di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
17 Gen 2018 00:46 - Extra
L’Happy Slam tradito dal suo pubblico
Siamo nel 2018, dovremmo capire che l'ultima cosa da fare è sbeffeggiare una ragazza di 19 anni alla prima partita importante della carriera. Siamo degli immaturi, altroché parte dell'Happy Slam.
di Diego Barbiani
Qui a Melbourne sembra di stare in una vera isola felice, con ad esempio migliaia di comunità mescolate assieme. L’Australian Open è il fulcro della loro estate, a cui sono collegate una serie infinita di altre attività collaterali come l’enorme palco dove ogni giorno si esibiscono decine di artisti musicali, situato appena dopo il Tanderrum Bridge, gioiellino inaugurato lo scorso anno che permette a chiunque stia facendo una passeggiata lungo il parco che segue il corso del fiume Yarra di cambiare improvvisamente idea e di essere nel cuore di Melbourne Park in un paio di minuti per godersi un po’ di tennis e divertirsi lungo tutto l’impianto.
Lo chiamano “Happy Slam” perché l’aria che si respira ha tanto di gioioso, di allegro, di particolare, come se fosse tutto racchiuso in una bolla gigante e per almeno due settimane ci si isolasse da tutto quello intorno a noi. Eppure, per una volta, quella bolla si è rotta. Ieri sera, sulla Rod Laver Arena, c’è stata una partita di grandissima qualità. Uno di quei primi di cui ti dispiace profondamente che una delle due ragazze debba uscire perché sarebbe stata una grave perdita per il torneo: Ashleigh Barty e Aryna Sabalenka hanno giocato una grandissima partita, per tutto il tempo si continuava a guardare il tabellone sperando fosse uno scherzo, che questo fosse un quarto di finale. Invece, oltre ad essere stato il match d’esordio per entrambe, il bel gioco di tutte le due ore è passato in secondo piano a causa dell’atteggiamento della bielorussa: correttissima, ma per tutti colpevole di avere un verso troppo fastidioso nel momento in cui colpisce la palla.
Ci risiamo dunque, dopo Maria Sharapova e Victoria Azarenka il ciclo ricomincia e stavolta a finirci di mezzo, e in maniera anche piuttosto pesante, è la diciannovenne di Minsk. Brutto, davvero brutto il momento in cui da molti settori della Rod Laver Arena si è cominciato a sentire diversi appassionati imitare in segno di scherno il verso della tennista. Barty ha subito preso le distanze, mani sui fianchi e con la testa che scuoteva a destra e a sinistra in segno di totale disappunto. Da ragazza non particolarmente espressiva, questi sono i classici momenti che valgono più di mille parole.
Il verso che un atleta (o un’atleta, come in questo caso) fa quando colpisce è qualcosa di puramente naturale. Chiunque emette un suono, dal numero 1 del mondo all’ultimo dei non classificati. È qualcosa di istintivo perché permette al giocatore di respirare e prendere aria, altrimenti andrebbe in apnea dopo 30 secondi. Chiunque emette un “grunt” (come viene nominato da chi parla in inglese), uomo o donna che sia. Questo però per alcuni sembra non essere accettabile, soprattutto si è sempre fatto tanto rumore a riguardo per quanto riguarda il campo femminile, tra chi accusa le giocatrici di “vendere” sesso riproducendo versi particolari o chi semplicemente si diletta a registrare i decibel per poter poi far valere strane tesi, venendo bocciato alla prova di maturità finale.
Sabalenka è una ragazza con tante qualità, tra cui un tennis che è super aggressivo di natura, ma capita spesso di vederla esibirsi anche in soluzioni balistiche molto belle. Ieri sera c’erano passati chirurgici su approcci a rete di tutto rispetto dell’avversaria, che si trova benissimo con lo slice nel lato sinistro del corpo, come anche tocchi a rete che possono sorprendere vista la tendenza a colpire per spaccare la palla, come ad illudere che abbia pochissima sensibilità: la demivoleè giocata nel secondo set rimane tra i gesti più belli dell’intero incontro. Eppure il match verrà ricordato solo per questo
Rod Laver Arena's crowd starts to imitate Sabalenka's grunt. Barty not pleased at all. pic.twitter.com/H42RJxe5rq
— BreakPointBR (@BreakPointBR) January 16, 2018
A dar corda a questo movimento, che gli stessi giornali australiani questa mattina riportano come elemento dominante, alcuni tweet di ex giocatori che arrivavano addirittura a taggare la WTA per chiedere di agire contro questo problema. Todd Woodbridge è arrivato a dire che avrebbe cambiato canale, Pam Shriver che questa Sabalenka è in grado di fare 347 versi diversi, “che talento”. Tennis Sandgren, che al secondo turno affronterà Stan Wawrinka, ha twittato che stava provando fastidio lui per Barty. Siccome però il diavolo non è così brutto come lo si dipinge, il grunt di Aryna (sentito dallo stadio in prima persona) non è niente di così fastidioso. È un po’ più lungo del normale (semmai esista veramente una normalità in questa categoria), in alcuni momenti sparisce e in altri ritorna, ma se confrontiamo questo con tanti altri saremo capaci di comprendere meglio che se il suo può essere giudicato fastidioso perché vario e “feroce” in certi momenti, allora dovremmo farne entrare tanti altri: o tutti o nessuno, senza perderci in lunghi elenchi. Barty ha preso simbolicamente le distanze da tutto ciò, dicendo che era un po’ sorpresa nei primi game ma che si è subito abituata: “Se ci facciamo irritare da qualcosa di così piccolo, allora il problema è un altro. Molti giocatori, o giocatrici, fanno un verso quando colpiscono, altri non lo fanno. Per me non era affatto un problema, assolutamente. Ognuno si comporta in maniera diversa, ma ci si abitua”.
Siamo nel 2018, dovremmo imparare dalle esperienze, capire certi errori e realizzare che da esseri umani l’ultima cosa da fare è sbeffeggiare una ragazza di 19 anni alla prima partita importante della carriera. Siamo degli immaturi di prima classe, altroché parte dell’Happy Siam.