2017, l’anno dei rientri e delle sorprese

Ad inizio stagione sarebbero state felici semplicemente tornando su un campo da tennis. Lunedì Magdalena Rybarikova e Petra Martic si contenderanno un posto ai quarti di finale a Wimbledon.

Infortuni, rientri, storie che si intrecciano, problemi personali, ostacoli e difficoltà. Vorremmo tenere il conto di quante volte abbiamo potuto raccontare la rivalsa di giocatrici che hanno vissuto momenti difficili e si sono rifatte a suon di risultati, tornando a sorridere grazie a vittorie che prima non riuscivano a trovare, grazie a motivazioni ulteriori che ricevevano.

Petra Kvitova è forse l’esempio più forte e più emozionante, soprattutto perché non fu neppure una sfortuna, un infortunio, ma una situazione completamente estranea e ben più pericolosa dell’aspetto sportivo. Però possiamo parlare di Timea Bacsinszky che ha lasciato il tennis per i troppi infortuni e i brutti rapporti col padre, frequentato una scuola alberghiera per aprire un ristorante, è tornata all’improvviso e vola al numero 9. Oppure possiamo dire di Anastasija Sevastova, rientrata ad inizio 2015 dopo un anno e mezzo di ritiro, partita dagli ITF 10.000 dollari ed arrivata vicina alla top-15 migliorando di 20 posizioni il best ranking precedente.

Stavolta la storia si fa per certi versi ancor più particolare, perché le protagoniste sono due, e si affronteranno lunedì in uno dei teatri dei sogni del torneo di tennis più bello, affascinante e importante dell’anno. Una tra Petra Martic e Magdalena Rybarikova sarà ai quarti di finale e, che ci crediate o no, non c’è alcuna cosa più meritocratica. Non hanno rubato il posto a nessuno, non hanno approfittato di alcun buco in tabellone.

Entrambe sono rientrate a 2017 già inoltrato, unendosi all’elenco dei tanti “comeback”, categoria dove Maria Sharapova, Petra Kvitova e Victoria Azarenka hanno monopolizzato l’attenzione. Rybarikova proveniva da due infortuni, di cui il più grave al polso. Martic aveva sofferto di ernia del disco poche settimane prima, al torneo ITF 100.000 dollari di ilkley, sempre su erba. La slovacca è stata ferma 8 mesi, rientrando in un ITF in Germania a febbraio. La croata due mesi in più, scegliendo come meta del rientro il resort a Santa Margherita di Pula, che ospita annualmente una lunga serie di ITF. La prima ha vinto 33 delle 38 partite in stagione, la seconda 27 delle 31 disputate. Un totale che fa impallidire, due risalite nel ranking che fanno sognare: 60 partite vinte su 69, il rientro di Martic tra le top-100 per la prima volta dall’aprile 2014, la posizione numero 35 (nella Race) per Rybarikova.

“Qualche mese fa ero già contenta di poter giocare ancora, ora addirittura posso dire di aver battuto Karolina Pliskova sul centrale di Wimbledon”. Era raggiante, Rybarikova, dopo il grande successo contro la ceca nel secondo turno di Wimbledon. L’ha mandata in confusione con un gioco irregolare, lento, veloce, fatto di slice e difese come di attacchi e servizi potenti. Karolina, che sull’erba farà sempre fatica a piegarsi più di tanto con quelle lunghe leve, ha cominciato a perdere progressivamente sicurezza e a sbagliare di più, trovandosi estremamente vulnerabile, e lì la slovacca nata nel 1988 a Piestany (stessa città dove, un anno dopo, sarebbe nata Dominika Cibulkova) ha così potuto aggiudicarsi la sedicesima vittoria su 17 partite in stagione su erba. Nessuna come lei. “A febbraio ero stata a Forlì per la Fed Cup: non ero in squadra, ma volevo passare del tempo con la squadra e dare il mio apporto. Mi hanno vista e quasi si sono meravigliati: era da tanto che non giocavo, avevo subito due interventi e qualcuno scherzando mi chiese se avessi ancora voglia di giocare”.

I primi problemi sono arrivati dopo il torneo di Indian Wells nel 2016, quando fece i quarti di finale. Dovette fermarsi qualche settimana prima di giocare un ITF a Trnava, vicino a casa, ma i dolori si facevano sempre più importanti e dopo Wimbledon la decisione dell’intervento chirurgico. La classifica al momento del rientro, nell’ITF 25.000 di Alterkirchen, non era male (n.200), ma quando le uscirono i 215 punti raccolti nel deserto californiano precipitò al 453. Tre mesi dopo era già in top-100, ancor prima di approdare al quarto turno di Wimbledon. Ora il suo ranking sarà (almeno) a pochi passi dalle prime 60 del mondo con la possibilità di entrare in top-50 con i quarti di finale. Già adesso è il miglior ranking da agosto 2015, ma la Race la vede addirittura al numero 36, risultato frutto di 4 titoli su 4 finali disputate (tutte a livello ITF). Quasi imbarazzanti i punteggi dei suoi match nei tornei ITF, dove raccoglieva vittorie concedendo pochissime volte più di 4 game a set.

