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16 Mag 2017 18:47 - Extra
Andy Murray e le cambiali “rosse”
Andy Murray ha moltissimi punti da difendere sul rosso e al momento, non sembra riuscirci. Stasera l'ostacolo Fognini, nel big match di oggi del Masters 1000 di Roma.
di Aldo Cutaia
3160 sono i punti guadagnati da Andy Murray lo scorso anno durante la stagione su terra battuta. Punti importanti che gli hanno dato la spinta necessaria a superare il rivale di una vita Novak Djokovic, in quel di Londra. Punti negli anni precedenti insperati dati i grossi problemi nel relazionarsi con questa superficie. Basti pensare allo scozzese, preda di Fabio Fognini in Coppa Davis nel 2014. Il 2015 è stato invece testimone di evidenti miglioramenti ed il 2016 ha definitivamente rotto l’incantesimo: Murray è ufficialmente un giocatore da terra, uno di quelli che non si può fare a meno di nominare quando si parla dei favoriti dei tornei maggiori. O almeno ne si era certi fino ad un mese fa. Lo scozzese, reduce da un opaco inizio di stagione, ha infatti stupito in negativo nelle sue recenti uscite.
I giochi si aprono a Montecarlo, dove agli ottavi di finale incontra Albert Ramos. Lo spagnolo è particolarmente ispirato in quel periodo, ma il primo set chiuso autorevolmente per 6-2 non lascia spazio a dubbi. Succede invece l’impensabile, ovvero Murray perde la bussola, non riuscendo più a comandare il gioco. Nonostante la grande differenza nella spinta di palla e soprattutto nella sensibilità del tocco, Andy è costretto a subire un 6-2 senza riuscire ad invertire la tendenza negativa. Facile pensare che nel nel set decisivo vengano fuori i reali valori dei due ed effettivamente lo scozzese sale senza troppi affanni sul 4-0. Tuttavia altro guasto, altri dubbi e Ramos gli scippa il match, chiudendo senza nemmeno aver bisogno del tiebreak. L’anno prima era stato un altro mancino spagnolo a dargli il benservito, ma si era trattato di Rafa Nadal, non proprio l’ultimo arrivato. E invece Ramos lo è, l’ultimo arrivato. Uno che perdendo al primo turno due volte di fila da testa di serie, non sorprende nessuno.
Murray allora aggiunge una tappa al suo calendario, prendendo parte al torneo di Barcellona. Rischia di perdere ancora con Ramos, ma stavolta la spunta principalmente di nervi, per poi ritrovarsi in semifinale di fronte ad un vero osso duro sul rosso, Dominic Thiem. La partita la perde in tre set combattuti, ma la sensazione costante è stata di vedere un tennista capace solo di difendersi. Thiem ha passato oltre due ore a scagliare Murray da una parte all’altra del campo, comandando praticamente sempre i tempi di gioco. La rapidità dello scorso anno sembra lontana per lo scozzese come anche l’aggressività in risposta.
L’ultimo tonfo a Madrid. La Caja Magica lo vede soccombere malamente al giovane Borna Coric, che spunta sempre quando lo scozzese è in difficoltà (Dubai 2015). È senza alcun dubbio la sconfitta più pesante per diversi motivi. Innanzitutto perché non può più valere l’attenuante del cambio di superficie. Murray gioca su terra già da parecchi giorni e non è credibile pensare che si debba ancora “abituare”. Banalmente per il punteggio, un eloquente 6-3 6-3, ed infine per la quantità di punti ATP persi. Ne difendeva 600 e né uscito con soli 90 in tasca. Non proprio una grande operazione di mercato.
Vero è, che la stagione terraiola non si è ancora conclusa, ma ormai siamo vicini all’atto finale, Roma e Parigi. 1000 punti in Italia e addirittura 1200 in Francia. L’esordio al Foro Italico non potrebbe essere più complicato, avendo lo scozzese pescato Fabio Fognini. L’azzurro ha tenuto le marce basse per avere facilmente ragione di Berrettini, ma soprattutto ha messo in grande difficoltà Rafa Nadal a Madrid. Il ligure è sempre cliente scomodo sul rosso ed affrontarlo al secondo turno non è il modo migliore per iniziare un torneo. Murray ha tre settimane di tempo per raddrizzare una stagione iniziata col piede sbagliato, tre settimane per ritrovarsi, o per tenersi pronto ad una futura abdicazione. Lo scozzese non può permettersi altri passi falsi, non solo per evitare di allungare un braccio a Djokovic (o a Federer?) in classifica, ma anche per non retrocedere allo status di giocatore a metà. Uno che “la terra proprio no”. Un numero 1 del mondo semplicemente non può.