Natasha Zvereva in molti la ricordano per la brillante carriera di doppista – specialità nella quale, soprattutto in coppia con Gigi Fernandez, ha conquistato 80 titoli in carriera, di cui 18 del Grande Slam – o per la finale del Roland Garros del 1988 quando, appena diciassettenne, rimediò dalla Steffi Graf dei record un doppio 6-0 in una partita durata appena 32 minuti.
Sempre contro Steffi Graf – in una rivalità che vedrà Graf vincente 20 volte su 21 e con il primo e unico successo di Zvereva che era arrivato soltanto nel 1998 a Wimbledon, nella loro terz’ultima sfida – al Family Circle Cup, il torneo che dal 2001 si gioca in questo periodo a Charleston ma che in precedenza aveva sede sempre nella Carolina del Sud ma a Hilton Head Island, Zvereva aveva subìto un’altra bruciante sconfitta, raccogliendo appena due game, uno per set.
Quella partita non passerà agli annali certo per il risultato o per lo spettacolo, ma resta impressa nella nostra memoria per il gesto di ribellione che Natasha (all’epoca Natalia nella versione russa del suo nome), a dispetto del suo carattere dimesso, aveva opposto alla sua federazione, che tratteneva la quasi totalità dei premi vinti dai propri atleti. Zvereva infatti gelò il pubblico statunitense dichiarando che per lei quell’assegno era carta straccia. Ed il gesto non restò una semplice dichiarazione, quando poco dopo la tennista firmò un contratto per la gestione dei propri guadagni con un’agenzia statunitense. Una battaglia verso il potere sovietico che di lì a poco perderà però la sua ragione di esistere, causa la crisi del comunismo e la conseguente disgregazione dell’Unione Sovietica.
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