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04 Feb 2017 10:35 - Extra
Djokovic, Murray e quello strano metodo da consigliare
Se avessero potuto, i due tennisti si sarebbero espressi così dopo le rispettive sconfitte.
di Matteo De Laurentis
Qualche tempo fa, ascoltando la radio, venni a conoscenza di un libercolo scritto e pubblicato da alcune ragazze di Roma, nome dell’autrice principale Carla Ferguson Barebrini.
Per capire, in sintesi, di cosa si stia parlando basta citare la presentazione del testo: “Con il metodo sticazzi leggi un giornale intero in tre minuti. Neutralizzi i venditori porta a porta e i volontari di associazioni benefiche. Lavori di meno e guadagni di più. Diventi invincibile. In poco tempo non si tratterà più di quello che puoi fare con il metodo sticazzi, ma quello che il metodo può fare per te! Diventa uno sticazzista assoluto e raggiungi l’imperturbabilità zen”.
Parole a prova di bomba. Come recitava una vecchia pubblicità “contro il logorio della vita moderna”.
Ancora una perla.
“La morale? Individua le poche persone o cose a cui tieni veramente. E tutto il resto è sticazzi”.
Insomma, il primo, l’unico e il solo metodo. Ma ricordatevi di scegliere solo l’originale!
Il capo vi urla nelle orecchie? L’auto che vi precede vi suona nell’immediato secondo in cui scatta il verde? Vostra suocera spilucca con la forchetta sospettosa nel vostro eccezionale risotto neanche fosse un timballo di formiche? Davanti a voi avete dieci chilometri di fila in autostrada e un appuntamento tra cinque minuti? Il vicino vi insulta perché l’acqua delle vostre piante ha bagnato la sua preziosa tenda da sole?
“Ma sticazzi” allora…! Esclamare “sticazzi” insomma non vuol dire che non ci siano cose importanti nella vita, ma che le cose cui vale davvero la pena di pensare sono pochissime. Il resto “sticazzi” insomma. Ma è anche un modo per non montarsi la testa. Esempio, una frase mooolto comune: “Oh, me so’ fatto ‘a macchina nuova” risposta: “sti cazzi” che detto in altro modo è “si, ma al popolo che glié frega? Ma soprattutto… a me che me cambia?”.
Giustamente ci si chiederà cosa abbia a che fare tutto questo con Djokovic e Murray. Molto semplice. Se prendete un qualunque sito di tennis in questi giorni e andate a leggere i commenti alle rispettive sconfitte dei due campioni all’Australian Open, vedrete che gli spettatori abbozzano le teorie più assurde per motivare o giustificare l’evento e, ancor più, si sprecano elucubrazioni varie e variegate sulla presunta fine tennistica del serbo e la modestia da numero uno dello scozzese. Ora, non che la loro uscita precoce dagli Australian Open non sia sorprendente, ma se si riflette un attimo, dovrebbero balzare agli occhi alcune considerazioni importanti. Il serbo, in primo luogo, arriva da due anni e mezzo di dominio assoluto del circuito, periodo in cui li ha messi tutti in fila più e più volte, tanto da raggiungere la fama di “robonole”. Ha vinto quattro slam consecutivamente, per poi mollare nei mesi successivi, vincendo comunque un master 1000 e arrivando in finale (agevolato dai ritiri, d’accordo) agli Us Open e alle Finals.
Murray, da par sua, nei due anni di dominio di Djokovic è sempre rimasto lì, vincendo qualche mille, facendo spesso finale contro di lui e negli ultimi mesi del 2016 ha messo il turbo portando a casa Wimbledon, olimpiadi, Finals e una serie di altri tornei, compresi tutti i mille autunnali. È diventato numero uno del mondo. Entrambi sono alla soglia dei trent’anni, giocano ad altissimi livelli da quasi dieci, hanno vinto tantissimo, Djokovic ancora di più, sono ricchi sfondati. Quindi? Quindi “sticazzi” appunto, nel senso che potranno avere il diritto di perdere per un attimo, per un periodo, la totale concentrazione sul tennis, avvertire un semplice momento di scarsa vena? Il tennis è uno sport durissimo, logorante sulla concentrazione, massacrante dal punto di vista fisico. Se forse potrebbe essere più naturale la situazione, anche Murray, super favorito degli Australian Open, non è comunque da meno. Lo sprint fatto da giugno in poi per diventare numero uno e la pausa invernale brevissima, l’obiettivo che sembrava inarrivabile raggiunto, giustificano ampiamente un momento di sovraccarico mentale.
In fondo gli stessi due giocatori, in conferenza stampa dopo le sconfitte, hanno sottolineato molto pacatamente come Istomin e Zverev siano stati più bravi quel giorno. Probabilmente, se avessero potuto, avrebbero detto così: “Istomin e Zverev? Sticazzi”
Tifosi e appassionati di tutto il mondo, in questo slam hanno perso Djokovic e Murray, semplicemente “sticazzi”.