Il paragone piacerà molto a Rafael Nadal, tifosissimo del Real Madrid che ha appena sollevato al cielo la dodicesima Champions League della sua storia, forse meno agli irriducibili sostenitori del tennis femminile e ai duri e puri ‘tennisofili’ che vedono il calcio come una barbarie che attrae solo uomini primitivi privi di intelletto.
Il Roland Garros appena concluso però e, in generale il panorama del tennis attuale, suggeriscono un paragone con il calcio italiano ed europeo.
In Serie A quest’anno sono state promosse Spal, Verona e Benevento. L’Hellas era una corazzata e la promozione era semplicemente il suo dovere, mentre i successi della squadra ferrarese e di quella sannita rappresentano due enormi sorprese. Soprattutto il Benevento, capace di fare un doppio salto dalla C alla A.
E negli ultimi anni le debuttanti al ballo della Serie A sono aumentate esponenzialmente: Sassuolo, Frosinone, Carpi, Crotone e ora Benevento. Senza dimenticare che nella stagione 2015/2016 arrivò alla finale Playoff il Trapani (battuto poi dal Pescara), una squadra che aveva conosciuto la Serie B per la prima volta solo nel 2013.
Con tutto il rispetto per le squadre sopra citate, è evidente che la serie cadetta (anche la Serie A, ma questo sarebbe un discorso a parte) sta soffrendo di un complessivo livellamento verso il basso, che favorisce le sorprese e la totale imprevedibilità dei risultati.
Vi ricorda qualcosa? Limitandoci alla sola prima parte del 2017, ed escludendo gli Australian Open vinti da Serena Williams, i tornei più importanti sono stato vinti contro pronostico da giocatrici di…seconda fascia, comprimarie, brave a sfruttare l’occasione: la Vesnina a Indian Wells, la Konta a Miami, la Siegemund a Stoccarda, la Svitolina a Roma e ora Jelena Ostapenko a Parigi.
La lettone molto probabilmente diventerà fortissima e ha meritato ampiamente il successo, ma resta significativo che una giocatrice con così tanti limiti tecnici (seconda di servizio molto incerta, diritto ballerino, gioco di volo assente…) abbia vinto uno Slam.
I restanti tornei della stagione rimangono senza pronostico. Più divertente? Forse, ma il tennis? La Halep, ‘eroina’ del gioco intelligente contrapposto a quelle delle picchiatrici, nella finale parigina non ha giocato mezza smorzata e non si è avvicinata alla rete manco ci fossero delle mine antiuomo nel rettangolo del servizio (e poi Simona, va bene le geometrie, ma tirare un vincente ogni tanto?).
Insomma, al netto della divertente finale, il tennis femminile continua a brancolare nel buio e vista la deriva tecnica, è difficile che si riveda presto una luce.
E dall’altra parte? Dall’altra parte abbiamo la Champions League. Un trofeo che ormai da quasi un decennio è affare solo di una ristretta elite di squadre ricchissime e fortissime che arrivano costantemente in fondo a giocarsi la coppa (le spagnole, il Bayern Monaco, la Juventus…), lasciando le briciole agli altri che sembrano lontani anni luce.
Con l’eccezione di Zverev a Roma, Slam e Masters 1000 continuano ad essere terreno di caccia di soli cinque giocatori: Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic, Andy Murray e Stan Wawrinka. Negli ultimi anni solo il miracolo di Cilic agli Us Open 2014 ha interrotto il dominio dei Fab… 5.
La tanto strombazzata Next Gen per ora continua a guardare col binocolo questi campioni, sia a livello di risultati, che di continuità, che di riscontro presso il grande pubblico.
Delle 30 finali Slam giocate tra il 2010 e il 2017, solo Soderling, Ferrer, Berdych, Raonic, Cilic e Nishikori, sono riusciti ad infilarsi tra i cinque mostri sacri. E tutti in una sola occasione. Attualmente pensare di vedere tra i maschietti uno Slam in mano al numero 47 del mondo (che per la cronaca al momento è il tedesco Jan-Lennard Struff) appare tanto probabile quanto vedere Federer giocare un rovescio a due mani.
Il dominio di Nadal nella deludentissima finale maschile non fa che confermare questa tesi, un po’ come quel Real Madrid che a Cardiff ha maltrattato la Juventus. Per i poveri mortali pensare di avvicinarsi al loro livello appare praticamente impossibile.
Ed è qui che casca l’asino: da una parte tanta imprevedibilità ma tennis scadente, dall’altra risultati prevedibili ma tennis (a volte) di qualità.
Qual è la soluzione? Nessuna. O forse solo attendere un ricambio generazionale che si sta dimenticando di arrivare.
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