primo turno di Musetti contro Harrys e di Berrettini contro Murray, hanno costretto i tifosi a riporre le speranze negli ultimi due azzurri rimasti, aspettative naufragate troppo precocemente con l’eliminazione di Sonego e infine di Sinner. Nei match che li hanno visti sconfitti, gli italiani hanno però perso tutti al quinto set, dopo lunghe e incerte maratone che lasciano un triste rammarico ma nessun rimpianto. Maggiore continuità, forse un pizzico di cinismo in più, tutto considerato non sono molti gli ingredienti mancanti ai nostri valorosi tennisti per fare il decisivo salto di qualità. Da parte dei tifosi occorre invece un po’ di pazienza, in fondo le premesse ci sono tutte, la volontà dei nostri prodi non manca e aggiungendo tanto impegno la promessa non potrà che trasformarsi in realtà.
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