E quindi ci siamo, dopo tanta attesa e la fortunata parentesi di Cecchinato un italiano tornerà a giocare un match valido nientedimeno che per una finale di un torneo dello slam. Che questo capiti a New York è sorprendente fino ad un certo punto, se si considera la storia recente del torneo ha regalato finali a Anderson e del Potro e che è stata l’ultima a dare un vincitore diverso dai Fab 4, nel lontanissimo 2014.
E tutto sommato è anche la certificazione ulteriore del vuoto del tennis contemporaneo, aggrappato come un moribondo su quei tre che da quasi due decadi reggono sulle proprie spalle uno sport in chiara crisi di talenti. Berrettini è saltato fuori da quello che in fase di presentazione del torneo avevamo definito il quarto più interessante e se pure ci sono stati enormi meriti da parte del romano, non dovremmo passare sotto silenzio che i suoi avversari più forti hanno messo insieme una delusione dopo l’altra, partendo da Tsitsipas e Thiem fino ad arrivare a Kyrgios e Shapovalov.
Peggio per loro, come si appresterebbero a dire i commentatori italiani che per evitare discussioni preferiscono dimenticare questa banale considerazione, ma non è una bella cosa vendere tappeti ad un pubblico sin troppo preda di entusiasmi passeggeri, non foss’altro per non ridurci tutti quanti a tifosi invece che appassionati.
Detto quel che andava detto, tutti quanti possiamo passare ad occuparci della domanda che in questo momento aleggia sull’intero movimento tennistico tricolore: quante speranze ha Berrettini di evitare la figuraccia di Wimbledon? Cominciamo col dire che almeno non affronta il fuoriclasse nel suo terreno preferito. Per quanto questo scorcio di carriera gli abbia dato qualche soddisfazione in più sul duro, Nadal è naturalmente più a suo agio altrove.
La vittoria di Montrèal è arrivata anche grazie all’assenza di Djokovic e Federer e al terrore che si è impossessato di Medvedev una volta in finale. Ma era bastato un buon Fognini per mettere in seria difficoltà lo spagnolo, che è stato travolto per mezz’ora prima che qualche acciacco fisico e i soliti limiti di concentrazione dell’italiano gli lasciassero via libera.
A New York Rafa ha avuto un tabellone abbastanza agevole, incontrando avversari con caratteristiche tali da non potergli creare nessun tipo di preoccupazione. Del resto Millman, Chung e Schwartzman non hanno mai vinto contro Rafa, e Cilic, che potenzialmente era il pericolo maggiore, è avviato verso il declino, ed è già stato bravo a vincere un set.
Ecco, su quel set vinto da Cilic poggiano le speranze, poche o tante che siano, di Berrettini. Certo, Cilic ha poi pagato lo sforzo subendo un terribile parziale di nove game a zero, ma l’italiano è più giovane e più fresco sia fisicamente che mentalmente e c’è da augurarsi che lo scotto all’emozione l’abbia pagato a Church Road. Quindi servizio solido, aggressività immediata col dritto sia in risposta che nel primo colpo dopo il servizio, cercare di anticipare di rovescio e piedi attaccati alla riga per cercare di evitare di perdere campo. In buona sostanza si tratta di fare quanto fatto in questi dieci giorni col problema che dall’altra parte c’è un giocatore che non solo è più forte di quelli incontrati in precedenza – e che quindi non regalerà, come ha fatto Monfils, interi quarti d’ora di partita né crollerà nel finale infilando una quantità assurda di doppi falli – ma anche tatticamente perfetto.
Peccato che ci siano i contro. Berrettini avrà i problemi che per lustri hanno avuto gli avversari di Nadal, e cioè la diagonale sinistra, col rovescio, che è il colpo meno sicuro dell’italiano che finisce sulla terribile chele di Nadal.
Berrettini in questi ultimi due mesi ha usato moltissimo uno slice un po’ artigianale ma che riesce a giocare abbastanza lungo. Il problema è che in genere viene fuori lento e il rischio è che Nadal si accanisca su quel colpo provocando sconquassi. Forse è questa la chiave del match, perché se lo slice non sarà più che perfetto – nei limiti che può permettersi Berrettini, che rimane diverso da Federer – Nadal farà quello che vuole rendendo il match dell’italiano una specie di via crucis. Chiaramente rimane tutto nelle mani di Nadal, perché anche una condotta impeccabile del match non sarebbe sufficiente di fronte ad una giornata buona dello spagnolo, capace di addomesticare variazioni ben più complicate di quelle che può offrire Berrettini. Ma siamo sul cemento, c’è un giocatore di 33 anni contro uno di 23 e un ragazzo in fiducia. Se non si spera ora quando si dovrebbe farlo?
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