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16 Giu 2017 11:21 - Commenti
Il top player, l’infortunio, il fisioterapista
In un tennis sempre più ricco di tornei, gli infortuni sono all'ordine del giorno. Abbiamo intervistato un fisioterapista per capire il suo ruolo nella gestione di questi momenti con i giocatori.
di Matteo De Laurentis
Gli infortuni fanno sempre più parte del gioco probabilmente anche a causa del netto aumento di gare a cui gli atleti partecipano e anche all’ultimo Roland Garros abbiamo assistito a ritiri eccellenti di giocatori considerati nel loro picco di forma, su tutti Pablo Carreno Busta, autore di un’ottima stagione sulla terra battuta.
Si era parlato, qualche tempo fa, dell’importanza per un top player di saper gestire a livello psicologico il sopraggiungere di un infortunio e del ruolo fondamentale che può avere lo psicologo dello sport nell’approccio a questa delicata fase. Come è facile immaginare lo staff dei giocatori più forti è composto da più figure, anch’esse di pari importanza nella gestione del dolore e della pianificazione dei tempi di recupero. Infatti, se è vero che l’approccio mentale ad un momento così delicato riveste un ruolo di primo piano per far sì che l’atleta torni in campo al momento giusto e con le necessarie certezze sulle sue capacità di performance, è altrettanto vero che un blocco fondamentale di questo processo è nelle mani dei fisioterapisti e dei preparatori atletici, responsabili del lato puramente meccanico del fisico, gli unici in grado di affermare quando davvero un muscolo, un’articolazione, un legamento sono finalmente pronti ad affrontare nuovamente lo stress della competizione.
Siamo quindi andati a interrogare Alberto Chiodo, massofisioterapista professionista di Torino, specializzato nel seguire squadre e atleti individuali nel mantenimento o nel recupero della loro forma fisica, per capire il ruolo della sua figura nelle scelte dell’atleta infortunato.
Come si sostiene un atleta che si infortuna al top della sua prestazione dal punto di vista del fisioterapista?
Sicuramente, dal punto di vista fisioterapico, la condizione fisica ottimale è un grande aiuto per il recupero da un qualsiasi tipo di intervento ed infortunio.
L’optimum presuppone forza fisica, capacità coordinativa, elasticità e reattività muscolare, tutte abilità e capacità al massimo della propria espressione. Nel caso contrario il percorso riabilitativo potrebbe incontrare rallentamenti causati da altri piccoli infortuni “da sforzo”, modulato in modo non corretto, come affaticamenti o piccoli danni muscolari, oppure infiammazioni a carico dei tendini.
L’infortunio è una condizione in cui il corpo dell’atleta presenta un deficit funzionale. Nel caso in cui un’atleta dovesse presentarsi già inizialmente, quindi al momento dell’evento traumatico, con una carenza da un punto di vista strutturale o funzionale il percorso fisioterapico verrebbe sicuramente condizionato.
Gli effetti dell’infortunio potrebbero venire accentuati oppure lo stesso potrebbe andare a rompere un equilibrio precario costruitosi con il tempo, portando a fastidi o dolori nuovi, ma riconducibili a problemi presenti già da diverso tempo.
A volte un infortunio può andare a “scoprire un vaso di pandora” sopito o, quantomeno, gestito da tempo.
In più, gli effetti di una mancanza di equilibrio già presente non permette l’ottimizzazione del “gesto” volto alla riabilitazione del danno specifico, perché condizionato da una risposta non ottimale dell’atleta. Perciò sarà necessario creare un percorso ad hoc, che comprenda riabilitazione specifica e correzione o miglioramento di quanto necessario.
Nell’atleta al top della propria prestazione tutto questo non succede oppure si presenta in misura minore.
Inoltre lo sportivo che raggiunge il massimo delle proprie prestazioni, per poterci riuscire, deve avere una propensione particolare all’attenzione della propria risposta corporea. In fase riabilitativa è un grande aiuto.
Come lo si convince ad attendere tempi più lunghi rispetto ai suoi desideri ?
L’atleta vorrebbe sempre ritornare in campo ieri, ma sa che non è possibile. La motivazione principale per non anticipare il rientro all’attività è sempre il rischio di un secondo infortunio. In alcuni casi però subentrano altri fattori che possono portare a decisioni diverse: un obiettivo importante a breve e la cronicità di un infortunio.
