Garbine Muguruza non è una ragazza tranquilla. Anzi, è una tipa tosta che in campo non le manda a dire ed è spesso incline a mostrarci tutte le sue emozioni, in particolare quelle negative. Non raggiunge la tamarraggine di Victoria Azarenka (in senso buono s’intende, Vika ci sta simpatica e ci manca terribilmente), i picchi di isterismo di Vera Zvonareva o l’apatia di Karolina Pliskova, capace di avere la stessa espressione sia che stia prendendo una stesa clamorosa sia che vinca una semifinale Slam. L’atteggiamento della spagnola in campo è piuttosto un mix di questi tre soggetti.
Non è forse un caso che il suo attuale allenatore, Sam Sumyk, abbia lavorato in passato proprio con Zvonareva e Azarenka. Evidentemente di “cavalli pazzi” se ne intende, sa come domarne le sfuriate caratteriali ed incanalare il talento verso la vittoria: ha portato la bielorussa sul tetto del mondo e alla conquista di due titoli dello Slam, prima ancora aveva condotto la russa al numero 2 del ranking e due volte in finale Slam (entrambe perse contro Serena Williams e Kim Clijsters, va bene che è bravo, ma per i miracoli non è si ancora attrezzato); infine, eccoci al trionfo del Roland Garros 2016 della 23enne di origini venezuelane (nel video qui sotto un vivace scambio di battute tra i due durante un coaching di un anno fa, giusto per dare l’idea).
Proprio da quest’ultimo successo si deve partire per analizzare gli ultimi mesi di Garbine. Quel titolo e quella finale a Parigi avevano forse spaventato la finalista Serena Williams, che al posto della solita, inerme comparsa, spettatrice dei suoi inevitabili successi, si era trovata dall’altra parte della rete una giocatrice convinta dei propri mezzi e di poter battere la numero 1 del mondo. A 23 anni ancora da compiere, la Muguruza aveva tenuto testa alla più titolata avversaria vincendo con piglio deciso, senza paura. Insomma, non sembrava (alla Williams a noi) il trionfo di una meteora, di una Iva Majoli qualsiasi, ma di una giovane con un radioso futuro davanti.
Invece a prendersi paura è stata forse la Muguruza stessa, che da quel giorno non ha più affrontato i tornei con la stessa determinazione. Spaesata per l’essere passata in un attimo da quella “che non ha niente da perdere” alla campionessa “che tutte vogliono battere”. Un po’ quello che successe ad Ana Ivanovic, impreparata a gestire tutta la pressione che un titolo dello Slam ti carica sulle spalle.
Dal dopo Roland Garros fino a fine stagione l’iberica ha collezionato 11 sconfitte (di cui due al primo turno e due nei primi due match di girone alle WTA Finals) e 13 vittorie.
Il trend è leggermente migliorato in questo avvio di stagione, che l’ha vista fare semifinale a Brisbane (ritiro) e venire demolita ai quarti degli Australian Open da una Coco Vandeweghe in stato di grazia. Peccato però che gli allenamenti, il gioco e quindi i risultati dei primi due mesi del suo 2017 siano stati pesantemente influenzati da un problema alla gamba sinistra (si pensava al tendine d’Achille), causa appunto del ritiro in semi a Brisbane e di quello al torneo in corso di Dubai.
Il problema dopo la parentesi australiana sembrava risolto, ma ha nuovamente fatto capolino in quel di Doha. “Il secondo match è stato molto duro, non appena sono rientrata in camera ho iniziato a sentire dolore e la mattina dopo era ancora peggio. Personalmente, non credo sia niente di grave, ma mi disturba ogni volta che devo correre. Anche in Australia avevo male e questa cosa mi sta stancando” ha raccontato dopo il ritiro al primo turno di Dubai contro Kateryna Bondarenko.
Garbine è dunque tornata in Spagna per sottoporsi ad una risonanza magnetica e capire l’entità dell’infortunio e gli esiti sono stati più positivi del previsto: è stato infatti escluso qualsiasi interessamento del tendine d’Achille, ed evidenziata solo una leggera infiammazione alla caviglia, guaribile con quattro giorni di riposo e fisioterapia.
Non dovrebbe dunque essere in dubbio l’imminente accoppiata Indian Wells-Miami (in programma tra un paio di settimane).
Inutile dire che il suo forfait sarebbe stato un ulteriore colpo al già decimato gruppetto di “big” della WTA (leggasi Sharapova, Kvitova, Azarenka). Certo, la forma per Garbine è ancora tutta da ritrovare, ma ha tempo tutto il tempo per ingranare ed essere al meglio quando la stagione sarà “calda” e ci sarà, appunto, il trono di Parigi da difendere.
Già, Parigi. Ce la farà la spagnola a ritrovarsi ed evitare uscite premature da campionessa (a sorpresa) in carica? Certo non è la prima volta che vediamo una giocatrice arrivare al top in una stagione e poi perdersi senza più ritrovarsi nel corso della carriera. Speriamo di non trovarci di fronte ad un caso simile. Perché il tennis femminile ha un disperato bisogno di personalità carismatiche e vincenti. E ultimamente una cosa sembra escludere sempre l’altra (ogni riferimento a Bouchard è puramente voluto).
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