di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
28 Mar 2017 15:31 - Commenti
Kyrgios o dell’impossibilità di essere considerato normale
A Miami una prestazione impeccabile di Nick Kyrgios. Non basterà a far placare inutili polemiche.
di Roberto Salerno
Quattro errori gratuiti. 4. Due doppi falli, un dritto steccato, un passante di rovescio un po’ troppo largo. In una partita che è durata circa due ore e mezza fanno un errore ogni 40 minuti. Cronisti più o meno colti non si peritano di citare il povero Manzoni e il suo cielo di Lombardia per raccontare di qualcuno che potrebbe essere e invece chissà. E Nick si presta, eccome se si presta. In attesa che ci spieghi se sarà lui il nuovo dominatore del tennis a cavallo degli anni ’20, non si può che dire che il suo tennis, quando è bello, non è solo bello, come appunto il cielo manzoniano, ma di una perfezione sconosciuta. Il meraviglioso rovescio piatto, sempre vicinissimo alla rete, il servizio che ha avvilito Djokovic fino a consigliargli una pausa, il dritto come colpo debole – e infatti una volta l’ha steccato… – insomma un campionario di colpi come nessuno, in questo momento, può vantare (va bene, nessuno che abbia meno di 35 anni). Solo che ai pensosi cronisti e anziani commentatori questo basta a giorni alterni. Se vince eccolo lì ad esaltare e addirittura esultare come ragazzini al primo articolo; se perde eccolo ridotto al ruolo di Fognini qualsiasi, al pigrissimo mantra del “sarebbe forte ma quella testa…”.
Eppure quest’anno Kyrgios è stato quasi regolare. Certo, pesa l’incredibile sconfitta di Melbourne contro Seppi ma ne sono successe talmente tante di cose strane in Australia, che questa di Nick tutto sommato non è neanche stata la più clamorosa. E invece depone a suo favore anche la maturità che gli ha consigliato di fermarsi dopo il secondo successo in pochi giorni contro Djokovic. Che poi la sconfitta contro Querrey ad Acapulco non era la solita ricaduta nel viziaccio dell’appagamento prematuro dopo la grande vittoria, a meno di non voler considerare vittima della stessa sindrome persino Rafa. Succede che trovi l’avversario ispirato, anche se succede meno che tu decida di dargli una mano. Però anche in questo caso Nick ha mostrato di aver capito qualcosa, visto che subito dopo ha raccontato di quanto invidi proprio Nadal, e la sua incredibile capacità di giocare ogni punto come se fosse l’ultimo.
Adesso Miami è una delle sue tante occasioni e Goffin sembra fatto apposta per vedere a che punto sono i progressi di un giocatore forte come davvero pochi. Se perderà arriveranno le finte contrizioni di chi vuole, ci mancherebbe, solo il suo bene, confortato dal parere di una maggioranza che esiste solo nella propria testa. Se vince magari si metterà in evidenza che Goffin in fondo non è tutta questa gran cosa e che sì, bravo a fare pochi errori, ma se servi e l’altro non risponde è più facile. Ai quarti di finale avrà uno tra Wawrinka e l’altro golden boy, Alexander Zverev, più sfrontato di lui, che forse vincerà più di lui, ma che non è bravo quanto lui. E, se quel vecchio fuoriclasse tiene, sabato forse capiremo come sarebbe finito Indian Wells con un’alimentazione diversa.
Vada come vada, nessuno può sapere cosa succederà e che tipo di carriera deciderà di avere Nicholas Hilmy Kyrgios ma credeteci: sarà lui a deciderlo.