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13 Feb 2022 18:40 - Commenti
L’azzardo di Sinner e la discesa veloce dei media dal carro Piatti
di Luigi Ansaloni
“Perchè a vent’anni è tutto ancora intero, perchè a vent’anni è tutto chi lo sa”, cantava quel maledetto genio di Francesco Guccini nella sua “Eskimo”, e come dargli torto, dopotutto?
Nessuno a quell’età è troppo maturo, razionale e prende le decisioni giuste (figurarsi…), dunque è sacrosanto lasciargli il beneficio del dubbio e di non criticarlo o applaudirlo troppo.
Jannik Sinner ha il diritto, forse anche il dovere, di prendere delle decisioni, giuste o sbagliate che siano, in merito alla sua vita e alla sua carriera, senza dover sentire troppo la pressione, di se stesso e degli altri.
Questo vale ovviamente nel voler non proseguire il suo rapporto con Riccardo Piatti, che l’ha scoperto e portato in top ten a soli vent’anni. Sono affari suoi, gli analisti possono (devono) fare considerazioni, per lavoro, idem i tifosi, ma la cosa finisce lì. Ad oggi, nessuno può dire se è una cosa saggia o meno. Lo dirà il tempo, il santo svelatore.
Piatti ha scoperto e allevato Sinner come fosse una sorta di Anakyn del tennis, un perfetto “Chosen one” che avrebbe finalmente potuto dargli lo slam, anello papale da allenatore che non è mai riuscito a conquistare con Ljubicic, con Raonic e così via.
Fino a poco tempo fa la domanda non era se Sinner avesse vinto un major, ma quanti ne avrebbe vinti. Ora le cose, forse, sono un pò cambiate. Nemmeno troppo a dire il vero, ma di sicuro qualche problemuccio c’è.
Certo, Sinner a vent’anni sarà anche un top ten ma è lampante che il gioco necessiti di urgenti interventi, soprattutto ai massimi livelli, come ha inequivocabilmente dimostrato Tsitsipas in Australia ad esempio.
Jannik è anche prevedibile nei suoi schemi, e adesso, inutile nasconderlo, c’è anche il timoredi vedersi sorpassare da giovani ancora più potenti e anche forse più talentuosi (vedi Alacaraz) che potrebbero sminuire l’appeal mediatico del nostro oltre che vincere slam prima di lui.
Anche la storia del “fenomeno” sta iniziando un pò a vacillare, così come la storia dei 20 anni, perchè chi segue il tennis da una vita (forse anche meno) sa che Sinner entro i confini italici è un qualcosa di mai visto, a livello di precocità, ma se si estende il campo al resto del mondo, proprio no, e non c’è nemmeno bisogno di scomodare i Djokovic e i Nadal, ma bastano anche gli Zverev e gli Tsitsipas.
Dunque, Jannik ha percepito, ha capito, che forse c’era bisogno di altro, qualcosa di diverso, per fargli fare l’ulteriore salto di qualità per giocarsela con i top 5, e che Piatti gli aveva dato tutto quello che poteva dargli. Giusto? sbagliato?
Piatti pare esigesse una schematicità di gioco che il giovane post-adolescente Sinner può avere alla fine mal sopportato. Il che però farebbe a cazzotti con la tesi, sostenuta da molti, che il giocatore avrebbe voluto Piatti al suo fianco sempre mentre Riccardo, si sa, già amava poco spostarsi quando aveva vent’anni di meno.
In più c’è la (falsa) credenza che Sinner sia uno freddo, calmo, pacato. Niente di più sbagliato. E’ sportivamente parlando un “rosicone”, non sopporta perdere, odia perdere, gode fisicamente quando vince, soffre terribilmente le sconfitte, non le concepisce. Come tutti i campioni, verrebbe da dire. Dunque, per diventare quello che tutti noi ci auguriamo, ha deciso che bisognava fare qualcosa.
Intanto Simone Vagnozzi coach, aspettando lo svedese Magnus Norman, autore del miracolo Wawrinka con 3 titoli slam come super coach. O Boris Becker, che pare sia stato avvicinato dal clan Sinner o lui ha avvicinato il clan Sinner, non si è ben capito, ma comunque un contatto c’è stato.
Jannik intanto si sta allenando a Monte Carlo con Vagnozzi, consideratissimo nell’ambiente e non esattamente uno sconosciuto ai più, tutt’altro: ha portato Cecchinato in semi al Roland Garros e al n.16 del mondo, ha ottenuto dei buoni risultati con Travaglia ed è cresciuto sotto l’ara di Sartori (l’uomo che segnalò Sinner a Piatti) quando Seppi era top 20 e batteva Federer in Australia nel 2015. Potrebbe rimanere solo Vagnozzi? Possibile, chissà.
Una considerazione finale pero’ la si deve fare, non tanto su Sinner ma sull’ambiente che lo circonda, quello dei tifosi e anche, duole dirlo, su molti addetti ai lavori. A fine 2021 Piatti era considerato una sorta di miracolo umano, un Rinus Michels del tennis, un uomo capace di trasformare l’acqua in vino.
Adesso c’è letteralmente la corsa a scendere dal suo carro, con Piatti trasformato in quello che in fondo in fondo non ha mai vinto uno slam come allenatore e che fa crescere i giocatori solo fino ad un certo punto. Estremamente ingeneroso, anche ingenuo per molti aspetti, oltre che totalmente non professionale. Ma si sa: l’opportunità e l’opportunismo sono cose e doti molto più remunerative della ragione. Peccato.