Quando lo scorso ottobre era apparsa la notizia che Dominika Cibulkova avrebbe annunciato qualcosa del suo futuro il 12 di novembre alla conferenza stampa di presentazione della sua biografia (“Il tennis è la mia vita”), le voci di un ritiro dal tennis professionistico erano diventate sempre più concrete.
Non giocava più dal Roland Garros, scivolata ben oltre le prime 300 del mondo ma vittima di un ultimo anno e mezzo dove ha potuto fare veramente poco, l’ex numero 4 del mondo ha annunciato alla WTA la volontà di ritirarsi ad appena 30 anni. Il tendine d’Achille, problema che persisteva ormai da tempo, si è rivelato più forte di lei e le ha piano piano tolto ogni cenno di competitività da un corpo che ha sempre esploso ogni colpo e ogni passo sul campo da tennis con una carica seconda a pochissime.
Talvolta sopra le righe per le sue esultanze, ma mai davvero contro le avversarie in questi momenti. Correva e lasciava partire dritti e rovesci di grande qualità mentre era racchiusa in una bolla da dove non percepiva nulla di quanto accadeva all’esterno. Era lei, in un mondo tutto suo, immersa nella concentrazione del momento. E questa particolarità, elevata a una straordinaria attitudine e dedizione al lavoro, ha spinto questa ragazza di appena un metro e 60 a essere sempre una delle più pericolose dell’intero panorama femminile. Che fosse in finale alle WTA Finals o al primo turno di San Pietroburgo, Cibulkova dava l’anima per vincere. E spesso ha creato tantissimi problemi alle migliori pur ricevendo alcune sconfitte molto pesanti.
A Sydney nel 2013 giocò un ottimo torneo battendo tra le altre Angelique Kerber e Petra Kvitova, prima di perdere con un netto 6-0 6-0 Agnieszka Radwanska in finale. La stessa Radwanska che però ha segnato, in positivo, la sua carriera. Dallo 0-4 nei confronti diretti fino a quel punto, ha sbloccato la situazione nell’estate del 2013 vincendo il prezioso titolo a Stanford rientrando da un set di ritardo proprio contro la polacca. Vinse quel match, si lanciò a terra e il padre uscì dalle tribune per correre in campo e abbracciarla. Un po’ “oltre” il limite, ma quella vittoria è stato uno degli indicatori per cui la sua carriera. Si trovarono contro pochi mesi dopo nella semifinale dell’Australian Open e Cibulkova stravinse con un incredibile 6-1 6-2 per la prima finale di sempre di una slovacca a livello Slam. Non ci fu il lieto fine, perché di fronte a sé trovò una delle poche giocatrici in carriera che non riuscì mai a battere (Na Li), ma quel risultato ancora oggi è uno stemma da portare sul petto con grande orgoglio.
Quello, a cui si aggiungono la semifinale Slam al Roland Garros nel 2008 a 19 anni. I quarti di finale allo US Open 2009 e a Wimbledon nel 2010, rimontando Caroline Wozniacki 1-6 7-6 7-5 al quarto turno. Ha dovuto attendere diversi anni per il primo titolo, sempre sconfitta nelle prime 3 finali giocate, ma si sbloccò a Mosca nel 2011 in una partita rocambolesca contro Kaia Kanepi, vinta 3-6 7-6 7-5. Ne arriveranno altri sette, l’ultimo dei quali il capolavoro che è la vera ciliegina sulla torta della sua carriera: le WTA Finals del 2016. A Singapore ha realizzato il momento più forte e importante di tutta la sua avventura, rientrando nel torneo dopo le due sconfitte nelle prime partite del girone e poi resasi protagonista di partite straordinarie in successione contro Simona Halep, Svetlana Kuznetsova e Angelique Kerber nella prima occasione in cui ha battuto una numero 1 del mondo in carica.
Finalista Slam, finalista in un WTA Premier Mandatory (Madrid 2016), finalista in un Premier 5 (Wuhan 2016), protagonista di partite tra le più combattute e spettacolari contro le migliori, sempre consapevoli che una Cibulkova in condizione era una delle peggiori avversarie che potevano pescare. Soltanto Li, Serena Williams, Madison Keys, Naomi Osaka e Daniela Hantuchova sono state le avversarie affrontate più di 3 volte e in cui è sempre uscita sconfitta. Un picco al numero 4 del mondo in un anno, il 2017, che seguiva la lunga scia del 2016 dorato dopo un 2015, invece, di grandi problemi con l’intervento chirurgico al tallone che la vide poi precipitare nei pressi delle prime 70 del mondo.
Si era ripresa come meglio non poteva, seguita passo passo da Mateij Liptak, al suo fianco dal 2011 e con cui aveva costruito le sue fortune migliori. Ultima perla prima del ritiro: il titolo in doppio, in coppia con Kirsten Flipkens, a s’Hertogenbosch nel 2017. Non aveva mai vinto prima di allora nella categoria. Né a livello junior, né a livello ITF, né nel circuito maggiore. Potrà valere un’infinitesima parte dei vari riconoscimenti e premi ricevuti prima di quel giorno, ma è un altro tassello che va ad arricchire una carriera di cui tantissimi e tantissime dovrebbero elogiare.
Da bambina, quando viaggiava coi i suoi genitori tra Piestany (paese natale) e Bratislava (a pochi chilometri) alla ricerca di un circolo che le desse modo di giocare, sono stati in molti a dirle di “no”, di non provarci nemmeno. Troppo piccola, una statura che può vedere una su un milione emergere, figurarsi arrivare fin lassù tra le migliori in assoluto. Alla fine, Cibulkova ha messo insieme 8 titoli in 21 finali giocate, molte delle quali in tornei di grandissimo valore. Più i quarti di finale in tutti gli Slam e le semifinali al Roland Garros e all’Australian Open, lì dove ha giocato anche per un risultato che l’avrebbe portata ancor di più nella storia. Un tennis aggressivo affidato a due gambe instancabili, due motorini che viaggiavano a velocità mille e le davano modo di reggere le fatiche più grandi contro le avversarie più dure in circolazione. E per fare questo doveva spingersi a programmi di allenamento sempre estremamente intesi, con la off season in cui la vedeva per 6 settimane a fare un grande lavoro atletico tra il trekking sulle montagne in Slovacchia o percorsi lungo le ciclabili, unito a una fase di esercizio fisico che la vedeva sempre impegnata in ore e ore di preparazione ulteriore per poter poi essere quel “demonio” in campo votato allo spettacolo e alla battaglia.
Adesso, dopo 13 anni di grandi fatiche, anche lei può concedersi un meritato riposo. Buona vita Dominika, e buona fortuna nel tuo sogno di diventare mamma.
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