Bufera attorno a Margaret Court dopo nuovi attacchi contro i gay

Casey Dellacqua mostra una nota dove lei e la sua partner vengono prese di mira dalla campionessa australiana, che già nel 2012 dichiarò: "L'omosessualità è un abominio verso Dio".

Margaret Court torna a far parlare di sé dopo le frasi di cinque anni fa contro gli omosessuali le unioni dello stesso sesso, che diedero luogo a delle proteste durante l’edizione del 2012 degli Australian Open quando in molti si presentarono a Melbourne Park armati di una bandana color arcobaleno simbolo dell’uguaglianza civile.

La settantaquattrenne australiana, vincitrice di 24 Slam a cavallo tra l’era pre-professionismo e l’era Open, nel 1972 è passata da un credo cattolico ad uno cristiano evangelico ed ha costruito la Chiesa evangelica “Victory Life Center” di Perth nel 1990, di cui ora è pastore.

Court ha prima annunciato, tramite una breve nota apparsa giovedì su The West Australian, un quotidiano australiano, che non userà più la linea aerea Qantas perché diventata promotore dei matrimoni tra gay: “Sono dispiaciuta che Qantas sia diventata promotore dei matrimoni dello stesso sesso. Io credo nei matrimoni come unioni tra un uomo ed una donna, come scritto nella Bibbia. La vostra azione non mi lascia scelta che quella di usare altre compagnie aeree per i miei viaggi”.

La situazione era già pericolante, con tantissime proteste giunte direttamente alla sede di Tennis Australia per chiedere un gesto simbolico molto importante: una presa di posizione che portasse al cambio del nome del secondo campo per importanza di Melbourne Park, la Margaret Court Arena. Nella tarda serata di ieri, se possibile, il tutto è precipitato in maniera irreparabile. Si è creato un solco netto e probabilmente non più ricucibile tra tutte le giocatrici australiane attuali e la loro connazionale quando Casey Dellacqua, tennista molto famosa soprattutto in doppio, ha pubblicato su Twitter una nuova nota di Court su un quotidiano (di cui non si conosce il nome, ma che risalirebbe al 2013) ed una breve scritta: “Quando è troppo, è troppo”.

“L’articolo (Dellacqua dà il benvenuto al proprio figlio, del 29/08) giustamente celebra la nascita di un bambino. Noto con tristezza però che questo è stato privato di un padre”. Più avanti: “Le marce a favore di questa unione sono piene di minoranze che vanno contro il credo cristiano su cui si affidano numerose comunità. Una persona che è nata suo malgrado, senza esserne a conoscenza, senza un padre avrà sempre delle domande a proposito del suo passato. Non ho nulla contro Dellacqua e la sua “partner” (le virgolette su questa parola corrispondono a quanto effettivamente viene riportato, nda). Semplicemente voglio far valere i diritti della famiglia su quelli dell’individuo”.

Le colleghe e connazionali di Dellacqua si sono subito schierate a suo favore. Samantha Stosur è ritornata su Twitter dopo 6 mesi per riprendere il messaggio e scrivere: “Sono fiera di te, Casey”

Come lei, anche Daria Gavrilova ha condiviso il tweet ed aggiunto la scritta: “Ti voglio bene Casey”

Ashleigh Barty: “Quando è troppo, è troppo”

Nicole Pratt, allenatrice di Gavrilova ed impegnata come coach all’interno di Tennis Australia

Ed anche Rennae Stubbs, campionessa del passato che ora fa l’opinionista

Tennis Australia ieri mattina, quando ancora si registravano solo i commenti contro Qantas, aveva risposto così alle prime reazioni: “In qualità di leggenda del nostro sport, noi rispettiamo Margaret Court per i risultati sportivi raggiunti e per i record tutt’ora imbattuti. Le idee che propone sono personali e non in linea con quello che Tennis Australia pensa a proposito dei valori di uguaglianza”. Una presa di posizione, seppur limitata, da quello che stava succedendo. Dopo le frasi di ieri sono in tanti a volere che la Margaret Court Arena possa cambiare nome. Proprio quello stadio fu teatro del gesto di Laura Robson, nel 2012, si presentò con una fascia per capelli color arcobaleno, lo stesso usato da chi in quei giorni si opponeva a Court ed all’idea che “l’omosessualità è un abominio verso Dio”. “Non l’ho fatto per protesta – dirà poi la britannica in conferenza stampa – ma perché credo fermamente nell’uguaglianza”.

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