Che le piaccia proprio giocarci lo vedi dal sacrificio che mette nel recuperare palle poco recuperabili, il più delle volte. Nel non scoraggiarsi quando la prima non va e non va per più di dieci minuti. Nel colpire la palla con un lift maggiore pur di vincere quel punto in più.
Sul campo numero 3 di Wimbledon l’atmosfera è serena, c’è un venticello caldo che non ti pare vero, il sole sta svanendo e le campane di St Mary che si vede in lontananza su Church Road suonano a festa: qualche volta disturbano, qualche volta sono gradevoli.
Passano tanti aerei, si sentono le sirene, perché è uno di quei campi che sta proprio ai bordi del complesso e le auto che passano, i vip (ancora pochi) che escono dal Royal Box, i parcheggi, la gente già un po’ alticcia che passa e va, è tardi.
Camila Giorgi pare in trance, tra l’incitamento del papà e quello dei tanti fan italiani accorsi a vedere il suo match contro Madison Keys: si sa, Camila non si scompone mai. O se lo fa, non lo dà a vedere.
Però quello che vedi è bello: il timing naturale sulla palla, i piedi che si muovono a piccoli passi, perfetti per questa superficie, i colpi che non risparmiano velocità, le idee sempre molto chiare. Qualche volta si perde il lancio di palla, qualche volta è la Keys a prendere il tempo. Poco importa, la Giorgi è a Wimbledon e a lei piace così. Preferirebbe dominare, fare sempre e comunque il suo gioco ma se non è possibile pare pensare che ci sarà sempre un altro momento per farlo, un po’ più in là.
Madison arriva da un’operazione al polso (un’altra dopo quella post-Singapore) dopo Parigi per pulire in artroscopia: dice di non avere più dolore finalmente e probabilmente è così.
Alla Giorgi non importa: il tempo di un sorriso dopo l’ultimo punto in un terzo set dominato dopo i match point sprecati nel secondo, già pensa alla prossima. Non una qualunque, la neo Regina del Roland Garros. Con Jelena Ostapenko saranno botte. Ma non è affatto chiusa, anzi.
E’ Wimbledon, la sua erba. Il suo torneo. E’ la vera Camila Giorgi.
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