Milos Raonic è uno di quei tennisti che fanno parte di un generazione ‘perduta’: cioè degli ex giovani (tennisticamente parlando) che dagli inizi fino alla metà degli anni dieci avrebbero dovuto un po’ scalfire il dominio dei fenomeni, o almeno dire la loro. Non l’hanno detta, o perlomeno hanno detto poco. Infatti a parte qualche exploit (finale a Wimbledon nel 2016 e un altro paio di semifinali slam) il canadese non è riuscito ad incidere più di tanto: per via di lacune tecniche, mentali e fisiche. Riguardo a quest’ultime bisogna dire che Raonic è stato alquanto sfortunato perchè la sorte non gli ha risparmiato infortuni che a volte lo hanno costretto a non giocare o a disputare tornei in cattiva forma. Ormai nessuno si aspettava un suo ‘guizzo’; men che meno in un major, ma si sa l’Asutralian Open è lo slam delle sorprese (in realtà mica tanto, basta andare a vedere l’albo d’oro di questi ultimi 15 anni) e dunque dopo l’eliminazione di Shapovalov ecco un altro giovane di belle speranze che saluta anzitempo il paese dei canguri (e purtroppo adesso anche degli incendi) per mano appunto di un redivivo quasi trentenne oggi iuttosto ispirato.
Raonic viene definito da alcuni l’anti-tennis. Giudizio un po’ ingiusto: d’accordo, non ha la grazia di un Federer e tatticamente non è Napoleone. Ma bisogna dire che non è che ci siano chissà quanti raffinati esteti delle attuali racchette né tantomeno dei fini pensatori di una varietà e capacità di cambiare il proprio gioco a seconda delle circostanze. Valga come esempio proprio il match di ieri, con Tsitsipas che certo ha uno stile un po’ più ‘guardabile’ ma che non è riuscito a trovare mezza soluzione per mettere in difficoltà un tennista dal servizio e diritto esplosivo. Aggiungiamoci che Raonic è uno che almeno va a rete non poche volte, esigenza dovuta al fatto che per via del fisico pesante e dell’altezza, e alla fine non possiamo che congratularci con lui per la più che meritata vittoria contro l’ennesima delusione giovanile alla quale auguriamo comunque di riprendersi al più presto.
Così come auguriamo a Raonic, nonostante i suoi movimenti ricordino un orso che balla sul ghiaccio, una seconda giovinezza (e chissà, magari migliore della prima) non flagellata da malanni fisici e vissuta con una più forte condizione mentale.
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