“Siamo figli delle stelle, pronipoti di sua maestà il denaro”, era il 1981 quando un Franco Battiato decisamente ispirato sintetizzava, in una delle canzoni che lo avrebbero reso celebre, in maniera perfetta, il mondo che lo circondava e che ancora oggi ci circonda.
Il denaro comanda, è innegabile, indirizza decisioni e scelte secondo la sua logica, quella del profitto, in cui lo sport contemporaneo è completamente inserito, tennis compreso. La manifestazione sportiva è show business prima di tutto, la sua espansione dipende da quanto denaro è in grado di generare.
È in questo contesto che va inserita la decisione dell’ITF, trapelata nella giornata di giovedì, di modificare la formula della Coppa Davis. I cinque incontri di ogni tie si disputerebbero al meglio dei due set su tre, invece che tre su cinque; e i giorni di gara passerebbero da tre a due, si giocherebbe solo il sabato e la domenica.
Il fatto che la Coppa Davis abbia bisogno di qualcosa di nuovo per rilanciarsi non si può discutere: i giocatori più forti spesso latitano e di conseguenza anche il pubblico televisivo non è quasi mai quello delle grandi occasioni. Del resto se non gioca il campione, difficile che l’appassionato si segga davanti al televisore per per tre o quattro ore di partita.
Ma è questa l’idea giusta per rilanciare il mondiale per nazioni di tennis?
Quale miglioramento porterebbe la rinuncia ai cinque set e al venerdì di partite?
È lampante come quest’idea sia proprio dettata dall’esigenza di rendere il “prodotto” più veloce possibile. Maggiore è la possibilità di velocità di consumo, maggiore sarà la probabilità di raggiungere un mercato ampio, lasciando spazio in un breve arco di tempo anche ad un nuovo prodotto da consumare. Più libertà per i palinsesti televisivi dunque, non obbligati a restare per tre giorni con le telecamere accese su un evento dove spesso, come detto, mancano pure i campioni.
“Video killed the radio star” cantavano i The Buggles proprio nel 1980, quando la musica fu una delle prime vittime di questa logica del teleschermo e i grandi pezzi da oltre dieci minuti degli anni settanta dovettero lasciare il posto alle canzonette pop adatte al clip da duecentoquaranta secondi. Un buon jingle orecchiabile e via con la prossima.
Ora anche al tennis, in una delle sue manifestazioni più storiche, verrebbe chiesto lo stesso sacrificio.
Ad un’attenta analisi, però, l’idea sembra essere davvero debole. Non è certamente togliendo i cinque set che la manifestazione acquisterebbe di prestigio. Tutti gli addetti ai lavori sanno che le partite tre su cinque hanno un fascino ben maggiore, sono quasi un altro sport e nessun appassionato sarebbe disposto a rinunciare alle epiche battaglie che possono proporre solo i tornei dello slam e la Davis.
Che finale sarebbe stata Federer-Nadal a Melbourne al meglio dei tre set?
Se la risposta è la necessità dei giocatori più forti di non ingolfare ulteriormente il proprio calendario di gioco e dover risparmiare energie, allora forse è il caso che si cominci ad ascoltare proprio loro che, da tempo, chiedono di ridurre gli impegni.
I tennisti sono i primi amanti di questo sport, difficilmente troveranno più attraente giocare al meglio dei tre set. Se davvero li si vuol spingere a partecipare, allora forse è il caso che ATP e ITF trovino davvero un accordo sul calendario degli eventi e magari anche sui punti da assegnare in caso di partecipazione, che non possono essere le briciole che fino al 2015 erano concesse. Se si vuole dare un peso maggiore alla Coppa Davis, probabilmente è qui la strada da percorrere. L’ITF dovrebbe pretendere di poter dare più punti ai giocatori, esattamente come avviene per gli Slam che sono di sua competenza.
Di più, come nei major, la giornata di venerdì, se presenti i campioni, non sarebbe certo un problema dal punto di vista del pubblico televisivo: se gioca Federer il tempo per stare davanti al televisore si trova.
Snellire il calendario però significherebbe che l’ATP dovrebbe rinunciare agli introiti dei tornei minori che si svolgono nei dintorni dei weekend di Davis.
Lasciare comandare il dio denaro o l’essenza di questo sport, la sua storia e la sua tradizione?
Purtroppo la risposta appare scontata, viste le decisioni in corso d’opera. Difficile, però, credere che saranno queste le soluzioni che rilanceranno la vecchia insalatiera verso un nuovo prestigioso fascino.
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