[4] N. Osaka b. S. Rogers 6-3 6-4
[28] J. Brady b. [23] Y. Putintseva 6-3 6-2
Due anni dopo il primo exploit Slam, Naomi Osaka torna in semifinale allo US Open e lo fa con una prestazione solida, importante soprattutto perché ha dato seguito all’ottimo successo contro Anett Kontaveit nel turno precedente. La condizione, dopo ormai diverse partite, sembra in crescendo e la gestione del problema alla gamba sembra dare risposte positive perché tra i punti del suo gioco che stanno crescendo, almeno nelle ultime due uscite, c’è la mobilità lungo il campo. Molto leggera e rapida, anche nei cambi di direzione sembra fare tutto senza alcun rumore e riesce ad arrivare su palle anche ben giocate dalle avversarie.
Shelby Rogers, oggi, ha fatto una prestazione di tutto rispetto. Ha dimostrato senza problemi che questo quarto di finale Slam, per lei che navigava intorno all’ottantesima posizione mondiale (sarà numero 55 circa lunedì prossimo) non era un territorio ostile. Come Jennifer Brady, Rogers era data tra le statunitensi più in forma in assoluto all’inizio del torneo. Dietro non c’era solo la semifinale a Lexington di qualche settimana fa dove batté anche Serena Williams, ma soprattutto una condizione fisica che era probabilmente la migliore della sua carriera. Ed è un gran piacere ritrovarla così, perché come giocatrice è dovuta passare due anni fa per un grave infortunio al ginocchio con un decorso riabilitativo molto lungo e complesso. Aveva sentito qualcosa a Indian Wells 2018 durante un match contro Caroline Dolehide per scoprire poi che si trattava di una lesione della cartilagine. Un anno e poco più fuori, un rientro molto complicato e solo ora, post sospensione, sembra veramente tornata a giocare su livelli almeno da prime 50 del mondo, dove si trovava al momento dell’infortunio.
Stasera però pur mettendo in campo una prova coraggiosa e rimanendo molto lucida anche quando la situazione le era sfuggita di mano, non ha potuto che arrendersi alla qualità del gioco di Osaka che fin dai primi punti ha trovato un livello molto alto proseguendo così per i 79 minuti che sono valsi il 6-3 6-4 conclusivo. C’è stato solo un piccolo passaggio a vuoto della giapponese, quando sul 4-2 nel primo set e col break appena conquistato non ha chiuso un game da 40-15. Bravissima Rogers sulla risposta vincente per il 40-30 e poi nel prendersi la palla break spingendo col dritto verso l’incrociato. Sulla prima (e unica) palla break della sua partita Osaka non ha trovato l’ace per qualche centimetro e sulla seconda Shelby ha colpito un gran dritto per il punto del 3-4. Il momento però è stato molto breve, perché dopo il cambio campo la giapponese è ritornata molto forte cancellando la mini-serie di quattro punti con altrettanti suoi. Un mini-crescendo culminato con un rovescio lungolinea per lo 0-40 e un ottimo dritto a uscire dal centro del campo, in corsa, sul primo vero scambio prolungato della partita frutto di un’ottima coordinazione.
Chiuso il primo set, Rogers è sembrata avere un lieve calo nelle prime fasi del secondo parziale, andando a corrente un po’ più alternata tra vincenti ed errori. Il risultato è stato che il break è arrivato già al terzo game e dal 2-1 e servizio la numero 4 del seeding ha concesso un solo punto al servizio nei successivi quattro game. Giovedì, quasi sicuramente all’una del mattino in Italia, sarà in campo per la prima semifinale femminile di giornata contro l’ottima Jennifer Brady di questo 2020. La giocatrice della Pennsylvania è da inizio anno che sta mantenendo un livello molto elevato. A Brisbane, partendo dalle qualificazioni, è arrivata ai quarti di finale cogliendo anche il bel successo contro la prima top-10 in carriera (ed era la numero 1 WTA, Ashleigh Barty). Poi ha auto la chance di mandare in crisi Simona Halep al primo turno dell’Australian Open. A febbraio, di nuovo partendo dalle qualificazioni, ha ottenuto la prima semifinale in un torneo Premier a Dubai con vittorie contro due top-20 come Garbine Muguruza e Marketa Vondrousova e ora, dopo la pausa, ha ottenuto il primo titolo WTA a Lexington con la grande chance di uno US Open da mina vagante anche grazie alla testa di serie raccolta col risultato in Kentucky che le ha dato modo di evitare le big per i primi due turni.
Sia a Lexington che qui a Flushing Meadows “Jen” sta distruggendo le avversarie. Questi i punteggi dei due tornei: in Kentucky 6-2 6-1, 6-2 6-3, 6-1 6-2, 6-2 6-4, 6-3 6-4, a New York 6-2 6-3, 6-1 6-2, 6-3 6-3, 6-1 6-4, 6-3 6-2. L’ultima a cadere sotto le sue fucilate di dritto e i suoi servizi è stata Yulia Putintseva, che in conferenza stampa accennava a una giornata non troppo positiva per il suo tennis ma che non c’era nulla che potesse fare per evitare una sconfitta che con questo percorso di avvicinamento sembrava molto probabile. Brady, a 25 anni, sta raccogliendo i frutti di un lavoro importante con il coach tedesco Michael Geserer, ex di Julia Goerges, che si era messo in contatto con lei tramite Billy Heiser, allenatore di Alison Riske. I due non si conoscevano, lui non l’aveva mai vista giocare, ha visto qualche video su internet ed è salito su un aereo direzione Pechino per andare a seguirla nel primo torneo di prova. Due ore dopo il suo arrivo, il primo contatto su pullman che li portava al campo per le qualificazioni. Non solo Brady le passò, ma fece un figurone approdando agli ottavi di finale eliminando Amanda Anisimova e Madison Keys sempre da un set di ritardo.
L’ultima off season, spesa in Germania a Regensburg, ha portato in campo una Brady completamente nuova. Per lei, che proviene dall’universo college, questo è già l’anno più bello della sua carriera sportiva e la sensazione è che in quel quarto di tabellone dominato da Karolina Pliskova, lei fosse davvero la seconda con più chance di arrivare fino alla semifinale pur non avendo mai giocato nemmeno un quarto di finale. Però il momento è questo e lei sta dando lezioni a chiunque le capiti a tiro. In semifinale avrà uno degli scogli più complicati davanti a sé, ma la stessa Osaka è consapevole del grande stato di forma che fa bene, molto bene, a definirla una minaccia. Un match che sulla carta avrà una ovvia favorita, nella realtà potrebbe dire altro.
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