Una gara, una partita o un evento particolarmente importante possono portare l’atleta a rischiare e tornare all’attività non al meglio della condizione. A quel punto il fisioterapista deve seguire l’andamento giornaliero ed integrare il proprio intervento con staff medico, tecnico e preparatore fisico.
Nel caso invece di infortuni cronici lo sportivo può stufarsi e decidere di tornare comunque all’attività. In realtà, dal punto di vista operativo, non varia molto l’intervento dal caso precedente.
In ogni caso è fondamentale la comunicazione ed il supporto tra i diversi professionisti che lavorano a stretto contatto con l’atleta per condivisione di percorso tecnico-fisico e per supporto morale, prospettando con chiarezza percorsi, rischi ed opportunità, in modo da riportare l’atleta nuovamente al miglior livello possibile.
Al momento del rientro la sua figura professionale come può rassicurare l’atleta, togliere l’eventuale paura di rifarsi male?
In questo caso è importante avere un percorso comune con staff tecnico, preparatore fisico, medico e psicologo.
Dal punto di vista fisioterapico il percorso di ritorno all’attività sportiva è una conquista quasi quotidiana di piccoli traguardi e superamento delle relative paure. È importante enfatizzarne il raggiungimento ed indicare subito quello successivo, avere un obiettivo preciso e far capire che è superabile.
È importante creare, dapprima in modo totalmente controllato e poi con l’aggiunta di variabili non controllabili da parte dell’atleta, circostanze che possano avvicinarsi a tutte le situazioni di stress fisico che verranno incontrate in campo. Successivamente, il rientro sarà graduale ed accompagnato da fisioterapia.
Al momento del ritorno all’attività agonistica ci sarà sempre paura di rifarsi male, anche se limitatamente, ma se durante il percorso riabilitativo sono state superate le differenti condizioni incontrollabili l’atleta non si troverà in territori inesplorati.
Dal punto di vista fisico, quali sono oggi i mezzi per accelerare i recuperi? In particolare su schiena/ polso /spalla?
Molto spesso il focus di intervento deve essere posto non solo sul distretto doloroso, ma anche sulle catene cinetiche che ne condizionano la funzionalità. Problemi al polso possono essere causati da tensioni a livello di spalla, problemi al gomito da orientamenti errati della testa dell’omero in funzione della scapola o da tensioni a livello di trapezio e schiena, e così via. È necessario considerare il corpo nella sua totalità. Spesso si sente dire “è tutto collegato”, è vero.
Esistono mezzi per velocizzare i tempi di recupero, ma non mezzi universali, semplicemente perché ogni caso è a sé stante e va valutato nel suo unicum. Ovviamente esiste una casistica, ma non è mai un bene applicare protocolli di intervento preimpostati e rigidi.
Sicuramente alcune terapie aiutano particolarmente. Si sta riscontrando molto beneficio dall’utilizzo della tens a livello cervicale e dallo scollamento muscolare, ad esempio di deltoide.
Molto utile, anche se per un periodo è stata considerata una tecnica controversa per remore mosse dalla WADA, è il PRP. Si tratta di infiltrazioni di plasma ricco di piastrine, derivato da sangue omologo, quindi proveniente dalla persona stessa. Si tratta di una tecnica molto utile a livello tendineo, soprattutto in casi di epicondiliti cronicizzate. Anche Nadal si è sottoposto a questo tipo di infiltrazioni. Tendenzialmente se ne ricorre per casi difficili da risolvere, dopo aver tentato altre strade.
La terapia strumentale è molto utile a livello tendineo e muscolare, però devono essere assolutamente integrate a terapia manuale e lavoro attivo e passivo in base alle necessità.
Se si accorge che il rientro è in anticipo rispetto al necessario, cosa fa?
In questo caso ne parlo assolutamente con il diretto interessato in primis e poi con il resto dello staff tecnico e preparatore fisico, se presente. Nelle società che hanno un team medico, tendenzialmente queste informazioni non vengono fornite direttamente dal fisioterapista, ma dal medico responsabile. In quel caso ne parlo con lui. Sicuramente faccio presente quali possono essere i rischi di un rientro anticipato. Nel caso venga deciso, dalla società o dall’atleta stesso, comunque per il ritorno all’attività agonistica fornisco il mio appoggio per diminuire il più possibile l’eventualità di ricadute o ulteriori infortuni.