Una sfida a tre al meglio dei due set per un solo scettro.
Si potrebbe riassumere così, con la concisione delle formule che aprono e chiudono una partita (“Ready? Play” e “Game, set, match”), l’ambizione di questa nuova fatica dell’editoria tennistica italiana.
D’altra parte, lo stesso titolo non ammette ricami: “Federer Nadal Djokovic – I dominatori del tennis”. Essenzialità che tanto piacerebbe a Rino Tommasi.
Curatori del libro sono Alessandro Mastroluca, voce e penna di SuperTennis nonché scrittore sportivo storico (da ricordare le sue opere su Arthur Ashe e su Denis Bergamini), e Andrea Pelliccia, autore per Absolutely Free di Quando C’era Paolo Valenti e Up & Under – Racconti di rugby.
Due direttori d’orchestra per sei voci/strumenti (più gli stessi Mastroluca e Pelliccia), che vanno a mettere ordine a un puzzle che da 16 anni circa aggiunge pezzi.
Federer non ha mai battuto Djokovic al quinto set, Nadal non ha mai battuto Djokovic in tre set in una finale Slam. Djokovic ha battuto Federer e Nadal in ogni major
Il libro, si diceva, gioca al meglio dei due set. Un nonsense, proprio come mettere in campo tre tennisti, che qui riesce bene. La prima parte, infatti, intitolata “la storia e le emozioni”, s’interessa di rivivere con gli occhi della soggettività e la mano dell’imparzialità anni e sfide che hanno dipinto il trittico. Nove capitoli/game di rivisitazione attraverso otto sguardi. Non semplici amarcord delle partite epocali, che comunque ovviamente non mancano, ma anche riflessioni che partono da aneddoti ben specifici.
Ad esempio Marco Mazzoni (0-15 Tennis Magazine, Livetennis, SuperTennis) svela un aneddoto riguardante la finale 2006 di Montecarlo. Partita che appartiene alla primissima fase della rivalità tra Federer e Nadal, quando le difficoltà dello svizzero contro lo spagnolo erano già evidenti ma non ancora consacrate. Prima dei due match point di Roma, prima di quasi tutto.
Prima, soprattutto, che lo scontro tra i due sulla terra battuta prendesse la forma della non rivalità, che ora dice 14 vittorie Nadal su 16 incontri. Quello era solo il secondo match sul rosso. Vi era quindi ancora la sensazione generale che l’allora n.1 incontrastato avrebbe da lì a poco preso le misure al furore fisico della giovanissima nemesi.
Nel computo di vittorie Slam dopo i 30, Federer è colui che ne ha vinti meno: 4, contro i 5 di Nadal e Djokovic
Ebbene, la mattina del domenica della finale Nadal si presentò per l’abituale riscaldamento pre-match. Sparring partner fu Benjamin Balleret, giocatore di casa che in quel torneo ebbe il suo momento di gloria raggiungendo il terzo turno, dove fu fermato proprio da Federer. Nadal massacrò il monegasco, incapace di reggere fisicamente i top spin esasperati dello spagnolo, il quale, terminato l’allenamento con avversario, si mise a rodare il servizio.
Va ricordato come il fondamentale di inizio gioco fosse un punto debole, per il Nadal dei primi anni. Non aveva la profondità, né la costanza del suo servizio attuale.
Rafa cominciò a esercitarsi, indirizzandoli tutti sul rovescio, il tendine d’Achille di Federer. Violenti, pieni di top spin, già pregustando il suo illustre avversario impazzire a cercare la spalla oltre l’altezza della spalla. Ma molti dei servizi non trovarono il campo.
Per una volta, Nadal non sembrò porsi il problema e si avviò verso il borsone delle racchette per uscire dal campo. Non lo avesse mai fatto! Un infuriato Toni lo richiamò all’ordine e, dopo un’animata discussione, Nadal tornò sulla linea di servizio, con tanto di cesto e palline. Toni non lo fece uscire dal campo fino a quando il nipote non inanellò una serie a suo giudizio insindacabile soddisfacente di prime.
Dettagli insignificanti per molti, ma non per i campioni e i loro allenatori. Come Marian Vajda. Il quale, come ricorda Mastroluca, accettò di rientrare alla guida dello staff di Novak Djokovic, nel 2018, solo a certe condizioni. Vajda disse a Nole di piantarla con la dieta vegana ortodossa e di reintrodurre proteine animali nella propria alimentazione. Gli disse, inoltre, che non avrebbe tollerato persone esterne capaci di influenzarlo negativamente. Gli fece capire insomma, in modo poco velato, che non avrebbe ammesso la figura del guru Pepe Imaz: “Quando vedi l’avversario non devi pensare a Buddha, ma a dove mandargli la palla”.
Se non manca occasione affinché venga ricordato quanto i “dominatori del tennis” hanno cambiato il tennis, viene molto meno sottolineato ed esplorato il modo in cui tale mondo sia cambiato a prescindere di quei tre e di come anzi quest’ultimi ne abbiano goduto i frutti.
In uno dei sette capitoli/game della seconda parte/set, intitolata “l’analisi delle rivalità”, ci si pone proprio questo quesito. Gabriele Ferrara sottolinea come il dominio, sia in campo che fuori, dei tre sia dovuto anche a fattori che lo hanno facilitato.
Federer ha il record di finali e semi Slam consecutive (10 e 23), Nadal è stato l’unico capace di issarsi al n.1 per tre decadi diverse, Djokovic è il solo ad avere vinto tutti gli Slam e Masters 1000
La nascita dell’obbligo di frequenza dei tornei più importanti, ad esempio, ha portato a una richiesta di efficienza psicofisica culminata nei Big Three, ma che ha trovato anche in altri grandi campioni del presente e recente passato una continuità di rendimento prima impensabile. Questo, ricorda Ferrara, è stato merito anche dell’accordo del 1999 tra ATP e ISL Worldwide, che garantì 1,2 miliardi di dollari in cambio della presenza assidua dei migliori giocatori.
Vi sono poi fattori discussi più volte, uno su tutti l’omologazione delle superfici, che hanno portato al fenomeno contemporaneo, sublimato in Federer, Nadal e Djokovic ma ben visibile nell’intero panorama.
In definitiva, “Federer Nadal Djokovic – I dominatori del tennis” non dà risposte, non può darle, se non quella tautologica del titolo. Quella del GOAT, lo dice già nell’introduzione, è un’ambizione che non si può definire, soprattutto in uno sport dalle molteplici variabili come il tennis (era amatoriale e professionistica, superfici e racchette con annessa evoluzione, ecc.). Non si può scegliere tra Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic, se non fermandosi al dato statistico che sono i tre giocatori più vincenti della storia del tennis maschile. Tutto il resto è squisito bar.
L’opera ha piuttosto il richiesto pregio di esplorare, portare chiarezza e non dare nulla per assodato. Visto l’argomento, nel corso degli anni diventato talmente ricco da disorientare, è un sigillo di qualità non trascurabile.
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