Liberi tutti nel maschile, in questo momento tante possibilità da cogliere

Del Potro e Isner con le loro vittorie hanno aperto una crisi, o semplicemente si sono impossessati di uno spazio/momento in cui chi nel tennis vuole prendersi qualcosa può approfittarne. Forse stiamo entrando in un periodo di transizione tra una generazione di campioni e un'altra come è già accaduto in passato.

Per anni abbiamo parlato dei FabFour in tutte le salse e probabilmente stiamo continuando a farlo anche se avremmo dovuto smettere da un pezzo. I FabFour, proprio come gli originali Beatles, ormai possiamo considerarli sciolti, ognuno per la sua strada. A confermare il tutto la decisione di Nadal di saltare il cemento e poi quella di Federer, di riflesso, di saltare la terra rossa. A memoria neanche torna alla mente l’ultimo torneo con tutti e quattro protagonisti allo stesso tempo magari ad occupare tutti e quattro gli spot nelle semifinali. Non torna immediatamente alla mente perché sono passati 7 anni per quanto riguarda uno Slam (Roland Garros 2011) e ben 9 anni dall’ultimo incrocio dei quattro in semifinale in un 1000 (Cincinnati 2009).

L’inizio di stagione poi, con i primi due 1000 dell’anno in particolare, ci ha consegnato due vincitori nuovi di zecca. Del Potro e Isner non avevano mai vinto un torneo di quel livello, e a sottolineare il valore dell’impresa basta scorrere l’albo d’oro e scoprire come il Sunshine Double solo nel lontano 2010 aveva avuto due vincitori diversi da Federer, Nadal, Djokovic o Murray, a riuscire nell’impresa la coppia Ljubicic-Roddick. Ma considerata l’età dei due neo-vincitori qualche considerazione sul momento storico del tennis maschile vale la pena farla.

Quei primi mesi di quasi otto anni fa furono un periodo di transizione, molto breve a dir la verità. Capitò così che Ivan ed Andy si ritrovarono rispettivamente campioni di Indian Wells e Miami approfittando dello “spazio lasciato libero” dopo un decennio di solo Fedal. Volendo forzare il concetto anche la vittoria a Flushing Meadows di del Potro, sul finire del 2009, potrebbe completare un tris aggiungendosi alle due vittorie mille della primavera che è seguita.
Furono mesi in cui passammo dall’indiscusso duopolio Federer-Nadal al periodo al dominio del solo Nadal e che arrivò fino alla trasformazione in cannibale di Djokovic che impose la propria tirannia, chiusa solo nella seconda metà del 2016 da Murray, o forse dall’appagamento per aver conquistato anceh il Roalnd Garros.

Basta tornare indietro ancora di un ulteriore decennio, primi anni 2000, per imbattersi in un altro periodo di transizione, quando a cedere il passo fu la generazione di Agassi e Sampras. Interessante però vedere come in questo periodo di transizione – molto più lungo e rivoluzionario di quello descritto poco fa – ad approfittarne, se vogliamo usare questo termine, furono in tanti e non si limitarono solo ad un paio di 1000. Ci furono in ballo anche titoli dello Slam, settimane al numero uno del ranking e notorietà acquisita presso i fans. Infatti molti dei giocatori che stiamo per citare sono ricordati molto affettuosamente dagli appassionati di tennis.

Cominciando dagli Slam abbiamo avuto la vittoria di Safin nel 2000 a New York e Johansson a Melbourne nel 2002. Costa, Ferrero e Gaudio al Roland Garros dal 2002 al 2004, infine Ivanisevic – da wild card – e Hewitt a Wimbledon nei due anni tra la fine del regno di Sampras e l’inizio di quello di Federer sui prati. A condire bene il tutto poi sono arrivati ben 5 nuovi numeri uno al mondo tra il 2000 e il 2004. Tutti e cinque non sono rimasti tantissimo al vertice, quattro di essi hanno tenuto la vetta per pochissimo: Safin, nove settimane in tutto; Kuerten, 43 nonostante fosse tendenzialmente uno specialista solo di terra; Ferrero, 8 settimane; Roddick, 13 solita sfortuna dello statunitense che anche qui si vide scippare il numero 1 da un certo Roger Federer. Unica eccezione, per durata di regno, Lleyton Hewitt che riuscì in totale a mantenersi ad alti livelli per tutto il periodo, ma in particolare per 80 settimane non consecutive fu numero uno al mondo, circa un anno e mezzo.

Non ricordiamo tutto ciò per semplice nostalgia, il motivo è che la fase in cui versa il tennis attuale sembra mostrarci nuovamente uno spazio lasciato libero. Potrebbe essere un preludio di nuovi anni chiamiamoli così di transizione, che forse sono già iniziati. Delpo e Isner vincono i mille in Nord America. Federer non riesce a difendere i punti conquistati sul cemento e cede la vetta. Nadal la riconquista senza giocare e probabilmente se la vedrà togliere allo stesso modo, non per meriti degli avversari vista la mole di punti che dovrà difendere e data anche la forma fisica su cui non sappiamo molto. Murray non tornerà prima di qualche mese e anche tornasse come ha fatto il coetaneo serbo – Djokovic – non sarà di certo un problema imminente e passeranno dei mesi affinché possa dire la sua, sempre che abbia ancora tennisticamente qualcosa da dire.

Queste sono le avvisaglie, ma ci sarà qualcuno che vorrà, ma soprattutto riuscirà, ad approfittarne? Momento più adatto negli ultimi 18 anni forse non c’è mai stato, vincere uno Slam adesso è davvero possibile – e senza fare le magie che ha dovuto inventare Stan Wawrinka nelle stagioni trascorse da poco – in più grazie ai punti che si guadagnerebbero da una vittoria Major si potrebbe fare un pensierino al numero uno del mondo.

Non parliamo certo di regni che durino anni, ma ripetere le comparsate in cima al ranking che abbiamo elencato poco fa si. I papabili sono i soliti nomi, che ormai forse si stanno bruciando per un eventuale radioso futuro. Dimitrov per primo, a cui segue Kyrgios da vicino. Marin Cilic sarebbe lì lì in questa finestra tra terra ed erba per conquistare miracolosamente la vetta. Tra coloro che invece sono ancora in tempo, anche per dominare più in là negli anni, troviamo Zverev, Shapovalov e ultimo arrivato Borna Coric. Tutti loro però potrebbero essere solo di passaggio nell’attesa che si facciano avanti dei nuovi futuri protagonisti, al momento sconosciuti, che segneranno gli anni a venire, o addirittura un decennio come lo fu per i campioni di cui ancora adesso scriviamo le stanche gesta.

Dalla stessa categoria