Giù la maschera Monsieur Paire!

Noblesse oblige, ça va sans dire quando si tratta dell’irriverente Benoit Paire. Il tennista francese è sempre stato in bilico tra belle giocate e sanzioni salate per i comportamenti irriguardosi contro avversari, giudici di sedia e tifosi. Da un anno a questa parte però sta esagerando, pare averci preso gusto a enfatizzare atteggiamenti provocatori e sfrontati a ogni match.

Il controverso atleta francese curiosamente è passato dal distruggere racchette al disintegrare la propria immagine con una nonchalance che non può che lasciare perplessi. Impossibile non interrogarsi sui motivi che si agitano dietro le turbolente sceneggiate imbastite dall’atleta. Il barbuto Benoit forse patisce una sorta di cattività, non avignonese, ma pandemica. Il virus, le bolle, l’assenza di pubblico, avrebbero contribuito a far emergere i folli gesti.

A inizio carriera un giovane trasgressivo diverte, appare come una salutare boccata d’ossigeno nel mondo schematizzato e rigoroso dello sport. Dice e fa quello che pensa un esordiente Benoit Paire senza filtri: il suo motto è divertirsi a giocare a tennis. Eppure l’avignonese di stoffa ne ha molta, però difetta di costanza, di serietà negli allenamenti, di motivazione. Sostiene di esserne perfettamente consapevole, ma di non riuscire a sopportare una vita fatta di sacrifici. Meglio godersi l’esistenza tra una partita a golf e uno Spritz in discoteca piuttosto che vivere di solo tennis senza rilassarsi mai. Niente di male nel volersi divertire senza pensieri, ma vedendolo in campo tutto sembra tranne che un giovanotto sereno.

A scatti d’ira e moti nervosi nel tennis siamo abituati per la verità: impossibile non pensare subito all’irascibile McEnroe. Ma la grandezza del tennista americano è consistita nel saper gestire il suo carattere e trasformare un difetto in una peculiarità strepitosa e unica, oltre che vincente. Benoit Paire invece è afflitto  da una intemperanza prorompente e fuori controllo solitamente quando perde. Inizia così il siparietto delle bottigliette lanciate in campo, delle risse col giudice di sedia o delle foto col telefonino per una palla dubbia: il “mauvais garçon” sembra non rendersi conto di buttar via in modo plateale non solo le partite ma anche la sua professionalità, per non parlare della sua umanità. Per Benoit, che si definisce giocatore estroso e sensibile, il trovarsi a giocare in arene deserte gli impedirebbe di essere competitivo. Si sentirebbe come in allenamento, privo di motivazione ma con il paracadute di una classifica ATP congelata che gli consente un atterraggio morbido a ogni sconfitta. Per questo non gli importa di vincere in questo tennis trasformato dalla pandemia: niente affanni, nessuno stress ma solo il minimo sforzo per agguantare il montepremi e viaggiare per il mondo alloggiando in splendidi hotel. Gli va senza dubbio riconosciuto il merito di aver trovato il modo di evidenziare le incongruenze e i difetti del ranking ATP post Covid grazie all’imbarazzante eco delle sue impertinenze.  Peccato però per un talento che va comunque sprecato, sommerso da una emotività decisamente conflittuale. Perché non si tratta di quella pazzia stravagante ed eccentrica che fa sorridere, non è neppure la sfuriata vincente alla McEnroe, quello di Benoit è più l’atteggiamento folle di chi finisce solo per far del male a se stesso. Dopo il ritiro al challenger di Parma Benoit pare abbia iniziato un processo di autocritica: caduto in una sorta di provvido esame di coscienza si deve essere accorto di aver ampiamente superato il limite che separa le maschere gemelle della commedia e della tragedia. Anche al Roland Garros è uscito sconfitto al primo turno, abbandonato dallo sponsor che gli ha negato anche il brand sul completo ma osannato dai cori d’incitamento del pubblico parigino che durante il match non ha mai smesso di far sentire il suo tifo. Per asciugarsi le lacrime di commozione e ammirare il ritrovato pubblico sugli spalti Benoit dovrà necessariamente gettare la maschera e ricominciare solo a giocare. I tempi sono di certo maturi perché torni a interpretare l’esuberante tennista transalpino a cui siamo abituati ma senza le rabbiose caricature di questi ultimi tempi. La scelta circa il ruolo da rappresentare non dovrebbe essere difficile anche se nulla è più complicato della sincerità, parola di Luigi Pirandello.

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