Da numero 7 a numero a numero 128 della classifica WTA. Basterebbe questo dato ad immortalare perfettamente l’ultimo anno di Belinda Bencic, precoce talento svizzero a cui tutti predicevano un fulgido futuro. Classe 1997, a soli 18 anni si permetteva di battere giocatrici top ten, vincere tornei Premier (battendo anche Serena Williams) ed entrare nelle prime dieci giocatrici del mondo.
Dodici mesi dopo (e 20 anni appena compiuti) sembra passata una vita. E l’ultimo ko proprio ad Indian Wells contro Kiki Bertens ne è l’esempio lampante. Come se l’ingresso nella top le avesse creato uno shock per lei insostenibile sia dal punto di vista psicologico sia fisico. Da quel giorno infatti (era il 15 febbraio 2016) la svizzera non ha praticamente più vinto una partita: 16 sconfitte all’esordio su 23 tornei disputati.
Decisamente deludente per una predestinata come lei, che appena maggiorenne era già esplosa ad altissimi livelli grazie a risultati costanti, non exploit estemporanei. Insomma non sembrava un acuto isolato, una che aveva già aver intrapreso stabilmente la via del successo.
D’altronde il bruciare le tappe è sempre stato nel dna della Bencic. Ha preso in mano per la prima volta la racchetta a tre anni, e a quattro aveva già fatto colpo su Melanie Monitor (mamma di Martina Hingis), chiamata da papà Ivan Bencic a giudicare il suo piccolo fenomeno. E Belinda pareva proprio ricalcare le orme della Hingis in precocità, partecipando da subito a tornei per bimbi di 10 anni e vincendo i primi titoli a 6 anni. Anche la parentesi di sei mesi trascorsa in Florida, nell’accademia di Nick Bollettieri, ha lasciato il segno, nei successi contro ragazzine più grandi di lei e in Nick stesso. Rientrata in Svizzera, si è creata un suo team lavorando sempre con papà Ivan e la Molitor. I frutti del lavoro (e del talento) hanno pagato subito, perché nel 2012 ha conquistato il trofeo Bonfiglio, facendo poi doppietta ai tornei junior del Roland Garros e di Wimbledon nel 2013. Dalla stagione successiva è un crescendo rossiniano, fino all’apice del febbraio 2016.
Qualcosa però si è inceppato e la corsa di Belinda ha subìto una brusca frenata. Sicuramente i diversi infortuni hanno contribuito parecchio, in particolare quello alla schiena. Nonostante l’ingresso in top ten, “quello appena trascorso è stato l’anno più brutto della mia carriera” dichiarava la svizzera a fine 2016. “Voglio solo dimenticarlo e andare avanti, anche se mi ha insegnato molto su come gestire certe situazioni, quando tutto va storto e subisci un infortunio dopo l’altro. Prima è stata la schiena, poi il polso (che l’ha costretta a saltare le Olimpiadi, ndr). Come un circolo vizioso da cui non riuscivo ad uscire. Spero sia tutto finito”.
Ma è difficile cancellare tutto quanto con un colpo di spugna. Quando vieni da una brutta annata i fantasmi sono difficili da scacciare, e quando in un match qualcosa va storto, ecco che i brutti pensieri e le sensazioni negative riaffiorano, influenzando il tuo gioco. Il 2017 infatti è iniziato come peggio non si poteva per la Bencic, nonostante l’esperienza vissuta fianco a fianco con Roger Federer alla Hopman Cup.
Quattro ko al primo turno e uno al secondo in tutti i tornei finora disputati: Sydney (ritiro per un’unghia), Australian Open (qui è giustificata dallo sfortunato sorteggio, che l’ha opposta a Serena Williams), San Pietroburgo (il torneo che 12 mesi fa le aveva regalato la top ten), Acapulco e Indian Wells, dove ha vinto la prima partita dell’anno per poi cedere nettamente al secondo turno. Decisamente un incubo da cui sembra difficile risvegliarsi. Belinda dovrà dimostrare di saper reagire, scrollarsi di dosso le paure e tornare a fare quello che le riesce meglio: anticipare e disegnare il campo, senza pensare ad infortuni e all’ossessione di tornare a vincere. Succederà naturalmente.
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