Fognini b. Edmund 6-3 4-6 3-6 6-4 6-4 (Gianluca Atlante)
Ve lo ricordate Belfagor, il fantasma del Louvre?. Mille volti, tutti diversi, difficili da catalogare, da decifrare, da seguire. Come le partite di Fabio Fognini, a maggior ragione quelle negli Slam, dove la lunghezza dei match è un qualcosa che può aiutarti, a “soffocare” le pause, a farne tesoro per cercare di non allungarle oltremisura. Questa mattina, sul Suzanne Lenglen, il campo della memorabile sfida contro lo spagnolo Montanes, Fabio ha cambiato volto non una volta, ma due, tre e chissà quante, al proprio match contro il britannico Kyle Edmund. Ha giocato un grande primo set, poi sull’1-1 del secondo è andato in doccia anzitempo, lasciando via libera al suo avversario che, complice sedici punti consecutivi, si è portato in un amen 5-1. A questo punto, però, Fognini, libero da ogni pensiero, ha finito per prendere in “castagna” il suo avversario, convinto a quel punto di aver messo in cassaforte il parziale, ed invece anche Edmund si assentava sino a rimettere in gioco Fognini. Si andava al cambio di campo sul 5-4, ma qui il “medical timeout” chiesto dal clone di Jim Courier, finiva per danneggiare Fognini che, giocando molto male, consegnava nelle mani del suo avversario il set. E nel terzo set, coomplice un altro “medical timeout” (sul 3-2 per il suo avversario) e il timore che le caviglie fasciate potessero dire basta, Fognini lasciava via libera a Edmund, che all’ottavo gioco operava il break, prima di chiudere 6/3. Il nuovo Fognini, però, è giocatore che può anche scatenare la propria ira contro il povero attrezzo del mestiere, ma che non molla. Via di corsa 3-0 all’inizio del quarto set, per poi riaprire (3-3) al britannico e chiudere 6/4. E nel quinto l’esatta fotocopia di un finale da tutti sperato. Quello di un Fognini pronto a spingere su ogni palla, a giocare meglio, ma decisamente meglio rispetto a secondo e terzo set e, sul 5-4, a tirare fuori il game tanto agognato per mettere, per la seconda volta in carriera, le mani sugli ottavi di finale del Roland Garros: 6/3 4/6 3/6 6/4 6/4 in tre ore e trentaquattro minuti.
[10] S. Stephens b .C. Giorgi b. 4-6 6-1 8-6 (eddi)
Camila Giorgi ha perso un’altra grande opportunità per andare avanti in un torneo dello Slam. Due volte era andata a servire per il match ma le è forse mancata la serenità per riuscire a chiudere e l’avversaria non aspettava altro.
Dopo una partenza un po’ incerta, con il break subito al terzo game, Camila è riuscita a trovare la chiave in risposta. Troppo tenere le seconde della Stephens e alla Giorgi è bastato ridurre un po’ la velocità del colpo, acquistando così sicurezza, per prendere in mano lo scambio e chiuderlo con una certa rapidità. Era al servizio che restavano i problemi, perché se da destra lo slice esterno funzionava, da sinistra la Stephens riusciva a gestire lo scambio. Inoltre se la prima non entrava anche in questo caso erano dolori, perché la statunitense anche se non chiudeva rapidamente riusciva a manovrare senza affanni. Per fortuna il saldo era positivo e dopo un interminabile game di sedici punti Camila si presentava sul 5-4 al servizio dell’avversario. Una specie di vantaggio che la marchigiana sfruttava per chiudere il set alla prima occasione utile.
Nel secondo le cose dal punto di vista tattico cambiavano poco, ma la Giorgi diventava un po’ più imprecisa e soprattutto non riusciva più a difendere il servizio. Forse anche stanca più mentalmente che fisicamente, sullo 0-3 “pesante” Camila lasciava un po’ perdere il set, rimandando al terzo il redde rationen.
La scelta sembrava pagare perché, anche aiutata un po’ dalla fortuna, la Giorgi metteva la testa avanti in apertura di set. Nonostante i problemi al servizio continuassero per entrambe dopo che Stephens recueprava il break nel quarto game le due riuscivano in qualche modo a portarsi sul 4 pari. Qui di nuovo era Camila ad approfittare, con diversa rabbia agonistica, delle lentezze della Stephens e andava a servire una prima volta per il match sul 5-4. Peccato che inciampasse in un game disastroso che rimetteva in partita la statunitense. Ma di nuovo i servizi crollavano e Camila andava ancora a servire sul 6-5 senza riuscire a chiudere, nonostante questa volta due prime le regalavano due punti facili. Era chiaro che la partita a questo punto sarebbe stata vinta da chi per prima avrebbe tenuto nervi saldi e almeno un servizio e purtroppo era la Stephens che approfittava forse di una maggiore sicurezza. Tenuto il tredicesimo game la statunitense nion batteva ciglio su uno splendido rovescio lungolinea che portava Camila sul 30-15 e continuava ad allungare gli scambi. Era sufficiente, perché Camila tirava in rete un dritto e poi troppo lunghi i due successivi colpi. Davvero un peccato.
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