Che questa edizione di Wimbledon sarebbe stata perlomeno insolita lo si era intuito fin dalle premesse. La kermesse non ha tradito le aspettative riservando fino in fondo incredibili sorprese: per un curioso scherzo del destino nonostante i severi ban imposti la vincitrice femminile del torneo, Elena Rybakina, ha il passaporto kazako ma è nata a Mosca. Invece sul versante maschile ha raggiunto la finale il tennista più alternativo del circuito mondiale: l’istrionico Nick Kyrgios.
“E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio. Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo lo cambiano davvero.”Con questa frase si chiude un vecchio spot ideato nel lontano 1997 da una nota multinazionale statunitense produttrice di sistemi operativi e smartphone che ne fece il manifesto del “Think Different”: una campagna pubblicitaria dedicata ai ribelli, alle menti fuori dal comune, agli anticonformisti e agli scomodi, a tutti coloro che armati di personalissime visioni vanno controcorrente per provare a cambiare il mondo. Ancora oggi in un universo sempre più animato da perfetti automi in carne e ossa, l’estro e l’originalità stanno diventando merce rara.
Il mondo del tennis in verità è stato da sempre costellato di giocatori dai comportamenti poco ortodossi, capaci di sprecare un talento fenomenale in balia delle emozioni più istintive: basti pensare all’impetuoso Troiky o più di recente all’irrequieto Paire. In queste ultime settimane sui campi inglesi è toccato all’australiano Kyrgios portare avanti la tradizione dei tennisti geniali ma sregolati inaugurata da John McEnroe. Eppure una notevole differenza separa le celebri intemperanze dei due: mentre l’americano è riuscito a convivere col suo carattere difficile trasformando un punto debole in un punto di forza, il tennista australiano è tra quelli a cui la follia fa male perché non riuscendone a controllare gli eccessi, finisce solitamente col perdere. Sulle sregolatezze di Kyrgios potremmo dilungarci per giorni. Nick ama comportarsi da bad boy e ostentarne gli atteggiamenti più estremi. Il suo repertorio annovera di tutto: dagli insulti alle racchette spaccate, dalle polemiche sterili e feroci a un talento che lascia senza fiato. Un vero peccato che Nick finisca per collezionare più multe e squalifiche che trofei, ma forse le cose stanno cambiando. A Wimbledon il turbolento tennista “aussie” sembra aver trovato un nuovo equilibrio che lo ha fatto approdare alla finale. Solo al terzo turno contro il greco Tsitsipas si è rivisto a tratti il vecchio bad guy.
E pensare che i due si consideravano buoni amici fino a poco tempo fa! Invece sul campo dell’All England Court le impertinenti provocazioni di Nick hanno fatto uscire fuori dai gangheri Stefanos che lo ha accusato di comportarsi come un vero bullo. Malgrado il triste epilogo di una delle poche amicizie che Nick sembrava vantare nel circuito, il giocatore australiano ha già trovato il modo di consolarsi con un nuovo amico, fino a qualche tempo fa inimmaginabile. Nel corso della conferenza stampa di venerdì Kyrgios ha parlato del rapporto con Djokovic, avversario in finale. “In questo momento abbiamo una specie di bromance, è una cosa piuttosto strana. Tutti sanno che per un bel periodo non ci stavamo simpatici. Ma penso di essere stato l’unico giocatore a prendere le sue difese per quanto successo in Australia. E penso che lì ci siamo guadagnati il rispetto.” Non è dato sapere se anche Djokovic considera il suo rapporto con Kyrgios in termini di bromance (termine inglese composto da brother e romance, indicante una amicizia fraterna, ndr) ma da quando è iniziato il torneo londinese non ha mai lesinato complimenti al collega di Canberra e soprattutto non ha mai celato la riconoscenza per il supporto manifestato durante il periodo difficile patito a gennaio in Australia.
Adesso che la catarsi del ribelle Nick è ben avviata un personaggio fantasioso e mai banale come lui, al netto degli eccessi rabbiosi, può solo far bene al tennis. Qualcuno che pensa differente, oltre a divertire, è pura ricchezza. Forse Nick va solo compreso nella sua unicità, magari un po’ faticosa da decifrare perché imprevedibile e fuori dagli schemi esattamente come i suoi rocamboleschi tweener e gli irriverenti servizi da sotto.
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