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Il Barty Party è terminato, il tennis saluta una persona rara

Si spengono le luci, cala la musica, rimane l’emozione e la pelle d’oca per una serata memorabile ma sale l’amarezza perché, dentro di noi, sappiamo essere durato tutto troppo poco.

Ashleigh Barty ha detto addio al tennis, per la seconda e verosimilmente ultima volta. La ragazza di Ipswich, sobborgo di Brisbane, che ha realizzato tutti i suoi sogni nel cassetto uscendo dal guscio e diventando star globale, adesso volge lo sguardo a nuovi sogni da rincorrere.

È il ciclo della vita, ma se da un lato c’è il sincero cenno di affetto per una ragazza di nemmeno 26 anni che ha dimostrato già tempo fa di riuscire a vivere senza l’assillo del tennis e della sua frenetica routine, dall’altro c’è il grande rimpianto e magone per il vuoto che inevitabilmente finirà per lasciare nel tennis, soprattutto quello WTA dove era numero 1 praticamente incontrastata dall’autunno del 2019. La migliore leader che il tennis femminile abbia avuto dai tempi di Serena Williams. Non ci sarà stata la stessa percezione di dominio, ma Barty è stata la “prima da Serena Williams” sotto tanti aspetti, compreso il taglio delle 100 settimane da numero 1.

Giocatrici diverse, personalità diverse, ma il pregio dell’australiana è stato quello di riemergere dal baratro del primo ritiro e costruirsi un’immagine che col tempo è divenuta modello di tante colleghe. La ragazzina schiva, timida e di poche parole dei primissimi anni di carriera era poi sbocciata in una figura solida, inscalfibile, letale in campo ma estremamente umile e alla mano fuori. James Blake la elogiava durante la premiazione del torneo di Miami dello scorso anno con: “non ho mai visto una numero 1 come te”. Una parola chiara e onesta verso tutte le colleghe, una leader partita nello scetticismo iniziale ma che si era conquistata apprezzamenti da tantissime che ormai cominciavano a capirne forza e qualità partendo soprattutto dall’aspetto mentale che tanto ha voluto coltivare nel tempo. E poi quella tecnica, quello slice di rovescio, quel gioco così dannatamente bello da vedere. Tennis puro, esaltato tra angoli e geometrie come se ne vedevano sempre meno a livello WTA e che lei ha riportato lassù in alto.

Una ragazza di 165 centimetri capace di servire a velocità importanti e realizzare innumerevoli ace. Già questo basterebbe a renderla speciale, ma quella debolezza (chiamiamola così) sul rovescio che l’ha costretta a doversi reinventare con lo slice le ha dato le chiavi per l’immortalità sportiva. Nessuna come lei, nessuna capace di creare traiettorie con quel colpo così belle ed efficaci, fatti di tanti giochi di polso diversi. L’incubo più grande delle rivali, il cioccolatino più gustoso per il pubblico. Per reggere i ritmi del circuito attuale ha dovuto irrobustirsi parecchio nelle gambe, perché quel genere di tennis aveva bisogno di grande sacrificio e rincorse, ma vederla all’opera e capire alla lunga i suoi schemi era qualcosa di appassionante.

Lascia così da numero 1 del mondo per 121 settimane, la settima serie più lunga nella storia della WTA. Lascia da vincente, onore e privilegio che possono vantare in pochissimi. Generalmente un ritiro viene associato a una partita persa, a momenti duri, possibili lacrime. Barty ha potuto godere di una decisione maturata nel tempo e annunciata con addirittura un 11-0 tra vittorie e sconfitte nel 2022 col sigillo finale alla carriera che rimarrà nel passante di dritto con cui si è aggiudicata l’Australian Open, prima australiana a riuscirci dal 1978.

Nel video con Casey Dellacqua ha parlato di nuovi sogni e nuove avventure. Non si può che essere felici per la persona, con la sensazione che il 2021 sia stato un peso troppo grande per lei. Barty ha sempre voluto mettere come priorità la famiglia, casa sua, i suoi affetti più cari. Lei vive a stretto contatto con la sua comunità, è una che prima della pandemia voleva avere sempre un bilanciamento perfetto tra la sua attività e il tempo da spendere a casa. Il covid, da questo punto di vista, è stato forse la mazzata più grande: a causa delle stringenti regole australiane, e la quarantena eventuale al rientro, lo scorso anno ha dovuto spendere almeno otto mesi in giro per il mondo senza poter rientrare. Non era l’unica, certo, ma era forse l’unica ad aver sofferto in maniera particolare questo esilio forzato. Papà Barty, dopo che la figlia aveva vinto Wimbledon, disse una frase alla tv australiana: “Ash vorrebbe essere qui a casa con noi…”. Anche nel momento in cui realizzava il sogno di una vita, Robert sapeva che sua figlia avrebbe tanto voluto essere a casa e che la lontananza stava, evidentemente, giocando un ruolo pesante. Ash ha rivelato di aver cominciato a pensare al ritiro proprio dopo Wimbledon, e al di là del successo nel ‘1000’ di Cincinnati era apparsa nelle ultime uscite molto svuotata soprattutto mentalmente. Era la fine di un percorso che sembrava si limitasse al semplice 2021, invece nella sua testa c’era già altro.

Parlando del tennis, è dura. È veramente dura accettare di perdere una protagonista di questo calibro ad appena 25 anni. È una questione egoistica, ma lo sport aveva bisogno di un’ambasciatrice degna e invidiabile come Barty ancora per tanto tempo. Il tennis femminile, soprattutto, avrebbe avuto bisogno di una numero 1 così dopo anni di scossoni e discorsi da “questo Slam lo possono vincere in 15” come si sentiva nel triennio 2016/2018. Ashleigh, insieme a Naomi Osaka, stava guidando lo sport verso una nuova dimensione. Loro stavano ricostruendo un po’ i parametri di alto livello in cui ora con l’australiana al passo d’addio e la giapponese in affanno alla ricerca di se stessa vengono di nuovo rimessi in discussione. Questo torneo di Miami decreterà una nuova numero 1 che, al 99%, sarà Iga Swiatek a meno di clamorosi scenari in Florida. A livello di ranking Barty potrebbe rimanere ancora lassù per qualche settimana, non dovesse compilare i moduli per la cancellazione ufficiale del proprio nome (una formalità burocratica), ma da adesso in poi il tennis dovrà cominciare a ragionare senza di lei. Non sarà immediato, perché il vuoto che lascia è enorme e, egoisticamente, nessuno avrebbe voluto che questa storia potesse finire così presto. Dannatamente presto.

Lei è felice, si dice emozionata per quello che la vita le riserverà ora. Ha un matrimonio da organizzare, una famiglia da costruire, nuove avventure da vivere e sogni da rincorrere. È serena nel motivare la sua scelta, ha ottenuto tutto quello che voleva e sente di non avere più la spinta per andare oltre. Un’uscita di scena in pieno stile. Ha sempre dimostrato di poter stare senza l’assillo del tennis, ma può il tennis attuale privarsi di quel talento?

Diego Barbiani

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