20 anni di successi: il video tributo del mondo del tennis a Rafa Nadal
Che avrebbe vinto gliel’ho letto negli occhi, che sia pronto per la grande impresa, lo penso ormai da qualche tempo. Matteo mi diverte, e lo ringrazio per questo. Lo sport è vittoria e sconfitta, ma è anche divertimento. E dite, non è proprio la gioia di cui la Nazionale e Matteo si sono fatti portatori ciò che rende bello lo sport azzurro in Inghilterra, in queste giornate mai vissute prima? L’insegnamento mi viene dall’erba di Wimbledon, io che non sono mai stato erbivoro.
La prima volta che scesi sul Centre Court, in un’edizione dei Championships di tanti anni fa, fu grazie a Neale Fraser, australiano, campione già affermato. Era il giorno d’apertura, l’erba era pettinata come una diva. Camminai dietro Fraser, attento a poggiare i piedi sulle orme lasciate da lui. Prima di cominciare mi feci più vicino e gli sussurrai: «Guarda che bel campo, finiremo col rovinarlo tutto, giocandoci».
Neale mi sorrise, quasi paterno. «È una possibilità», mi rispose, «e allora sai che facciamo? Giochiamo la più bella partita che abbiano mai visto e facciamoli divertire come non hanno mai fatto. Sarà un modo per scusarci». Fu una frase che mi sono tenuto dentro. Tutto mi apparve chiaro… Perché fossi lì con una racchetta in mano, e perché avessi deciso di fare il tennista.
Non so se è vero, ma ho l’impressione che Matteo queste cose le sappia. Lo vedo che ha il gusto del bel punto, e sta diventando un vero interprete della smorzata. Ne ha fatte due all’amico Felix, nell’angolino sotto rete, da togliere il fiato. Ma ha colpi diversi dai miei, sì, anch’io ero più dritti che rovesci, ma lui va a velocità supersonica.
Non mi permetterei mai di dargli consigli, per quelli c’è coach Santopadre, bravissimo. Ma penso di sapere che cosa gli passa per la testa, quando gioca. Glielo leggo nello sguardo. E posso immaginare che cosa si sia aggrovigliato nei suoi pensieri quando il canadese l’ha agguantato nel secondo set, fino a riportare la sfida in parità, e quanta pazienza sia occorsa – con se stesso, soprattutto – per mantenere i nervi saldi, fare le cose giuste, cercare di evitare la fretta e attendere il momento buono per riprendere il comando del gioco. Matteo vi è riuscito sul finire del terzo set. Lì ha vinto la partita, dimostrando di essere un tennista compiuto, ormai adulto.
Per questo dico che Matteo è pronto. Un’impresa l’ha già firmata. La semifinale di Wimbledon è straordinaria. Può fare di più? Io dico di sì. Subito, ora, oppure fra dieci giorni o un mese. Chissà… Ha i modi giusti, non finisce di crescere, ha voglia di imparare, sempre. Smettete di sottovalutarlo. È un grande tennista, ed è pronto per farlo sapere a tutti.