Discreto, gentile, occhi azzurri che gli ridono non appena accenna un sorriso. Franco Davín, allenatore di Fabio Fognini, è un tipo disponibile, pieno di amici che lo stimano e lo apprezzano, non solo per la sua carriera passata da tennista e per quella attuale da coach, ma perché è un ottimo amico. È infatti grazie a un’amicizia in comune, quella con Alejandro Quentin, che siamo riusciti a fare una piacevole chiacchierata con Franco che alla nostra richiesta di intervistarlo, non ha esitato rispondendo con un: «Claro que sì!».
I più giovani forse non sanno che Franco Davín, mancino, negli anni Novanta era fra i primi trenta della classifica mondiale. Ma ciò che ha segnato maggiormente la sua carriera è stato conoscere l’Italia.
Franco, vogliamo ricordare i momenti più importanti della tua carriera?
Il risultato più importante l’ho raggiunto al Roland Garros, arrivando ai quarti di finale. Ho anche vinto tre tornei ATP, il primo a Saint-Vincent nel 1989, poi nel 1990 gli Internazionali di Sicilia e per finire il Romanian Open nel 1994. I miei primi due tornei li ho vinti entrambi battendo lo spagnolo Juan Aguilera.
E sei stato anche capitano di Coppa Davis…
Sì, in un’unica occasione, contro il Cile, era il 1995 ma non andò bene.
Sappiamo però che consideri un altro il tuo traguardo più importante. Ce lo vuoi raccontare?
Nella mia carriera la cosa più bella è stata aver conosciuto l’Italia, essere cresciuto tra di voi. In quel periodo nel vostro Paese si giocavano tanti tornei juniores, tanti tornei ATP, il tennis rappresentava davvero una grande opportunità. Ho sfruttato molto il periodo trascorso in Italia che mi ha dato l’opportunità di crescere nel tennis, di conoscere tante persone, ho tanti amici che vedo ancora, una parte di me irrinunciabile. Poi il torneo di Salsomaggiore… Era bellissimo, mi è rimasto nel cuore.
Hai vissuto per un periodo della tua vita a Salsomaggiore, la “culla del tennis dei futuri campioni”?
Sì, a Salsomaggiore ho trascorso molto tempo, eravamo un “team” composto da due donne e due uomini, con noi c’era Perez Roldan. Gli organizzatori di Salsomaggiore, Tino Aliani e Luigi Cenci, ci hanno aiutato tanto. Lì, abbiamo giocato vari tornei a Taviano, Fidenza, nella stessa Salsomaggiore, un periodo della mia vita indimenticabile.
Un grande amore per l’Italia… Ma non è che hai origini italiane, magari venete?
No non le ho, ma è una domanda che mi facevano da quando ero piccolo, da quando giocavo i primi tornei. Mio padre è francese e mia madre spagnola.
Cos’altro ti piaceva dell’Italia che hai vissuto in quel periodo?
In quel periodo il calcio italiano era il massimo, il più bello del modo. C’erano giocatori come Maradona, Platini, Falcao, Zico, Cerezo… E quando andiamo a cena con Fabio, io e Max, il fisioterapista, gli raccontiamo del calcio anni Ottanta e di quanto fosse spettacolare. Fabio è troppo giovane, non lo può ricordare.
Fognini è il tuo attuale “pupillo”, prima però ne hai seguiti altri. Tutti campioni, o diventati campioni grazie al lavoro svolto con te…
Be’, loro hanno migliorato me e io credo di essere stato abbastanza importante per loro. Comunque, sì, sono stato fortunato con i miei allievi. Ci sono state vittorie importanti, due Slam, e grandi risultati in classifica, con due secondi posti. Il primo che ho seguito è stato Coria, poi per circa sette anni Gaston Gaudio che nel 2004 ha vinto il Roland Garros, una bella soddisfazione per entrambi.
Tu però sei ricordato soprattutto per essere stato lo storico allenatore di Juan Martin del Potro.
Eh sì, è vero, sono stato l’allenatore di del Potro per sette anni. Nel 2009 ha vinto lo US Open, battendo Federer che allora era numero uno. È stata una lunga partita, combattuta, durata quattro ore. Una grande soddisfazione per me e ovviamente per Juan Martin.
Come mai c’è stata la separazione da del Potro?
«Perché da due anni mi sono trasferito a Miami, ed era difficile continuare con Juan che stava sempre in Argentina».
Poi ti ha chiamato Fabio… Tu hai risposto senza esitare?
«Si ho risposto immediatamente, perché l’ho trovata un’ opportunità interessante, una bella sfida allenare Fabio».
Come hai impostato l’allenamento di Fognini visto che veniva da un periodo particolare?
«Sì, Fabio è arrivato da me dopo un anno un po’ strano, brutto direi… Si era infortunato, aveva preso qualche chilo, quindi dovevo riorganizzarlo con un programma mirato. Non sono stato solo io ad aiutarlo ma diverse cose che messe insieme lo hanno riportato sulla giusta strada. Devo dire che lui ha ci ha messo tantissimo impegno, ma credo che dovrà ancora metterne altrettanto per arrivare ai livelli che gli competono».
Talento e bizzarrie, Fabio è così… Cosa stai facendo per aiutarlo ad avere una maggiore costanza?
Innanzi tutto, io non lavoro da solo, ma con un “team” di persone formato da uno psicologo, un fisioterapista e un matematico. Con l’aiuto di tutti siamo riusciti a portarlo a un buon livello, ma dobbiamo continuare, insistere. Quello che dico sempre a Fabio è che la linea del “grafico” deve essere costante e in crescita, non deve essere altalenante. Fabio ha capito perfettamente, mi sta seguendo totalmente anche quando gli ho dovuto dire delle cose in maniera dura. Penso che nel mio lavoro, la cosa più importante sia la sincerità e dirsi sempre tutto con molta chiarezza, così si lavora bene.
Perché proprio l’aiuto di un matematico?
È una cosa che faccio da quando ero allenatore di del Potro. Grazie al matematico, posso analizzare la partita in tutte le sue parti. Non solo vedo come e quando Fabio fa degli errori o dei punti vincenti, allo stesso tempo faccio analizzare il suo avversario. Poi la statistica “fresca” non mi serve solo per la singola partita, ma la accumulo con tutte le altre per vedere su cosa e come migliorare, è un metodo che trovo molto utile.
Pensi che avere una moglie come Flavia Pennetta, ex-tennista con un carattere così speciale, lo stia aiutando?
Sicuramente… Flavia ha contribuito a dargli un maggiore equilibrio, soprattutto quella tranquillità che lo aiuta molto quando è in campo.
Fabio è diventato da poco papà, lo vedi cambiato? Sente molto la responsabilità?
Vedo Fabio contentissimo, a lui piacciono molto i bambini. Questa però è la fase in cui il “feeling” maggiore è tra la mamma e il bimbo. Comunque sono sicuro che sarà un bravissimo papà.
Tu che lo conosci meglio di chiunque altro, prova a descriverci l’altro Fognini, quello fuori dal campo di gioco. Com’è?
Una grande persona, ma la gente lo conosce solo quando sta in campo… È un ragazzo di indole buona, è divertente parlare con lui, è simpatico, in più ha una fantastica famiglia ed è molto piacevole trascorrere del tempo con loro. Sono molto contento della scelta che ho fatto.
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