Roma nel bene e nel male: nel 2017 la città eterna ha dato il via all’ascesa di Alexander Zverev che dopo aver vinto il suo primo Master Mille si è stabilmente posizionato tra i primi dieci giocatori del mondo raggiungendo la terza posizione occupata fino a pochi giorni fa. E Roma adesso darà un duro colpo alla classifica del tedesco che, perdendo i 600 punti della finale dello scorso anno, rischia (in base anche ai risultati dei giocatori che lo seguono a breve distanza) di perdere altre due posizioni ritrovandosi numero sette, lontanissimo inoltre dagli otto che andranno a Londra.
Ma non è certo questo il problema principale di Zverev adesso. Dalla finale del torneo di Acapulco persa ai primi di marzo contro un Kyrgios particolarmente ispirato, Sascha ha subito otto sconfitte a fronte di solo sei vittorie e che significa tre batoste al primo turno, quattro al secondo e ai quarti di finale di Madrid battuto da Stefanos Tsitsipas. Fatta eccezione proprio del greco e di Fabio Fognini che lo ha superato a Montecarlo, due giocatori che quando esprimono il loro miglior tennis hanno le capacità di fare partita pari con chiunque, gli altri non dovrebbe nemmeno stargli vicini nel punteggio sperando di vincere la partita quando giocano contro di lui. Certo si tratta di ottimi giocatori che meritano grande rispetto (come tutti) ma che hanno una classifica ben lontana da quella del tedesco se si considera che il migliore del gruppo è il numero 33, Matteo Berrettini.
Ripercorrendo questi due mesi e mezzo disastrosi partiti con il virus che lo ha colpito a Indian Wells potrebbe essere facile dire adesso che il tedesco avrebbe dovuto fermarsi subito e curarsi. Da quel momento Sascha ha progressivamente perso fiducia in se stesso e l’intenzione di ritrovare la miglior condizione giocando partite su partite è stata la sua rovina. La fretta porta ansia e Zverev si è ritrovato a giocare contro due avversari: uno reale e l’altro interiore e molto più pericoloso perché si manifesta come una voce negativa e critica in cui sono presenti rabbia, paura e anche troppo perfezionismo.
Tutti hanno l’avversario interiore che si fa sentire al primo errore e chi è mentalmente fragile in quel momento per motivi che possono essere di qualsiasi natura come lo è adesso Zverev, sembra quasi che provi piacere ad ascoltarlo parlando e litigando con se stesso e con il proprio angolo. A Zverev succede questo in ogni partita e così facendo si riempie di dubbi e di paure che paralizzano la sua prestazione, la negatività aumenta e lo affossa. Si dice che a tennis non vince chi commette meno sbagli ma chi li accetta meglio psicologicamente. E forse proprio in questa semplice considerazione si annidano le risposte ai problemi di Zverev che si fa prendere sempre dallo scoraggiamento quando commette errori banali e questo atteggiamento lo porta in un vortice senza uscita. Sascha sembra incapace di ammettere con se stesso che anche lui come tutti può sbagliare, giocare male e perdere e non riesce a lasciare la sconfitta su quel campo portandosela dietro con le identiche modalità, in quello successivo e in quello dopo ancora. Basta guardarlo negli occhi i primi cinque minuti per capire che non ci crede e che non ci crederà e anche quando durante la partita prova a caricarsi non convince nessuno, tanto meno se stesso. Non è mancanza di umiltà o eccesso di presunzione ma qualcosa che si è insinuato nella sua mente annientandola: la paura. Superare le proprie paure deve essere l’unico obiettivo di Sascha Zverev adesso e riuscirci sarà la sua più grande vittoria.
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