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Roger Federer ha appena salutato il tennis. Si è ritirato, non lo vedremo più giocare. Ahia.
E in fondo, sì, tutti noi appassionati di questo sport che per 20 e passa anni lo abbiamo ammirato, amato, idolatrato, a volte persino detestato (l’odio è un sentimento, no?), un pò male stiamo adesso. Cioè, non da adesso. Diciamo da una settimana.
E’ stato molto curioso, a tratti bizzarro, dover spiegare in questi giorni a parenti e amici e colleghi di lavoro il perchè eri giù, del perchè eri proprio depresso, perchè si spuntavano i lacrimoni così. Sicuri che non avrebbero capito e sicuri di non sbagliare a pensarlo. Infatti. Vabbè.
La sua ultima partita Federer l’ha giocata (e persa ma chi se ne frega) in coppia con l’eterno amico-rivale Rafa Nadal, in mezzo agli avversari di sempre, Djokovic e Murray, tra lacrime di commozione e fragorosi applausi di gratitudine, alla O2 Arena di Londra, strapiena.
L’atto finale della sua avventura tennistica è terminato con l’abbraccio, lungo e intenso, dei 20mila presenti nel palazzetto di Greenwich, che hanno creato un’atmosfera di intensa partecipazione per l’uscita di scena del
maestro di Basilea.
Il meritato tributo al campione svizzero, che lascia il tennis agonistico dopo oltre 1200 match vinti, 103 titoli ATP, 20 Slam di cui otto volte Wimbledon. E ancora l’oro olimpico in doppio ai Giochi di Pechino, la Coppa Davis vinta a Lille nel 2014.
Onestamente, e con tutto il cuore, sperando di aver captato il sentimento popolare ma essendo abbastanza sicuri di averlo fatto, possiamo dire senza timore di smentita: speravamo de morì prima.
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