Caso Peng: Osaka e WTA censurati. Serena Williams: “Devastata”. Amnesty International accusa la Cina

“Where is Peng Shuai?”. La frase è ormai diventata un ritornello continuo, un tran tran che rimbalza da profilo in profilo tra i vari tennisti su Twitter e che sta sfondando le barriere dello sport.

A 16 giorni dalla pubblicazione del post della tennista cinese su Weibo e dalla sua sparizione pubblica, continuano a moltiplicarsi gli appelli e le voci. Gerard Pique, difensore del Barcellona con amici nel mondo del tennis e soprattutto “responsabile” della modifica al format della Coppa Davis, è stato il primo atleta di un altro sport a postare un tweet con la domanda che tutti ormai fanno alla ricerca di un aiuto.

Dove è Shuai Peng? Si è messa in campo anche Amnesty International, associazione internazionale per i diritti umani, che tramite la sua ricercatrice in Cina Doriane Lau dice: “Il governo cinese ha sistematicamente silenziato il movimento #MeToo. Considerando che ha anche zero tolleranza nei confronti della critica, è molto preoccupante che Shuai Peng sembra sia scomparsa dopo aver accusato un alto funzionario cinese di molestie sessuali. La recente mail di Peng dove informa che va tutto bene non deve essere presa come veritiera siccome la tv di stato in Cina ha una storia importante di comunicati forzati con minacce e torture, o semplicemente di fabbricazione. Queste preoccupazioni svaniranno solo quando si scoprirà che Shuai Peng sta bene. Mentre è difficile speculare sulle ragioni per la scomparsa di Peng, quello che è chiaro è che le sue accuse di molestie meritano un’indagine seria dalle autorità cinesi. Il caso di Shuai Peng enfatizza il trattamento contro le donne sopravvissute a molestie sessuali in Cina, le cui accuse vengono costantemente ignorate e silenziate”.

Serena Williams ha dedicato un importante tweet alla vicenda. Doveroso, visto che la cinese è sua collega, ma soprattutto perché quando si espone riesce a catalizzare un’attenzione enorme addosso e se il mondo del tennis vuol provare a tener viva la questione ha bisogno di questa spinta per gonfiarsi ancor di più. La 23-volte campionessa Slam dice: “Sono profondamente devastata e shockata nel sentire la notizia della mia compagna, Shuai Peng. Spero stia bene e la si possa ritrovare il prima possibile. Questo deve essere investigato e noi non dobbiamo rimanere in silenzio. Le mando tanto affetto, a lei, alla famiglia, durante questi momenti terribili”. La WTA, nel frattempo, ha ripreso l’immagine simbolo di questa campagna ribadendo una volta di più che non vuole scendere a patti con nessuno, anche se si tratta del paese che fornisce una porzione enorme di introiti ogni anno, ma vuole la verità su Peng

Non è facile, per nulla, essere nei panni dei dipendenti WTA ora. La Cina da diversi anni ormai era il centro geotennistico del loro calendario. Il miliardo di dollari per 10 anni del contratto con Shenzhen è un macigno enorme quanto il WTA 1000 (Mandatory) di Pechino e il WTA 1000 (non Mandatory) di Wuhan, più un’altra decina di tornei del circuito maggiore. La WTA è un’azienda, e quei soldi sono importanti per il bilancio e tutti i ragionamenti che un’azienda può fare. Eppure dopo due importanti comunicati contro l’atteggiamento del governo di Pechino ora continuano a marciare in cerca di una risposta anche a costo di arrivare all’opzione definitiva: interrompere i rapporti di lavoro come accennato dal CEO Steve Simon al New York Times.

Proprio la WTA, inoltre, per questo atteggiamento ha subito una censura sul social network cinese Weibo. Da ieri, infatti, non si può più cercare il profilo WTA sulla barra di ricerca, malgrado nei fatti il social al momento è rimasto in attività. Destino simile per Naomi Osaka, che ha visto la censura entrare in azione nei commenti sotto il suo ultimo post dove da ieri gli utenti le stavano scrivendo “grazie Naomi!” per essersi esposta su Twitter in favore della collega. Twitter, nel frattempo, rimane un fiume in piena con decine di addetti ai lavori che riempiono la portata di una campagna di solidarietà con pochi eguali a cui si devono aggiungere i comunicati di supporto alla WTA da parte della ITWA (il comitato internazionale dei giornalisti di tennis) e Tennis Canada, la federazione canadese.

Cominciano a muoversi anche le forze politiche. Prima un politico britannico, Stephen Kinnock, ha inviato una richiesta scritta al ministro degli esteri cinese per cercare di scardinare il muro alzato da Pechino. Lodevole negli intenti, più difficile arrivi a qualcosa. Ma è un inizio, ed è il punto fondamentale. In serata un parlamentare repubblicano statunitense dell’Indiana, Jim Banks, ha scritto direttamente al presidente degli Stati Uniti Joe Biden per spingere l’attuale amministrazione alla Casa Bianca ad aumentare la pressione sulla Cina e più o meno in contemporanea Biden, a specifica domanda su un possibile boicottaggio degli USA alle prossime Olimpiadi di Pechino nel febbraio 2022, ha risposto: “È qualcosa che stiamo considerando”. Non c’è stato, lì per lì, alcun accenno alla vicenda Peng, ma dopo due settimane si stanno muovendo i primi passi per forzare la mano col governo di Pechino.

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