Il tutto, in una settimana molto simbolica per la Slovacchia femminile: Daniela Hantuchova ha annunciato il ritiro (ormai nell’aria da un paio d’anni) e Dominika Cibulkova non ha confermato neppure i quarti di finale a Wimbledon, fallendo la terza delle tre pesanti cambiali finora affrontate. È vicino, inoltre, il crollo nel ranking di Kristina Kucova, che a breve perderà i punti della semifinale raccolta a Montreal e precipiterà fuori dalla top-100. Lei, che ha visto proprio in Hantuchova un idolo e che la vorrebbe ora come nuovo capitano di Fed Cup, non è più giovanissima e non pensa a questo momento come un cambio della guardia, ma rimane molto soddisfatta, rivelando che “se non fossi entrata in top-200 entro fine anno, allora sì avrei anche potuto smettere”.

Martic invece di ritirarsi non ha mai avuto voglia anche se la sua è stata una carriera che già prima dell’ernia sembrava ormai arenatasi in posizioni al di sotto di quanto meritasse. Avevamo imparato a conoscerla nel 2012 in un torneo, il Roland Garros, dove arrivò al quarto turno. Ragazza piuttosto alta, con un servizio stilisticamente perfetto dove inarca la schiena da farla sembrare una ginnasta e capace di slice rasoterra micidiali su queste superfici, da lì in avanti non si ripetè più. Non solo, tra problemi fisici e difficoltà sue passò agli annali nel 2014 come la giocatrice che vinse meno game negli Slam (due in tre tornei). Mancava il livello, mancava la fiducia nel team. La intervistammo, noi di Oktennis, a Stoccarda, nel 2015. Con molta sincerità rivelò alcuni dettagli di come aveva trascorso quei tre anni e della fiducia ritrovata grazie ad un allenatore che la seguiva senza sosta da un anno e mezzo. Poi i due dovettero interrompere il rapporto pochi mesi più tardi e la situazione, per la croata, tornò traballante.

Il ranking era il dettaglio più grave, all’inizio. Lo vedeva come un muro da scalare a mani nude, si preoccupava di dover fare determinati risultati per non crollare, ma senza libertà nella mente una volta uscita dalla top-100 nell’aprile 2014 si stabilizzò attorno alla centocinquantesima posizione. Ad inizio 2016 l’inizio del calvario con la schiena, appena dopo la trasferta in nord-america, e dopo l’ITF di Ilkley la decisione di fermarsi.

“Mi dissero che ci sarebbero voluti un paio di mesi, poi un mese in più, poi un mese in più… Stava diventando un incubo”. Quando arrivò la luce in fondo al tunnel, scelse come punto di ripartenza un’accademia molto speciale: la Waske-Schuttler, dove per lungo periodo si sono allenati Jurgen Melzer, Tommy Haas, Alexandra Panova, Andrea Petkovic e Angelique Kerber. Non sapeva una parola di tedesco, ma le persone si mostrarono talmente disponibili ad aiutarla che si innamorò del posto. Lì completò gli ultimi passi della riabilitazione e si rimise in marcia. Ad inizio aprile era numero 662 del mondo, tra 8 giorni sarà almeno numero 88 con la possibilità di essere in top-70 in caso di quarti di finale, classifica che non raggiunge da febbraio 2013.

Un recupero, il suo, che forse era anche meno atteso della slovacca viste tutte le difficoltà manifestate già prima del grave problema (un’ernia del disco): “Quel periodo è stato massacrante, ora mi sveglio al mattino e l’unico desiderio che ho è che la schiena stia bene”. Si è presa tutto in pochissimo tempo, con alcune vittorie molto significative: 7-6 6-7 7-6 a Maryna Zanevska nell’ultimo turno di qualificazioni del Roland Garros dopo oltre tre ore, due successi su altrettanti top-20 per approdare al primo ottavo Slam proprio dal Roland Garros 2012, quando tutti cominciarono a parlare di lei e le tolsero molta serenità. Adesso però è diverso, lo ha detto a Parigi e lo ha confermato a Wimbledon. Per approdare al main draw ha annullato 6 match point ad Aleksandra Krunic, una delle sue amiche più care, in un ultimo turno di qualificazioni che più crudele di così non poteva essere: 3-6 7-6(4) 7-5, rimontando da 2-5 nel set decisivo e completando tre game finali da 40 punti in totale. Poi il primo turno ai Championships, dove non vinceva dal 2013: 6-4 2-6 10-8 a Daria Gavrilova. Infine sabato, il 7-6(6) 6-1 a Zarina Diyas (anche lei rientrata, dopo 8 mesi di infortunio, in questo 2017) annullandole 3 set point.

Il più, per entrambe, è fatto. Mancano ancora quattro mesi per completare una stagione per diversi aspetti sopra le righe. Intanto, però, c’è l’appuntamento col destino: lunedì, una contro l’altra, Rybarikova contro Martic. Per chi vince si apriranno le porte dei primi quarti di finale Slam in carriera, nel tempio del tennis, nel teatro dei sogni di chi qualche mese fa vedeva una densa nuvola nera all’orizzonte e che ora, grazie ad un lavoro incredibile, sembra più luminoso che mai.

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