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08 Mag 2017 13:06 - Extra
Sharapova contro Bouchard: a Madrid torna la sfida dei veleni
"Lei è un'imbrogliona" è solo la punta dell'iceberg di un rapporto fatto di frecciate ed insulti più o meno velati. Eppure la storia era cominciata con un tweet, due foto e tanti sorrisi, lo ricordate?
di Diego Barbiani
Quando ad Istanbul Eugenie Bouchard disse che non avrebbe più voluto rivedere Maria Sharapova in campo dopo la squalifica per doping di inizio 2016 perché “lei è un’imbrogliona e non penso che nessuno sport debba permettere ad una persona scorretta di poter rientrare, forse non si aspettava di trovarsela dall’altra parte della rete così presto.
Senza vittorie nel circuito WTA dal secondo turno dell’Australian Open contro Shuai Peng, la canadese a Madrid ha spezzato questa maledizione con un successo in tre set contro Alizé Cornet. Sharapova ha fatto lo stesso con Mirjana Lucic Baroni, materializzando dunque un incontro che mancava dai quarti di finale dell’Australian Open 2015 e che non ha quasi mai mancato di trascinare con sé strascichi di polemiche. E dire che nel 2013, quando Bouchard muoveva i primi passi nel circuito WTA, pubblicò due foto su Twittter in cui sembrava accettare di buon grado la presenza di Sharapova come sua avversaria
#throwbackthursday @MariaSharapova and I. 2002 & 2013. 🙂 pic.twitter.com/weSYglN6VT
— Genie Bouchard (@geniebouchard) March 8, 2013
La prima foto si rifà ad un incontro in Florida, alla IMG academy, quando la giovane Eugenie aveva appena 8 anni e Maria 15. La seconda 9 anni più tardi, durante un servizio fotografico fatto assieme per pubblicizzare i nuovi completi da tennis della Nike. La famosa azienza di abbigliamento, fiutando nella canadese una possibile e futura macchina da soldi, la mise sotto contratto fin da quando navigava a livello junior. Quell’incontro con Sharapova fu una sorta di “promozione” ai piani alti in termini di considerazione.
Era un periodo pieno di soddisfazioni per Bouchard, che in campo otteneva i primi risultati (quell’anno fece la prima finale WTA in carriera, ad Osaka, sconfitta da Samantha Stosur oltre al terzo turno di Wimbledon) e da fuori veniva sponsorizzata in maniera molto forte dal gran campo della WTA, la connazionale Stacey Allaster, che vedeva in quello sguardo coperto dalla visiera una possibile dominatrice degli anni a venire. Così l’ego crebbe a dismisura, favorito anche da alcuni tratti canonici da bella ragazza: bionda, sorriso ammiccante. Se poi ci uniamo il particolare che dopo la prima semifinale Slam, in Australia, fu chiamata a presentare le WTA Finals di Singapore assieme a Chris Evert (ed ancora era ben lontana dal pensare di accedervi, essendo appena entrata in top-20) creiamo una miscela esplosiva. Basti solo pensare a come finì (male, malissimo) il rapporto di amicizia che aveva instaurato anni prima con Laura Robson, che mentre vedeva la canadese scalare il ranking e prendersi tutta la fama del momento, era inerme sul letto di casa a fissare un tendine del polso sinistro che le impediva di allenarsi e la costrinse a perdere un anno e si sentì rivolgere frasi come “Laura non è un’amica. Una vera amica sarebbe felice dei tuoi successi ma non è stato così per lei che ha smesso di farsi sentire”.
A maggio del 2014 il terzo incontro con Sharapova, stavolta non più nei primi turni di un torneo ma in un match valevole per l’accesso alla finale del Roland Garros. La partita fu elettrica, con Bouchard che vinse il primo set e continuò una battaglia punto a punto fino a metà del terzo, quando la superiorità dell’avversaria venne fuori. E vennero fuori con esso i primi veleni, con Bouchard che dopo uno scambio si girò spalle alle rete per dire “shut the f**k up” (traducetela voi, non è difficile) alla rivale.
La stretta di mano, poi, fu glaciale.
Le belle parole spese per inquadrare le due come “amiche” o per rievocare lo scenario della giovane di belle speranze di fronte al suo idolo d’infanzia vennero subito spente da Bouchard, che a chi le diceva “vuoi essere la nuova Sharapova?” rispondeva “no, voglio essere la prima del mio genere”.
Terminato l’anno con le WTA Finals a Singapore, Bouchard ripartì nel 2015 senza Nick Saviano al suo fianco, il coach che la seguiva da 8 anni, ed a Melbourne arrivò un nuovo scontro con Sharapova, stavolta ai quarti di finale. Come già avvenuto nel 2014, la giovane canadese era seguita nel Victoria da una dozzina di fan molto vivaci, la Genie Army, che accompagnava le sue partite con canti e cori da stadio ogni partita. Si fece un gran parlare nelle conferenze stampa di quanto lei conoscesse queste persone e quale fosse il coro preferito. “Il mio preferito è “Genie is hot, hot, hot” sul ritmo di “Livin la vida””, e poi: “Se dovessi consigliare un coro? Ci stavo pensando perché vorrei qualcosa sulle note di Taylor Swift”.
Quella che sembrava una semplice particolarità della sua persona, l’avere un gruppo di appassionati così accesi e rumorosi al seguito, non deve essere piaciuta tanto a sua maestà. Sharapova, dopo averla spazzata via con un doppio 6-3, prese il pennarello e firmò la telecamera con una dedica molto piccata: “Fly high, sing your own song” (“vola alto, canta la tua canzone”). In conferenza stampa le chiesero il perché e lei all’inizio fece finta di nulla, celandosi dietro un “era la prima cosa che pensavo, alle volte voglio uscire dai canoni”. Quando poi le chiesero se le farebbe piacere avere dei tifosi come quelli della sua avversaria quel giorno, ecco che qualcosa si intuì: “No. Piuttosto preferisco scriverle e cantarle per conto mio”. Detta da Sharapova non può essere una frase banale, perché una delle sue caratteristiche è quella, quando vuole, di essere pungente come poche.
Dopo oltre due anni, di nuovo l’una contro l’altra, con un pre partita cominciato due settimane fa e quelle parole pungenti della canadese: “Lei è un’imbrogliona […] È scorretto nei confronti di ogni altro atleta che fa il proprio compito nella maniera migliore. La WTA manda un messaggio errato anche nei confronti delle giocatrici più giovani: lei è una scorretta, ma la riaccogliamo a braccia aperte. Alla fine quello che posso dire di lei è che non la vedo più come un idolo, questa cosa mi ha davvero infastidito”.
La russa già a Stoccarda aveva replicato con un sorriso ed un laconico: “I’m way above that”. Tradotto alla lettera: “Io sono ben al di sopra di quello”. Tradotto dal dizionario di Sharapova: “Dica quello che vuole, me ne importa zero”. Bouchard ha replicato: “Affrontare Sharapova ora dopo quello che è successo? È una motivazione in più per batterla”. Storia di due ragazze che non potranno mai condividere le stesse emozioni.