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Chiamatela, se volete, la via di Matteo. Lunga, tortuosa, certamente costellata da continue prove di maturità dettate da uno status, quello di top-10, da sempre ossessione di tanti a portata di pochi. Alle volte addirittura sottostimata. Ma anche ricca di talento, tenacia e un tennis consapevole, che si compone giorno dopo giorno di nuove soluzioni a partire da solidi punti di forza.
Quello visto nella semifinale del Master 1000 di Madrid, contro lo specialista Casper Ruud, è stato il miglior Matteo Berrettini mai visto sulla terra battuta. Un assolo di acuti ad altissima intensità, dove il rendimento perfetto di servizio e diritto è stato impreziosito dalla solidità trovata con il rovescio e, soprattutto, la risposta, chiave di volta dei recenti risultati del capitolino. Il doppio 6-4 grazie al quale l’allievo di Santopadre ha regolato il norvegese, con cui aveva patito una cocente sconfitta negli ultimi Internazionali d’Italia, riassume meglio di molte parole il cinismo di Berrettini, bravo a convertire la grande mole di gioco prodotta
La prima finale 1000 è però anche un risultato figlio dell’atteggiamento di Matteo, top 10 nel braccio e nella testa: il modo in cui Berrettini ha fatto pesare la differenza di classifica ed esperienza ad alti livelli è stato lampante. E Ruud, giustiziere di Tsitsipas e semifinalista a Monte Carlo poche settimane fa, nulla ha potuto.
Contro Alexander Zverev, già vincitore del titolo su questi campi, sarà una finale aperta: il tedesco, che ha alle sue spalle gli scalpi di Rafa Nadal e Dominic Thiem, viene da giornate importanti ed una rinnovata serenità; i precedenti su questa superficie, entrambi disputati al Foro Italico, parlano però di una vittoria per parte. E con questo Berrettini si può davvero sognare.
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