Rod Laver Arena, terzo e decisivo set di una durissima finale Slam, la prima della carriera di Sofia Kenin. Al servizio contro l’ex numero 1 del mondo e bi-campionessa in un Major Garbine Muguruza, e con tutto lo stadio che stava vedendo come la spagnola, più apprezzata, la statunitense è scivolata indietro 0-40.
A un passo da quello che poteva diventare l’inizio della sua fine (sportiva, di quella sera) e con una testa e un coraggio da grandissima, Kenin ha retto l’impatto con un clima in quel momento estremamente pro-Muguruza e punto dopo punto ha messo insieme 5 vincenti consecutivi. Già è difficile farlo in un’occasione qualunque, ma mettere a segno un filotto come quello in un appuntamento così importante è qualcosa che ha lasciato l’intera tribuna stampa di sasso, e che non solo ha “spento” il tifo per la sua avversaria ma con il passare dei punti, successivi, lo ha poi fatto diventare tifo per lei.
Kenin ha racchiuso due ore indimenticabili della sua vita in tre minuti di un misto tra coraggio e incoscienza. Ha vissuto una serata speciale, ma le grandi emozioni alla fine possono essere state concentrate tutte in quel frangente. E da quei tre minuti la sua vita cambierà. Non stiamo parlando solo di una questione tennistica, perché da ora lei non sarà più una “ragazzetta” di belle speranze ma una campionessa Slam (con tutti i meccanismi che si innescano), ma anche personale. Vincere uno Slam cambia tutto, per quanto potremmo forse dire che l’importanza di un evento simile sia ormai sproporzionata rispetto al calendario tennistico. Vincere un Australian Open è roba per pochissimi, è la porta che può aprire nuovi percorsi e orizzonti.
Kenin a dir la verità non è mai parsa quella che non credeva di poter arrivare qui. È stata considerata pochissimo dai media più importanti e ora la sua scalata al titolo qui è sembrata quasi “casuale”. Eppure era testa di serie numero 14 perché veniva da un anno di quasi 60 vittorie, tre titoli e tanti bei risultati di contorno come vittorie contro le big (Bianca Andreescu, Victoria Azarenka, Naomi Osaka, Serena Williams, Belinda Bencic…). Lei in conferenza stampa diceva che il momento decollo sia arrivato quando ha vinto il titolo di Hobart a inizio 2019, ma potremmo tornare a qualche mese prima. Anzitutto l’ultima fase di stagione del 2018 dove già metteva i bastoni tra le ruote alle top-20, poi il grandissimo weekend di Fed Cup contro la Repubblica Ceca a Praga: le statunitensi dovevano perdere 3-0 visto che tutte le big avevano dato forfait. Nella sua prima uscita in nazionale, Kenin perdeva dopo due ore e 45 minuti contro Barbora Strycova. Il giorno dopo perdeva in tre ore e 45 minuti contro Katerina Siniakova. Gli Stati Uniti, già solo per il suo orgoglio, meritavano quantomeno un punto. Il pubblico della O2 Arena, che aveva passato tutto il tempo a tifare per le proprie beniamine, le ha comunque dedicato un’ovazione importante quando è stata chiamata sul palco.
Kenin è così da sempre, pare. Almeno, papà Alex raccontava alla stampa che questo carattere quasi irriverente, a tratti conflittuale con se stessa, lo ha avuto dentro da sempre, sfruttando magari il dna russo che sembra tanto ben combaciare con queste storie. Alex voleva costruire un futuro migliore con la figlia, da qui la decisione di trasferirsi in Florida e far nascere Sofia a Mosca ma riportandola a casa poco dopo negli Stati Uniti “per sperare in un futuro migliore per i miei figli”. È stato anche divertente, quando venerdì fece conferenza stampa, sentirlo ammetterle che sente tantissimo le partite, che fa fatica a trattenere le proprie emozioni e si agita un po’ troppo: “Cerco di fare il mio lavoro, so di essere terribile per tante cose, però guardiamo avanti”. Mentre Sofia raccontava in conferenza stampa che la mamma addirittura non guarda le sue partite per la tanta tensione ed è capace di essere stressata anche guardando le differite pur sapendo il risultato.
Lei invece, ragazzina che farà 22 anni il 14 novembre, ha appena cambiato dimensione. Nell’ultimo periodo soprattutto suo padre si lamentava del fatto che non c’è mai stato qualcuno interessato a lei, ai suoi risultati, alla sua crescita (importante, ma soprattutto costante) mentre tutte le attenzioni erano riversate prima per le altre giovani tra cui, ovviamente, Coco Gauff. Nessuno ha mai tenuto veramente in considerazione Sofia per un grande risultato, tutti erano per le sue avversarie: l’intera Melbourne Arena, piena per l’occasione come poche altre volte, a urlare e sostenere Gauff qui al quarto turno; l’intera Rod Laver Arena per Ashleigh Barty nella semifinale; di nuovo la Rod Laver Arena schierata per Muguruza in finale. Con tre prove di testa, cuore e coraggio, Kenin ha ribaltato ogni pronostico. Con tre minuti di tennis emozionante, si è presa l’Australian Open e ha cambiato la sua vita.
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