Molto spesso il successo di un atleta è dovuto anche ai legami che stringe attorno a sé: più è tranquillo e più si fida dei componenti del suo team, più riesce a tirare fuori il meglio dal suo gioco. E quello che è successo a Jelena Ostapenko nel Roland Garros appena vinto, la prima giocatrice non testa di serie nell’Era Open dello Slam parigino a riuscire in questa impresa, che nei mesi sulla terra ha avuto l’apporto fondamentale di una persona come Anabel Medina Garrigues che si è unita a lei ed a sua mamma (che rimane tutt’ora la vera allenatrice ma usufruisce del supporto di giocatrici di grande esperienza, come già successo con Vera Dushevina nel 2016).
La spagnola, ringraziata pubblicamente già dopo la semifinale vinta contro Timea Bacsinszky, ha cominciato a lavorare con la lettone fin dal torneo di Stoccarda ed i risultati sono stati un crescendo continuo: qualificazioni passate in Germania, semifinale a Praga, qualificazioni passate anche a Roma con gli ottavi raggiunti ed i 3 set contro Garbine Muguruza, infine il clamoroso successo al Bois de Boulogne.
Medina Garrigues ha raccontato sul sito elespaniol.com un aneddoto riferito a pochi minuti prima della finale vinta contro Simona Halep dove fa capire molto bene come sia riuscita ad entrare in sintonia con la lettone, carattere non semplice come si evince dal racconto. Le due si sono ritrovate quella mattina sul campo per il warm up e quando la spagnola le ha chiesto come stava, si è sentita rispondere: “Non voglio parlare con nessuno”. A quel punto, l’esperienza da giocatrice di Medina Garrigues le ha fatto capire che doveva cambiare registro: “Sai cosa allora? Balliamo”.
“Le ho detto di mettere ‘Despacito’ e quando la canzone ha cominciato a suonare sul cellulare le ho chiesto di insegnarmi alcuni dei passi di danza che ha appreso dalle lezioni fatte in Lettonia fin da quando era piccola. Abbiamo cominciato a ballare, a sorridere e lei si è rilassata. Da quel momento lei ha cambiato atteggiamento e tutto è andato nel verso giusto. Le ho detto che non avrebbe dovuto dare troppa importanza a quella partita, perché altrimenti si sarebbe caricata di uno stress eccessivo e non è così che si affronta la finale di uno Slam. Le ho detto che doveva ancora giocare, che non aveva fatto nulla e che era come cominciare dall’inizio. Quando poi ha vinto ho sentito dentro di me tantissime emozioni, ho pianto. È stato come rivivere il mio successo qui in doppio, ho riavvertito la stessa gioia. Per me questo è un traguardo incredibile. Ho incontrato Marion Bartoli dopo il match che mi ha abbracciato e mi ha detto che questo rimarrà per tutta la vita. Da oggi, qualsiasi cosa accadrà, potrà dire di essere stata la coach di una campionessa del Roland Garros”.
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