di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
Al Western & Southern Open di Cincinnati si stava disputando il match tra le tenniste russe Anna Kalinskaya e Anastasia Potapova, quando sugli spalti è comparsa una tifosa avvolta nella bandiera dell’Ucraina e con la testa cinta dal Vinok, la tradizionale corona di fiori
.Come riportato dal giornalista Ben Rothenberg sul proprio account Twitter, una delle due tenniste, (probabilmente la Potapova) si sarebbe lamentata col giudice di sedia, perché infastidita dalla presenza di quella bandiera interpretata come un fastidioso segno di protesta, richiedendone sostanzialmente la rimozione.
L’arbitro di sedia Morgane Lara ha consigliato alla spettatrice di non esporre la bandiera gialloblù per non turbare le due giocatrici, in considerazione della loro provenienza, ammonendo il gesto della tifosa come poco carino ed educato. Facendo riferimento alla guerra intrapresa dalla Russia in Ucraina, Lola, così si chiama la spettatrice ucraina, ha risposto a tono e ha evidenziato che l’unica cosa “poco carina” inerente alla vicenda riguardava proprio l’invasione di un Paese libero.
A questo punto si è reso necessario l’intervento di un addetto della sicurezza che ha invitato Lola a lasciare la tribuna o a riporre la bandiera in auto se desiderava continuare ad assistere all’incontro. Alcuni spettatori sono accorsi rapidamente in difesa di Lola, dicendo che non stava facendo nulla di sbagliato o tanto meno dicendo qualcosa di inappropriato. Era semplicemente seduta lì con la sua bandiera. A nulla sono valsi i richiami ai valori costituenti della tradizione liberale americana, l’addetto alla Security è rimasto impassibile. Alla fine Lola se n’è andata spontaneamente abbandonando l’impianto del Lindner Family Tennis Center tra le lacrime e il malumore del pubblico solidale. Ben presto la presa di posizione delle giocatrici russe e della giudice di sedia francese ha fatto il giro del mondo sollevando un vespaio di polemiche e di critiche.
L’ex tennista ucraino Alexandr Dolgopolov, impegnato al fronte in prima linea contro l’invasione russa, ha espresso tutto il suo disappunto sui propri profili social e ha sfidato in maniera diretta sia l’ATP che la WTA. “A tutte le persone che hanno ammirato il mio tennis e che hanno in programma di seguire dal vivo gli US Open, chiedo di portare ed esporre una bandiera dell’Ucraina in tutte le partite checoinvolgeranno tennisti russi e bielorussi” ha chiosato l’ex tennista. Per cercare di rimediare all’incidente diplomatico provocato dalla bandiera ucraina il capo della sicurezza del torneo ha cercato di metterci una pezza ma con indesiderati esiti tragicomici: la bandiera di Lola andava comunque rimossa perché non era regolare, ma troppo grande! “Secondo la policy del Western & Southern Open, come indicato sul sito Web del torneo, bandiere o striscioni più grandi di 18 x 18 pollici sono vietati” ha precisato l’organizzazione del torneo. Una maldestra giustificazione che fa sorridere amaramente in considerazione dell’irregolarità contestata e del formale rigore applicato alla bonaria provocazione pacifista di Lola. Bobby Kennedy sosteneva che ogni volta che un uomo difende un ideale, agisce per migliorare il destino degli altri mentre lottando contro un’ingiustizia trasmette una piccola onda di speranza. Se in linea di principio è facile propugnare valori e ideali sotto l’egida della libertà, spesso trasformarli in azioni è più complicato e rispettare i confini delle libertà individuali diventa un compito arduo e rischioso. In un periodo segnato da una guerra che è entrata prepotentemente non solo nelle nostre vite ma anche nello sport risuonano ancora vive e più che mai attuali le parole del presidente liberale Abraham Lincoln: “Dovremmo essere così grandi da non offendere e così nobili da non sentirci offesi.”